Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2020  marzo 15 Domenica calendario

In Borsa è l’anno dell’Orso

La festa (delle Borse) è finita. Il 12 febbraio scorso – sembra un secolo fa – Wall Street ha segnato il suo ennesimo e ultimo record, l’apice di una cavalcata che in quattro anni gli ha regalato un balzo dell’83%. «Congratulations, New Stock Market RECORD (le maiuscole sono originali, ndr).
KEEP AMERICA GREAT”, ha twittato entusiasta quel giorno Donald Trump. L’America invece non l’ha ascoltato e ha messo la retromarcia. Il virus del Covid 19 ha inceppato la gioiosa macchina da guerra della finanza mondiale e da allora l’Orso ha fatto irruzione sulla scena, affondando quei mercati che per quasi otto anni si erano dimenticati della sua esistenza.
Il bilancio di questo 2020 bisestile è in effetti, chiusa l’era a.c. (ante coronavirus), da Caporetto. L’indice Dow Jones ha perso il 18% da inizio anno. Il Nasdaq il 12%. L’Europa, nuovo epicentro dell’epidemia, viaggia attorno al – 30% (con Piazza Affari in maglia nera a -33,7%). L’oro, il bene rifugio per eccellenza, ha tradito la sua fama di porto sicuro e viaggia sui livelli di inizio anno, mentre per molte altre materie prime ci sono ribassi stratosferici, guidati dal -47% del petrolio, sgonfiato dalle prospettive di decrescita infelice dell’economia globale e dal crollo della domanda. Mentre zucchero, grano e frumento, quelle materie prime di cui presto si potrebbe sentire la mancanza, si difendono con ribassi marginali.
La livella, come direbbe Totò, non ha risparmiato nessuno e anche i ricchi – con questi chiari di luna piangono: Jeff Bezos, patron di Amazon, ha visto andare in fumo negli ultimi sette giorni 8 miliardi di dollari del suo tesoretto azionario. Cinque miliardi di dollari ha perso il Re Mida di Wall Street, quel Warren Buffet che tutti chiamano con rispetto e venerazione il “guru di Omaha”, suo luogo di nascita in Nebraska. Bernard Arnault, patron del colosso del lusso Lvmh, ha bruciato 14 miliardi di euro, quasi tre a seduta di Borsa, Marck Zuckerberg (Facebook) 9,2 miliardi di dollari, Bill Gates di dollari 5,3.
Piazza Affari si è adeguata all’umore generale e sul listino di Milano i titoli che si sono salvati si contano sulla punta delle dita di una mano. Banco Desio è lievemente positiva dal primo dell’anno. Qualche altra azione minore galleggia sui valori di San Silvestro. Il resto del listino è in profondo rosso.
La famiglia Benetton, alle prese già di suo con i guai delle concessioni dopo la tragedia del Ponte Morandi, è stata travolta dalla tempesta perfetta. Il crollo del traffico sulle autostrade (-40% nell’ultima settimana) ha affossato sia Aspi che Autogrill. Mentre la gelata nei cieli ha messo ko Fiumicino dove oggi decollano e atterrano 200 aerei ogni 24 ore contro i quasi mille di una giornata pre-Covid 19.
All’inferno sono finite tutte le azioni collegate di riffa o di raffa al mondo del turismo e delle vacanze con I Grandi Viaggi che hanno dimezzato il valore e Fincantieri che costruisce navi da crociera quasi dimezzata di valore. Il crollo del greggio ha messo alle corde Tenaris (- 50%), Saipem (-51%) e persino un gigante come l’Eni (-48%). Alle corde pure la Juventus (-50%) penalizzata dallo stop al Campionato e alla Champions e dalla positività al virus di Daniele Rugani.
A salvarsi, anche se in territorio negativo, sono in pochi. C’è la Diasorin (-4% da inizio gennaio) tenuta a galla dalla possibile commercializzazione in tempi brevi di un suo brevetto che consente di diagnosticare in meno di un’ora il contagio da coronavirus, C’è Nexi (-11%), attiva nei sistemi di pagamenti, favorita dall’ondata di fusioni e acquisizioni nel settore e data come promessa sposa della concorrente Sia in un’operazione che potrebbe decidere anche il futuro del controllo della Borsa italiana.
Il resto del listino, invece, è un disastro finanziario da dimenticare. Una valanga di segni rossi che non ha risparmiato nemmeno il Bitcoin, considerato da molto il bene rifugio del futuro, autore invece di un malinconico – 27% da inizio anno.