Corriere della Sera, 18 marzo 2020
Le città che salvano tutti i pedoni
Il paradiso dei pedoni e dei ciclisti esiste: è Oslo. Nella capitale norvegese, lo scorso anno, nessuno dei 674 mila abitanti è stato travolto e ucciso. Un record ottenuto grazie a una lunga marcia in favore della sicurezza stradale. È iniziata 45 anni fa quando le vittime di incidenti, in tutto, erano 41. Nel 2019, invece, è stato uno: un automobilista che è uscito di strada e ha sbattuto contro una recinzione metallica.
Anno dopo anno, le varie amministrazioni comunali hanno emanato provvedimenti che sono andati dalla riduzione dei limiti di velocità a quella degli accessi in centro sino all’aumento dei pedaggi d’ingresso, all’eliminazione di oltre mille parcheggi in strada e all’aumento progressivo delle aree pedonali in tutti i quartieri. L’ultima «tappa» è arrivata l’anno scorso: nel centro (1,5 chilometri quadrati) possono ora circolare solo le auto dei disabili, delle forze dell’ordine, le ambulanze e, per due ore al mattino, i mezzi per le consegne a domicilio. Divieti scattati dopo aver realizzato piste ciclabili, sempre più estese e sicure, oltre a nuove linee di metro e tram che oggi costano meno per incentivare i cittadini a usare i mezzi pubblici.
Non è stato tutto rose e fiori. Anche in quella che è stata consacrata dalla Commissione Ue come la Capitale verde del 2019, il piano di eliminazione dei parcheggi ha incontrato la protesta dei commercianti del centro che paventavano una desertificazione. Invece, non è andata così: per il Comune, nello scorso autunno, c’è stata una crescita del 10 per cento dei pedoni. «Decenni fa era normale fumare nei locali – ha spiegato Hanna Elise Marcussen, vicesindaco di Oslo – ma oggi non lo è più. Presto ci sembrerà assurdo entrare in auto in città».
Un altro paradiso per pedoni è Helsinki: anche qui zero morti nel 2019. È la prima volta dal 1960, ovvero da quando la Finlandia ha iniziato a registrare le vittime degli incidenti stradali. In città il calo è costante dagli anni Novanta quando le vittime erano una trentina ogni 12 mesi. Nel 2019 ne sono state registrate tre: due motociclisti e un automobilista. Il merito anche qui è dei provvedimenti simili a quelli di Oslo: riduzione costante del limite di velocità (30 km/h nelle aree residenziali e 40 km/h in centro), strade ridisegnate per i pedoni, più piste ciclabili e controlli sul traffico veicolare.
I benefici sono tanti. «Se le strade sono sicure, le persone escono di casa a piedi o in bici – ha detto Anni Sinnemäki, vicesindaco di Helsinki— e questo riduce sia le emissioni sia il rumore, con un grande miglioramento della qualità della vita e della salute».
Nel 2018, per la Commissione europea sono morte in tutto 25.100 persone (-160 del 2017) sulle strade del nostro Continente. Il 21 per cento erano pedoni, il 17 motociclisti e ciclomotoristi, l’8 ciclisti. Se però si considerano solo gli incidenti in città, la quota di vittime e feriti gravi fra pedoni, ciclisti e motociclisti schizza al 70 per cento.
La Commissione, per avere fra i Paesi un metro di paragone attendibile sugli incidenti, considera il numero di vittime per milione di abitanti. Quello con il tasso più alto è la Romania (96 contro una media Ue di 49). L’Italia è a quota 55 mentre i Paesi più virtuosi sono: Regno Unito (28), Danimarca (30), Irlanda e Olanda (31), Svezia (32).
Le buone pratiche di sicurezza stradale del Nord Europa si vorrebbero applicare anche in Italia dove, nel 2018, sono morti 609 pedoni (62 solo a Roma) e 219 ciclisti.
«Permetterebbero non solo di aumentare la sicurezza degli utenti deboli della strada – dice Luigi Altamura, referente Anci per le polizie locali e comandante della Municipale di Verona – ma anche di riqualificare gli spazi urbani e di ripensare la mobilità sostenibile. Questa è una vera alternativa all’auto e così le città sarebbero più vivibili».