Il Messaggero, 18 marzo 2020
Gli autisti dell’Atac si danno malati
Puntuale come di rado capita ai mezzi pubblici di Roma, ecco la strana epidemia che colpisce gli autisti dei bus. Stavolta i numeri più clamorosi si registrano sulle linee periferiche, che l’Atac fa gestire in subappalto alla società Roma Tpl: +470% di malati. Tutti negli ultimi giorni, da quando è salito il livello dell’allerta Coronavirus. Un danno per chi in questo periodo deve comunque recarsi al lavoro. Si tratta infatti di linee fondamentali, che collegano i quartieri meno centrali con il cuore della Capitale. Nonostante la riduzione delle corse decisa sulla scia dei decreti legati al Covid-19, mancano i conducenti. Tanto che i vertici dell’azienda stanno avendo più di una difficoltà ad assicurare il numero minimo di frequenze. «Di media – raccontano i vertici della Roma Tpl – abbiamo 40-50 autisti malati al giorno. Ieri eravamo a 230 conducenti in malattia. E no, il Coronavirus non c’entra, a quanto sappiamo...». Alla Roma Tpl c’è solo un caso sospetto, già in quarantena perché un parente è risultato positivo all’infezione. Tutti gli altri no. Record di influenza stagionale? La verità, come rimarcano nel consorzio che gestisce il 20% di tutte le linee bus della Capitale, «è che in questi giorni basta chiamare il medico di base per avere un certificato. E il dottore, ormai senza nemmeno venire a fare una visita, ti mette in malattia di default».
AL DEPOSITO
Così saltano anche le poche corse che dovrebbero essere garantite in questi tempi d’isolamento e spostamenti contingentati alle necessità non procrastinabili. Non succede solo alla Tpl. Anche all’Atac le acque sono agitate, da quando si è saputo di un autista positivo al Coronavirus. Lavora al deposito di Grottarossa, la più grande rimessa di superficie, da dove parte la maggior parte dei bus a gasolio e dei filobus. In genere gli autisti assenti, in quel deposito, sono all’incirca 120, ieri erano oltre 200. Anche se non si registrano altri casi di Covid. Racconta un collega del conducente: «Vorrei lavorare ma mia moglie stamattina mi ha detto: non uscire di casa, è rischioso. Così ho chiamato il medico e mi sono messo malato». Altri conducenti ancora, nell’ultima settimana, hanno deciso di scartare il mezzo assegnato perché troppo sporco, anche se la malandata flotta dei bus, che Atac sta faticosamente rinnovando, non è tradizionalmente proprio linda e immacolata. Ma adesso si può dire: «Il veicolo non è sanificato» e torna indietro. Risultato: chi è alla fermata aspetta ancora.
I NUMERI
Dalla settimana scorsa, dopo i decreti di Conte, il servizio pubblico è stato rimodulato: dai bus alle metro, tutto si ferma alle 21. Per i bus, anziché 1.450/1500 veicoli, Atac dovrebbe mettere in strada 1.060 navette al giorno. Ieri pomeriggio però ne circolavano 830. Di media, tra Atac e Roma Tpl, salta una corsa su 7 rispetto alla programmazione, già minimal, di questa fase.
I tempi d’attesa? Sulla linea 048, che trasporta chi abita o lavora sull’Ardeatina, si attendeva alle paline addirittura un’ora e 4 minuti tra una corsa e l’altra. Dati ufficiali, rintracciabili sul portale MuoversiaRoma.it. Alla fermata dello 042, al Villaggio Prenestino, bisognava aspettare 50 minuti per salire su un bus. Sullo 049, in zona Trigoria, addirittura un’ora e un quarto. Quasi 50 minuti hanno dovuto aspettare i pendolari dello 023 e dello 028, tra l’Aurelio e Boccea, solo per fare qualche altro esempio.
Gli autisti lamentano che mascherine e guanti non bastano per tutti, come avviene ovunque in realtà, perfino in ospedale. «Ora sto aspettando la Asl per fare un tampone», ha scritto nelle chat degli addetti Atac uno dei colleghi che ha avuto contatti con l’autista contagiato. La Faisa Confail ha chiesto la quarantena preventiva per chiunque l’abbia incontrato. C’è chi è veramente preoccupato e chi sembra sfruttare l’onda per restare a casa, anche se il trasporto pubblico, come ha detto il governo, va garantito. In attesa delle mosse del Comune, l’opposizione attacca. «Giusto tutelare chi lavora – diceva ieri Chiara Colosimo di FdI – ma allo stesso tempo i servizi pubblici essenziali non possono fermarsi».