la Repubblica, 21 marzo 2020
Come sono cambiati i consumi in un mese di virus
È passato un mese ma, numeri alla mano, sembra un secolo. Il 21 febbraio il nostro Paese ha registrato il primo paziente positivo al coronavirus a Codogno. Oggi, 29 giorni dopo, l’Italia ha cambiato volto ed è rimasta quasi tagliata fuori dal mondo: bar, ristoranti e negozi sono chiusi, treni, auto e industria viaggiano a scartamento ridotto, quasi tutte le compagnie aeree non arrivano più da noi e l’ultima rotta intercontinentale rimasta – a parte le sette di Alitalia – è quella con Addis Abeba della Ethiopian Airlines. Sessanta milioni di italiani – costretti a rimanere chiusi (o quasi) in casa stanno riscrivendo bioritmi e abitudini. Dimenticando abbracci e strette di mano e collegandosi al mondo esterno – ufficio, parenti e amici – via telefono e pc, come dimostra il balzo del 90% del traffico sulla rete fissa e del 30% su quella mobile.
La fotografia più fedele di quest’Italia bloccata è quella dei trasporti: i 200 Frecciarossa che a metà febbraio facevano la spola tra nord e sud del Paese si sono ridotti a 14. I cieli sopra Linate e Malpensa sono un deserto dove mercoledì scorso sono decollati in tutto 16 aerei contro i 700 di una giornata normale. Il traffico a Fiumicino è in calo dell’80%. Onda verde e Isoradio sono ormai quasi un lusso, visto che il traffico sulle autostrade è calato nella settimana al 15 marzo del 56%, con un -35% di veicoli pesanti e un -70% di auto private. E sul fronte del trasporto locale il bollettino è ancora peggiore: sui mezzi pubblici di Milano, per dare un’idea, i passeggeri sono crollati del 70%. L’impossibilità di muoversi e l’isolamento internazionale hanno riportato il turismo italiano all’anno zero: da Venezia a Taormina, da Roma a Milano, il 95% degli alberghi ha chiuso dopo uno tsunami di disdette. E la stagione 2020, a meno di clamorosi miracoli, è quasi da buttare via.
L’effetto collaterale più evidente dello stop a parte dell’industria è la frenata del 10% dei consumi elettrici mentre la serrata di cinema, teatri e ristoranti ha rilanciato alla grande la televisione: il 13% di share registrato giovedì sera alle 21 dal rosario trasmesso su Tv2000 – segno dei tempi e della sospensione delle funzioni religiose – non è un’eccezione. Gli spettatori delle reti generaliste sono aumentati del 30% rispetto al normale settimana scorsa, dice Federico di Chio, direttore marketing di Mediaset, e in questi giorni va ancora meglio. Mentre gli streaming su pc e telefonino sono saliti del 75% nell’ultimo week-end.
I vincitori però, nell’era del coronavirus, sono pochi. Il conto dell’emergenza per l’Italia Spa, anzi, rischia di essere molto salato. Anche in economia e finanza nell’ultimo mese il mondo si è capovolto: la Borsa ha perso dal 21 febbraio il 37%, bruciando 215 miliardi. Lo spread – il termometro dello stato di salute delle casse dello Stato – è volato da 135 punti a 200, dopo aver superato i 300 prima dell’arrivo della Bce. Fare previsioni sul futuro del Pil, fino a quando non si avrà un’idea precisa della durata della crisi, è materia più da astrologi che da economisti. Tanto che le stime sono le più svariate: il Fondo monetario ufficiale ha rivisto ieri la crescita dell’Italia dal + 0,5% di inizio anno al – 0,6% calcolato. Ref-Ricerche pensa che il primo semestre si chiuderà con un drammatico – 8%. Goldman Sachs – più clemente – vede per tutto il 2020 un brutto – 3,4%.
Comunque la si giri, la certezza è una: sarà recessione. Unica consolazione: la gelata dell’industria – aiutata da qualche giorno di maestrale ha ripulito i cieli sopra la Pianura Padana. L’Italia nell’era a.c. (ante coronavirus) – vista dai satelliti – brillava per la fitta coltre di smog che copriva tutto, dal Monviso fino ai piedi del Carso. Oggi i tassi di inquinamento del Nord sono a livelli da boschi neozelandesi: il tasso delle polveri sottili Pm10 negli ultimi giorni a Milano è rimasto sempre sotto la soglia d’allarme di 50 mg. a metro cubo.
Qualche buona notizia arriva pure dal fronte della spazzatura: malgrado si mangi più spesso a casa, la raccolta domiciliare a Milano, città da tempo nell’occhio del ciclone, è calata nell’ultima settimana del 15% rispetto alla media 2019. Segno che forse, in questa drammatica emergenza, si sta imparando almeno a sprecare e consumare un po’ meno.