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 2020  marzo 17 Martedì calendario

Le ossessioni e i disturbi a tavola

«Sono circa 3 milioni gli italiani colpiti da disturbi del comportamento alimentare: patologie che feriscono corpo e mente, malattie severe, di cui si muore, ma da cui si può guarire. Fondamentale è un’assistenza tempestiva. Per questo è importante parlarne».
E’ il messaggio che, il 15 marzo scorso, in occasione della Giornata nazionale del Fiocchetto Lilla per contrastare i disturbi del comportamento alimentare, ha lanciato Laura Dalla Ragione, referente del numero verde nazionale «SOS Disturbi Alimentari» 800.180.969.
Anoressia nervosa. È una malattia che prosciuga la vita. L’anoressia comporta una preoccupante perdita di peso ed è caratterizzata dall’ossessione per il cibo e una percezione distorta del corpo. «L’eccessiva magrezza è l’effetto di una progressiva restrizione alimentare fino al completo rifiuto del cibo», spiega la psichiatra che dirige la Rete Dca Usl 1 dell’Umbria.
Bulimia nervosa. «Tra i disturbi alimentari è quello prevalente. Come l’anoressia, anche la bulimia è caratterizzata dall’ossessione per cibo e corpo, ma chi ne soffre tende ad abbuffarsi per poi usare metodi di compenso». Vomito indotto, lassativi, diuretici, iperattività fisica. «E, così, nonostante le grandi abbuffate, le persone possono essere magrissime perché finiscono col non acquisire alcun introito calorico».
Binge eating disorder. Aumenta invece considerevolmente di peso chi soffre del disturbo da alimentazione incontrollata. «Parliamo di abbuffate patologiche, dell’ingestione nell’arco di breve tempo di 3 mila fino a 30 mila calorie, l’equivalente di 9 colombe pasquali». La perdita di controllo sfocia nel «farsi di cibo, di nascosto: una forma di autolesionismo». Nulla a che fare quindi con il piacere del cibo e la convivialità. 
Disturbi emergenti. «I dati dell’ultimo Osservatorio del ministero della Salute (l’indagine epidemiologica terminerà a fine anno) indicano che il 30% dei pazienti con disturbi alimentari soffre di anoressia nervosa, il 70% di bulimia e "binge eating disorder". Ma ci preoccupano anche altri disturbi, come l’ortoressia e la pregoressia».
La prima è caratterizzata dall’ossessione per il mangiare sano per paura che il cibo possa fare male. E così i pazienti fanno scelte sempre più selettive, privandosi di alcuni alimenti per il timore che siano contaminati: il tutto si traduce anche in una sorta di isolamento sociale, perché chi è ortoressico difficilmente condivide i pasti con gli altri, dato che non mangia ciò che mangiano gli altri.
«La pregoressia, invece, è un disturbo alimentare che insorge durante la gravidanza: «Alcune donne cominciano a digiunare o vomitare per contrastare l’aumento di peso, mettendo così a rischio la propria salute e quella del nascituro».
Esordio precoce. A destare preoccupazione è l’aumento degli esordi precoci, perché il corpo e la mente ne escono più feriti. «Assistiamo a bambine di 8-10 anni con disturbi alimentari che nell’arco di sei mesi sviluppano osteoporosi, interruzione dell’accrescimento osseo, ritardo nel menarca con ripercussioni nelle funzioni riproduttive». Ma non sono malattie esclusivamente femminili. «Riguardano il 20% dei ragazzi nella fascia d’età 12-17 anni. Inoltre assistiamo anche a esordi tardivi: persone cioè che si ammalano per la prima volta a 40 anni». 
Malattie psichiatriche. Indipendentemente dall’età e dal genere, in modi diversi, il cibo diventa un nemico e il corpo lo scenario per esprimere un disagio. «Il terreno culturale (l’ossessione per la magrezza, per esempio) può spiegarne la diffusione ma non è la causa: sono malattie psichiatriche e diversi sono i fattori che concorrono all’insorgenza». Fattori psicologici, familiari, genetici, tratti di personalità, come il perfezionismo clinico e l’ossessività. «Anche essere sovrappeso od obeso nell’infanzia è un fattore di rischio», puntualizza Dalla Ragione. I disturbi alimentari, quindi, possono essere una deriva dei chili di troppo in tenera età e dei tentativi maldestri di avere la meglio con la bilancia.
Le terapie. La tempestività dei trattamenti terapeutici fa la differenza: «Se il percorso di cura inizia infatti nel primo anno di malattia, abbiamo tassi di guarigione altissimi», rassicura Dalla Ragione. In altre parole, non si rimane ammalati tutta la vita. È importante, quindi, rompere il tabù e non avere paura di chiedere aiuto e rivolgersi ai centri specializzati (disturbialimentarionline.it).
«L’assistenza, però, è ancora diversa da regione a regione e non tutte hanno una rete completa con ambulatori specializzati, strutture residenziali e posti letto per ricoveri salvavita. Così c’è chi affronta viaggi della speranza per avere cure adeguate», denuncia la psichiatra, che ha contribuito alle linee-guida per la riabilitazione. «Il percorso terapeutico dev’essere gestito da un team multidisciplinare: psicologa, psichiatra, nutrizionista supportano il paziente in un lavoro psicologico, coinvolgendo le famiglie, e nel trattamento nutrizionale». Perché cibo, peso e corpo non siano più un’ossessione.