15 marzo 2020
Alberto Savinio a Crotone
Marzo 1948
Alberto Savinio e la questione se Crotone debba dirsi Crotone o Cotrone. «Cotrone è una metatesi di Crotone. Metatesi popolare del nome antico e greco di questa città. I nativi di qui la chiamano nel loro cupo dialetto Cutrone. Il fascismo costrinse Cotrone a riprendere il suo antico nome di Crotone. Per retorica. Per estetismo. Il fascismo era soprattutto una forma di retorica e di estetismo, e come tale una filiazione del dannunzianesimo. Il fascismo ha fatto di Girgenti Agrigento, di Borgo San Donnino Fidenza, di Cotrone Crotone. Sostituire al nome naturale un nome più vistoso e squillante è la formula dell’estetismo. D’Annunzio scriveva farmacopòla e avrebbe potuto scrivere più semplicemente farmacista, scriveva navarca e avrebbe potuto scrivere più semplicemente ammiraglio, scriveva alluce e avrebbe potuto scrivere più semplicemente dito pollice del piede o soltanto ditone. Gli esteti non si preoccupano di migliorare la sostanza delle cose, ma solo di abbellirne, a modo loro, l’apparenza. Il fascismo, in una grande occasione della sua storia, mascherò la facciata della Stazione Termini, a Roma, con una facciata finta e più moderna. In altra occasione mascherò la facciata del Palazzo delle Esposizioni in via Nazionale. A Firenze, per l’arrivo di Hitler, mascherò le case di via Vallonda con una finta foresta. E fece di meglio: mise una maschera a tutta l’Italia, sicché per molti anni la gente di fuori e gl’italiani stessi credevano di guardare l’Italia e in verità guardavano una maschera. Si sa cosa avvenne quando la maschera cadde. Dietro la maschera, la sostanza vera marcisce. Si vuol sapere perché l’esteta cambia apparenza alle cose? Per vergogna. Sotto ogni esteta si nasconde la vergogna di mostrarsi come si è. Dannunzianesimo e fascismo sono due fenomeni di vergogna.
«Entro nella sala da pranzo di un albergo. Alle tavole, uomini e soltanto uomini. Uomini soli. Chini sul piatto. E hanno il cupo che ha l’uomo quando è solo, specie quando compie questa operazione tristissima: mangiare.
Nell’ingresso dell’albergo avevo visto un cartello, nel quale la Tal dei Tali, sarta di Torino, annunciava alle signore di Cotrone che esponeva i suoi modelli. Non ho dubbi perciò su l’identità della magnifica ragazza di chiome e passo artemidei, che entra sveltamente nella sala da pranzo dell’albergo, fiancheggiata da due uomini corretti e pettinatissimi, e si va a sedere a un tavolo.
Assisto allora a un fenomeno di astronomia in atto. Vengo a trovarmi dentro un planetario umano.
Gli uomini cupi e solitari si voltano d’un movimento solo. Attratti dalla luce. E così rimangono. Neri pianeti intorno a un sole - una sola.
Ecco come nascono i sistemi solari.
Ma non si rasserenano. Non si rischiarano. Cupi rimangono. Diventano più cupi ancora. E un ostinato “perché” batte quelle fronti chiuse. “Perché... perché’.