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 2020  marzo 17 Martedì calendario

Varoufakis lancia Euroleaks

C’è un nemico in giro per l’Europa. No, non è solo il coronavirus. In tempi in cui il dibattito è monopolizzato da quarantene e contagi un personaggio abituato ad andare controcorrente, Yanis Varoufakis, accende i fari sul pericolo della trasparenza che non c’è. In Europa in particolare. Quell’Unione che fatica sempre a decidere in modo rapido e concorde, come si è visto anche sul Covid-19. Varoufakis, oggi deputato greco e leader del movimento paneuropeo Diem25, nel 2015 è stato protagonista di 13 incontri dell’Eurogruppo, da ministro delle Finanze al culmine di una delle crisi più gravi vissute da un Paese europeo. Una crisi sfociata nella vittoria, nel referendum del 5 luglio 2015, del no al piano di austerità voluto dalla Troika e nel licenziamento di fatto di Varoufakis per far ripartire le trattative. A 5 anni di distanza l’economista ellenico ha lanciato l’operazione Euroleaks, rendendo pubblici ad Atene (sono anche sul web) le registrazioni da lui fatte in quei 13 incontri perché ancora oggi, dice, «sono riunioni senza verbali e questo tipo di condotta senza trasparenza da parte di un gruppo di personaggi, a volte anche non eletti, che influenzano la vita di milioni di persone è inaccettabile». Una richiesta di “luce”, insomma, in questi tempi bui per il virus, più che una serie di rivelazioni clamorose, d’altronde mitigate dal linguaggio felpato di questi consessi internazionali. «La comunità europea è ancora intrappolata in massicci piani d’austerità decisi in riunioni simili, che in molti Paesi hanno portato a una rinascita del populismo di destra. Con tutte le conseguenze che si possono vedere al confine grecoturco: disumanità e xenofobia», osserva Varoufakis. A quei vertici prendeva parte un personaggio oggi tornato nel mirino come Christine Lagarde, presidente Bce, che ha fatto irritare persino il presidente Mattarella dopo la frase-gaffe sugli spread che ha affondato tutte le Borse. All’epoca Lagarde era direttore del Fondo monetario e “giocava di sponda” con Jeroen Dijsselbloem, olandese a capo dell’Eurogruppo (altro autore in passato di gaffe anti-Italia), e di Mario Draghi, suo predecessore a Francoforte. E così al teso Eurogruppo del 25 giugno 2015, a Bruxelles, davanti a un Varoufakis rivolto a far notare a esempio alle controparti che il taglio delle pensioni da loro chiesto «non credo sia una riforma, è un semplice taglio», Lagarde fa capire che si è davanti a un mero prendere o lasciare: «Ho scoperto che c’è qualche passo avanti, ma molti passi indietro… quindi, dove andiamo?», argomenta a un certo punto. Mentre Draghi cerca di assumere una posizione più defilata: «È per questo che ero riluttante a parlare – si sente dirgli, perché la mia sensazione è che qui non ci sia la volontà di un accordo. I mercati diranno lo loro, domani. E poi non so, vedremo, grazie». Anni dopo, inevitabilmente Varoufakis ripensa ancora a quei giorni e riconosce: «Non dico che la mia ricetta fosse giusta, nessuno ha il monopolio della verità. Ma per lo meno le mie proposte potevano essere più discusse». Come all’Eurogruppo del 22 giugno, quando lui propose «tagli immediati alla difesa di 200 milioni e una tassa del 30% sui giochi, settore non regolamentato». Idee non accolte, a favore di più ’facili’ tagli che segnavano la vita dei greci. Dai verbali emerge anche una certa sintonia, al di là delle posizioni, con un altro italiano, l’allora ministro del Tesoro Pier Carlo Padoan: «Tu non sei d’accordo con me, ma la tua osservazione è importante», gli riconosceva il 25 giugno 2015.