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 2020  marzo 15 Domenica calendario

Biografia di Burton Holmes

La corporatura esile. L’eleganza ricercata. L’atteggiamento disinvolto di chi è abituato a frequentare la buona società. Gli occhi, però, accesi di una inusitata determinazione. Il portamento sicuro. E l’espressione intensa della sfida perennemente in atto, con l’orizzonte e con il pubblico. È una stella su Hollywood Boulevard, poco distante da quelle per Jamie Lee Curtis e Jack Palance, a ricordare impresa e successo di Burton Holmes, viaggiatore, fotografo, regista, documentarista ante litteram. Di più, costruttore di sogni. Il proprio e quelli altrui. È stato Elias Burton Holmes, nato a Chicago nel 1870, a coniare formula e termine Travelogue, per le serate-spettacolo dedicate al racconto di viaggi, nelle quali usava tutta la tecnologia a sua disposizione, tra immagini e alcuni dei primi filmati mai realizzati. D’estate viaggiava. D’inverno, teneva le sue magiche conferenze in America. 
METE ESOTICHE
Andò in Italia e in India, raggiunse mete esotiche, per molti addirittura incredibili. Fu sulla Grande muraglia cinese, ad Atene alle prime Olimpiadi moderne nel 1896, all’eruzione del Vesuvio nel 1906, poi alla costruzione del canale di Panama. E a Mosca, Giacarta, Gerusalemme e in altri luoghi. Tutto quello che guadagnava lo investiva in nuove partenze. L’obiettivo era esplorare. E, dopo, affabulare gli spettatori. D’altronde, la sua passione era nata proprio ascoltando le favole dei genitori che, da piccolo, lo addormentavano con i racconti dei viaggi fatti in Francia, Egitto, Russia prima della sua nascita. 
La storia di Burton Holmes è ricostruita nel libro Travelogues. The Greatest Traveler of His Time 1892-1952 (Taschen), selezione di materiali dai suoi Archivi, che ripercorre sessant’anni di esplorazioni – pressoché fino alla morte, nel 1958 – nei quali toccò tutti i continenti e le nazioni, scattando oltre trentamila foto e girando quasi 150 chilometri di pellicola. Ha 9 anni la prima volta che intuisce che la narrazione di viaggio può farsi mestiere. Sua nonna lo porta a una lettura di John L. Stoddard, il più celebre autore di diari di viaggio dei suoi tempi. Burton Holmes ne è affascinato. A colpirlo non sono solo le parole di Stoddard ma la reazione delle persone che si stringono intorno a lui per ascoltarlo. É quello che vuole: vedere il mondo e, al rientro, farsi acclamare per le sue avventure. «Che idea stupida» gli dice la nonna, bocciando il suo sogno. É proprio lei però, quando il nipote ha sedici anni, a regalargli la prima partenza, portandolo in Europa. Edimburgo, Londra, Amburgo, Parigi: finalmente le immagini che ha visto nei libri diventano realtà. È pronto. A tredici anni, ha speso i suoi risparmi – dieci dollari – per acquistare una macchina fotografica. E nel frattempo, si è preparato, appunto, sui libri. La sua formazione però, affermerà poi, non era nei titoli scolastici, ma in quelli di viaggio. 

L’ESPOSIZIONE
In Europa fotografa tutto, indaga lo stile delle varie città, vuole capire costumi e abitudini. A 21 anni, dopo un altro viaggio europeo, tiene la prima esposizione di foto presso il Chicago Camera Club. Non si limita a indicare il luogo di ogni scatto, come i suoi colleghi. Usa un proiettore che gli permette di creare una sorta di dissolvenza tra immagini per animare la narrazione, ottenendo così un effetto simile a quello che avrebbe successivamente avuto con la lanterna magica, strumento vicino al cinema. L’appuntamento porta 350 dollari nelle casse del Club. E Burton Holmes comincia a contare: le miglia da percorrere, le mete da toccare, gli spettatori che potrebbe affascinare. E, perché no, i possibili guadagni, le cifre che gli potrebbero permettere di vivere della sua passione. Nel 1892, parte per un tour in Giappone, da poco aperto al mondo occidentale. Qui paga due artisti per colorare le sue immagini. Al rientro, sono in migliaia ad affollare la sala dove organizza la prima conferenza, per un totale di 700 dollari di biglietti venduti. Non propone una mera narrazione, ma uno spettacolo. Non usa bacchette, dialoga con l’operatore tramite segni. «Volevo – dichiarerà – creare l’illusione del viaggio, non dare la sensazione di essere solo a un’esposizione di immagini». Funziona. Al punto che Stoddard, senza spiegazioni, nel 1897 decide di ritirarsi.

PROIEZIONI
Quello stesso anno, Burton Holmes usa per la prima volta la cronofotografia, regalando agli spettatori l’emozione dell’immagine in movimento. Una magia per molti. La proiezione cinematografica in sala era nata da poco. Inizia così la sua fortuna. Di viaggio in conferenza, Burton Holmes conquista fama e successo. Realizzerà poi video per Metro-Goldwyn-Mayer e altri. «L’illusione della vita», questo voleva dare al pubblico. E della vita in ogni angolo del mondo. Fino a conquistare una stella.