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 2020  marzo 17 Martedì calendario

L’emergenza che ricorda quella notte di 19 anni fa

«Sono passati diciannove anni da quella notte. Te lo ricordi?». Di fronte alle comunicazioni quotidiane del governo Conte sulla guerra al Coronavirus, alcuni dei componenti del governo Berlusconi in carica nel 2001 – alcuni, non tutti, la maggioranza di essi è rimasta all’oscuro – stanno rivivendo i traumi della clamorosa storia che andò in scena tra Palazzo Chigi, l’Ospedale Spallanzani e l’aeroporto di Ciampino ben diciannove anni fa. Una storia rimasta nascosta, coperta e secretata ai massimi livelli fino a oggi. Se fosse un film si chiamerebbe «2001, attacco batteriologico all’Italia». Ma per quanto assomigli tantissimo a un film, nulla di tutto questo è stato un film.
Anche se gli ingredienti della spy story (avvertenza, a lieto fine) ci sono tutti, con tanto di personaggi che però non sono di fantasia. Ma veri, in carne e ossa. Due i protagonisti. Gianni Letta, all’epoca sottosegretario alla presidenza del Consiglio, che si precipita nottetempo all’Ospedale Spallanzani per organizzare tamponi, terapie intensive e posti letto in vista di un attacco terroristico all’Italia. E Giulio Tremonti, ministro dell’Economia, che compra dalla Svezia e dalla Svizzera una partita di oltre duecento milioni di euro di vaccini anti-vaiolo. Sullo sfondo, le massime cariche dello Stato che trattengono il fiato e organizzano la difesa di emergenza da un attacco terroristico al limite del fantascientifico. La storia, ricostruita dal Corriere accedendo alla testimonianza di fonti qualificate e testimonianze dirette, ha un preambolo noto a tutti. L’11 settembre 2001, l’attacco alle Torri Gemelle con Al Quaeda che tenta di mettere sotto scacco le democrazie occidentali. All’interno dei Paesi del G7, organismo nel quale l’Italia gestiva i dossier relativi a «terrorismo e flussi finanziari», si moltiplicano i segnali di allarme. Le minacce captate dai servizi segreti sono praticamente all’ordine del giorno, in quell’autunno 2001. Si esce dalla routine quando, qualche settimana dopo l’attacco alle Torri Gemelle, si materializza una minaccia concreta di attacco terroristico all’Italia. «Un attacco con il virus del vaiolo diffuso attraverso le condutture dell’acqua», ricostruiscono le fonti. La soffiata viene considerata degna di attenzione. Scatta un protocollo di difesa che, probabilmente, aveva pochissimi precedenti nella guerra al terrorismo e forse nessun precedente nella storia della Repubblica. E due protagonisti che si muovono nell’ombra sapendo che il loro tempo a disposizione è poco, pochissimo.
Giulio Tremonti e Gianni Letta si dividono i compiti. Il primo riesce nell’impresa disperata di garantirsi – non senza fatica – due incredibili «partite» di vaccino contro il vaiolo, acquistate una in Svezia e l’altra in Svizzera. Il secondo esce da Palazzo Chigi e, nottetempo, si materializza in prima persona all’ospedale Spallanzani per organizzare la resistenza sanitaria nel caso qualcosa non vada per il verso giusto. Il tutto senza cedere a isterismi, tenendo presente che una fuga di notizie è in grado di paralizzare il Paese. Nell’arco di qualche ora, la resistenza del governo italiano al probabile attacco è organizzata. Due Hercules decollano dall’aeroporto di Ciampino per ritornare in patria con il carico di vaccini. Lo Spallanzani, intanto, è stato organizzato come se fosse un ospedale di guerra. I servizi di sicurezza avrebbero fatto il resto per «fermare» i terroristi. Ma quella partita di vaccini anti-vaiolo ancora nella disponibilità dello Stato italiano, oltre alla prontezza di riflessi di chi ancora oggi ricorda l’episodio, è ancora considerata un segnale di efficienza italiana nella sfida a un nemico invisibile. Anche se i protagonisti che oggi ricostruiscono quelle ore terribili si scambiano commenti partendo da una frase che sembra una frase di circostanza: «Sono passati diciannove anni da quella notte. Te la ricordi?».