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 2020  marzo 20 Venerdì calendario

Biografia di Matteo Cambi raccontata da lui stesso

Una margherita con i petali bianchi, il nettare giallo e un tratto nero a definire i contorni, fintamente incerti come quelli di un disegno infantile. È stato questo il segno del successo per Matteo Cambi, classe 1977, che a fine Anni ’90 ha ideato Guru, marchio divenuto subito cult. Sono passati oltre vent’anni da allora, tra grande notorietà, fatturati imponenti, vita da star, ma anche droga e carcere. Oggi l’imprenditore è pronto a rimettersi alla prova con il brand Valvola per conquistare le nuove generazioni e non solo.
Ricostruiamo la storia dall’inizio: come è nato Guru?
«Dopo il diploma, qualche anno alle prese con l’azienda di famiglia, maglificio storico, due soggiorni all’estero, al ritorno dal secondo viaggio a New York decisi che era arrivato il momento di proporre un mio marchio di t-shirt e felpe. Era il 1999. Così è nata Guru. Tra 2000 e 2001 il marchio è esploso, triplicando vendita di capi e fatturati, fino ad arrivare a 100 milioni di euro».
E la margherita?
«È nata dopo circa un anno e mezzo dal lancio del brand, per scherzo. In una serata in cui non venivano più in mente grafiche, un ragazzo che lavorava per noi ci ha mostrato un bozzetto, la margherita, e così».
Come è riuscito a far diventare Guru un fenomeno?
«Portavo con me capi del marchio in tutti i luoghi che frequentavo, regalavo le maglie a personaggi noti del momento, volti dello sport e della tv, Erano riferimenti per i ragazzi. Cercavo di cavalcare la situazione. La foto di Bobo Vieri con Elisabetta Canalis, con la mia maglia, pubblicata sui giornali faceva effetto. Per me era un’operazione pubblicitaria geniale. Funzionava benissimo. Sono arrivato a quasi quattro milioni di capi venduti all’anno. Guru era diventato total look. Il brand veniva distribuito in 17 Paesi nel mondo. A inizio 2005 c’è stata l’apertura dei monomarca».
Come gestiva ala situazione?
«Era molto difficile, anche in termini psicologici. Per certi versi, è stato un periodo fantastico, incredibile, però mi ha consumato molto, accadeva tutto velocemente, sono stato catapultato in una vita parallela. Avevo 25/26 anni, volevo vivere tutto ai massimi».
Qui è iniziata la caduta?
«A fine 2006 iniziava la crisi, che sarebbe esplosa nel 2008. Le vendite per un po’ sono rallentate. Il fatturato cominciava ad avere lievi inflessioni. L’azienda ha cominciato a indebitarsi e lo ha fatto in modo sempre più importante. Siamo arrivati al punto di non ritorno. Quando abbiamo preso coscienza della situazione, abbiamo risarcito tutti. Abbiamo perso ogni cosa ma volevamo sistemare la situazione. Era tardi. C’è stata la condanna per bancarotta fraudolenta: con il patteggiamento, 4 anni».
Era abituato a una vita nel lusso, come ha vissuto il carcere?
«È stato molto duro. In quel periodo avevo una dipendenza da cocaina, iniziata nel 2004. Quelli sono momenti difficili per tutti, ma viverli in una condizione di non totale lucidità, è stato davvero molto complesso. Dopo tre mesi ho ottenuto gli arresti domiciliari in comunità».
Alla droga come era arrivato?
«Ho iniziato quasi per scherzo e ci sono stato trascinato dentro, senza rendermene conto. Ricordo il primo tiro a una festa, era anche questione di status. Poi, la cocaina è diventata un appiglio. Assumerla era la prima cosa al mattino e l’ultima la sera. Ho impiegato mesi per disintossicarmi. Nel 2010 ho avuto una piccola ricaduta ma sono riuscito a rialzarmi. Quando per Guru, ormai di altra proprietà, sono stato chiamato come consigliere, è stata una rivincita personale. Nel tempo, ho fatto consulenze per vari brand. Il sogno era sempre tornare a fare qualcosa di mio».
Così è arrivata Valvola?
«Tutto è nato dal rapporto con alcuni imprenditori amici. Il concept è abbandonare l’idea classica di collezione per sviluppare prodotti che servono ai giovani oggi. In tal senso, è fondamentale il supporto di Moro e Pigatti, che già lavoravano con me per Guru. L’intento è rispondere a esigenze quotidiane, magari con cuffie per la musica o borracce. La t-shirt non è solo un capo da indossare ma deve essere identificativa di un mood. La prima collezione è una sorta di kit di sopravvivenza per la vita urbana dei ragazzi».
E dopo questa capsule?
«Entro giugno, se la situazione lo consentirà, presenteremo la main collection primavera/estate e la collezione per il prossimo inverno, sempre con t-shirt, felpe e oggetti».
Ieri Guru, oggi Valvola: cosa è cambiato?
«Il momento è molto diverso. Sono convinto però che le possibilità ci siano anche oggi. Sono concrete ma un po’ più lontane».