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 2020  marzo 18 Mercoledì calendario

Una città di 50 milioni di abitanti

Inostri vecchi ci hanno raccontato che in tempi di guerra le città patiscono di più, le campagne si difendono meglio. Dipende dal fatto che la campagna ha un tasso di autosostentamento (alimentare ed energetico: l’orto, le galline, le erbe selvatiche, la legna da ardere) molto più alto rispetto alle città. Quanto a socialità, cultura, stimoli professionali, qualità e quantità delle merci, la città stravince. Ma quando si torna, per qualche costrizione o qualche collasso di sistema, al livello basico della vita, la campagna ha la sua evidente rivincita. Ci pensavo ieri piantando patate sotto un bel sole marzolino, sentendomi vagamente in colpa per essere così privilegiato. Un amico cosmopolita, mesi fa, mi aveva spiegato che il futuro del mondo è nelle megalopoli di cinquanta milioni di abitanti: molto più razionali, se ben progettate e gestite, dal punto di vista energetico e logistico. Più convenienti, insomma. Senza tirare in ballo (sarebbe sleale, in questo momento) l’esposizione al contagio di concentrazioni umane così enormi, mi domando però quanto fragile sarebbe una così smisurata tribù, dipendente in tutto e per tutto da un sistema alimentare e distributivo del tutto esterno. A meno di immaginare che ognuno, o comunque molti, abbiano l’orto sul balcone, e pale eoliche sul tetto, per rimediare almeno in parte alla dipendenza da mega-sistemi il cui controllo sfugge. Se il cittadino del futuro non avrà la facoltà di piantare patate avrà perduto non solo una gioia, ma anche una bella fetta di libertà e di autotutela. Un pianeta di consumatori non è forte, né libero, quanto un pianeta di produttori.