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 2020  marzo 14 Sabato calendario

Orsi & tori

Il virus non ha fermato la ricerca scientifica digitale in Cina. Il professor Qiang Zhang, dell’Università della scienza e della tecnologia, ha annunciato nei giorni scorsi il record di trasmissione senza ripetitori attraverso internet: ben 509 km. E senza la possibilità per terzi di violare il contenuto della trasmissione, che è avvenuta attraverso uno speciale protocollo, Sns-Tf, che opera con l’informazione quantistica, cioè con l’uso nell’informatica dei criteri del quantismo (dal latino quantum, cioè una quantità elementare, discreta e invisibile) usato in fisica. Per estensione, il termine «quanti» è anche utilizzato come sinonimo di particella elementare associata a un campo di forze. Senza entrare troppo in profondità, il record ha un valore straordinario perché consente di avere nuove prospettive per connessioni sicure anche nelle aree urbane per il trasporto di dati sensibili, introducendo sul mercato il concetto di internet quantistico. Se ci fossero dubbi che nonostante la furiosa tempesta del virus la Cina non si sia fermata, come per molti versi sta invece avvenendo in Italia, il record stabilito dal professor Zhang fa capire quale sia la forza dell’ex Celeste Impero. Ed è la conferma di quanto su questo giornale si sostiene da tempo e cioè che dalla Cina non si può prescindere specialmente quando l’Italia è costretta ad affrontare, senza la disciplina della Cina e con un governo polarizzato tutto sul presidente Giuseppe Conte, un’epidemia che non si fermerà prima dell’estate.
Del resto, nonostante lo sgarbo della chiusura dei voli da e per la Cina che aveva fatto essere vibrante e pesantissima la protesta dell’ambasciatore a Roma, la Cina è l’unico Paese dal quale arrivano segnali concreti di solidarietà. Sia con lettere (questo giornale ne ha ricevute e pubblicate più di una, inviate dai partner Xinhua News e China media group) ma anche con atti materiali e sostanzialità. L’aereo di Air China con il quale nella sera di giovedì 12 sono arrivati nove medici ormai super specialisti del virus, più mascherine, kit per i tamponi e la prima parte di mille ventilatori per la terapia intensiva, è il risultato del convincimento che la Cina può essere il miglior alleato dell’Italia. Di ciò è profondamente convinto il ceo di Intesa Sanpaolo, che ha comunicato uno stanziamento di decine di milioni per far salire la disponibilità immediata di respiratori artificiali di 2.500 unità, cioè del 50% dei letti disponibili fino a pochi giorni fa in Italia, proprio rivolgendosi alla Cina. Dalla stessa convinzione è animato il professor Walter Ricciardi, dell’Università Cattolica, componente dell’esecutivo dell’OMS e consigliere del ministro della Salute Roberto Speranza. È stato proprio dall’incrocio di questi convincimenti con quelli di Class Editori che ha preso l’avvio l’operazione mille respiratori, poi conclusa dal ministro degli Esteri Luigi Di Maio. I partner cinesi di Class Editori ci avevano segnalato varie disponibilità di respiratori. Ne ho riferito al capo di gabinetto del ministero degli Esteri ed ex straordinario ambasciatore a Pechino, Ettore Sequi, che ha girato un mio sms ai suoi uomini presenti a una delle infinite riunioni della Protezione civile. Contemporaneamente abbiamo parlato con il primo segretario dell’ambasciata a Pechino, Enrico Berti, che stava lavorando per mascherine e kit. Si è mossa la macchina efficiente dell’ambasciata, con in prima fila il bravo ambasciatore Luca Ferrari, e così con un contributo multiplo pubblico-privato il ministro degli Esteri ha potuto mettere a frutto le relazioni nate in occasione della firma del Mou per la via della Seta e anticipare agli italiani quanto poi si è realizzato con l’arrivo dell’aereo Air China.
Ma il fatto straordinario è che questi primi mille, fondamentali, respiratori che contribuiranno a evitare che i medici anestesisti e rianimatori non debbano scegliere chi non intubare per salvare altri ammalati come avveniva in guerra sono una charity della Cina all’Italia. Saranno così integre le risorse donate da Intesa Sanpaolo per altre fondamentali forniture.
Ma fatto ancora straordinario, dal lato minimo di Class Editori, è che Sara Scotti, manager dei rapporti con la Cina, continua a ricevere dai nostri partner ma anche, per esempio, da un gruppo di enologi che erano stati ospitati cinque anni fa per un mese all’Expo, offerte di mascherine e di altri materiali utili a combattere il virus.
Perché la Cina e i cinesi si comportano così?
Per natura e per scelta politica, visto anche che il Coronavirus ha avvicinato umanamente i due Paesi. Coloro che avevano criticato l’invio di 600 mila mascherine dall’Italia alla Cina ora dovrebbe fare ammenda e anche un po’ vergognarsi, visto che chi pensa al prossimo non sbaglia mai, anche se non fosse cattolico credente.
Ma il ponte di solidarietà fra Italia-Cina e Cina-Italia ha un risvolto assai più importante e non solo perché la Cina è capace di realizzare un progresso scientifico e tecnologico quale nessun Paese può vantare.
L’Italia è l’unico Paese del G7 ad aver firmato un memorandum di intesa per la collaborazione sulla Bri (Belt and road initiative) o meglio conosciuta come Nuova via della seta. Quando il presidente Xi Jinping ha lanciato il progetto di una via che ripercorresse i passi di Marco Polo arrivando poi fino all’Africa e al Sud America, non ha fatto altro che gettare le basi, certo, per una supremazia cinese attraverso l’Asia, l’Europa, l’Africa e il continente sudamericano. Ma ha anche proposto questo progetto come strumento di sviluppo per tutti i Paesi attraversati e coinvolti sulla via di Marco Polo e oltre.
Ma, sostengono alcune voci, la Cina non è un Paese democratico, quindi è un Paese di cui non fidarsi. In realtà la Cina è un Paese di 1,4 miliardi di persone, che fino al 1978, quando Deng Xiaoping fondò la Nuova Cina, soffrivano pesantemente per larga parte la fame. Deng mise insieme i principi del comunismo con gli strumenti del capitalismo. Oggi in Cina ci sono ancora fasce ampie di povertà, ma nessuno soffre più la fame. E soprattutto la Cina è diventato il più grande mercato del mondo e il più avanzato centro di sviluppo dell’intelligenza artificiale e di tutto ciò che è digitale, visto che base di questo sviluppo è il data science: più dati si hanno, più qualitativi sono e maggiore e più fine è lo sviluppo dell’intelligenza artificiale. E in Cina ci sono 1 miliardo di possessori di cellulare che producono ogni secondo una quantità straordinaria di dati ben qualificati.
Se i rapporti umani dell’Italia con la Cina sono ottimi (ricorre quest’anno il cinquantesimo anniversario della riapertura delle relazioni diplomatiche) e si potrebbe dire addirittura fraterni, sul piano degli investimenti e degli scambi commerciali la situazione non è altrettanto positiva. L’Italia non è assolutamente nelle prime posizioni per valore complessivo dell’interscambio, nel quale fra i Paesi europei domina la Germania. Ma in più, all’interno dell’interscambio la parte del leone la fa la Cina. Quindi è necessario che da una parte l’Italia, fin da adesso pendente il virus, prepari azioni per accrescere l’export, concordandolo politicamente con la Cina, e che insieme i due Paesi decidano di sviluppare le loro relazioni.
Inoltre, c’è il tema degli investimenti: al momento sono più i posti di lavoro creati in Cina da iniziative e quindi investimenti italiani di quelli creati in Italia da aziende cinesi. La Cina non ha investito poco in Italia, ma lo ha fatto soprattutto comprando partecipazioni di netta minoranza in grandi aziende italiane, salvo il caso di Pirelli dove è azionista di riferimento ma con limiti statutari, grazie all’abilità negoziale di Marco Tronchetti Provera, di non poter trasferire in Cina né la tecnologia, né il top management, né la sede. Potrebbero farlo solo se arrivassero a possedere più del 90% del capitale, ma Tronchetti più le banche sono nettamente sopra il 10%.
Ciò che va concordato con la Cina sono i cosiddetti investimenti greenfield, quelli che creano nuove attività o ne ampliano altre, creando posti di lavoro.
Questi temi sono sul tappeto da tempo. Questa del virus è l’occasione buona per elaborare insieme uno straordinario piano di sviluppo fra i due Paesi, che potrà basarsi sull’attrazione dei cinesi verso il made in Italy da una parte e dall’altra sulla capacità di investimento della Cina.
Una Cina presto fuori dall’epidemia avrà bisogno che i suoi cittadini migliorino nettamente la qualità della loro alimentazione, cambiando anche abitudini pericolose. Il food e beverage italiano può avere uno spazio enorme in questo progetto.
Per passare dalle parole ai fatti è necessario che, appena possibile, si riprendano tutti i progetti che erano stati preparati per il cinquantenario che ingloba anche l’anno della cultura. E altri se ne facciano, anche a cura di architetti italiani, per aiutare la Cina a uno sviluppo urbano meno violento. Ma soprattutto che il presidente Sergio Mattarella, pur con la sua delicatezza istituzionale, prenda l’iniziativa di una nuova visita a Pechino e stimoli il governo a elaborare, magari rivalutando il ruolo del ministro Di Maio, che potrebbe farsi affiancare da una sorta di commissario straordinario per gli sviluppi Italia-Cina.
L’aereo di Air China arrivato la sera di giovedì 12 è un simbolo da prendere al volo e il presidente Mattarella ha già dato dimostrazione di saper far recuperare all’Italia posizioni verso la Cina, attraverso due viaggi fondamentali. Non sarà difficile organizzarne al più presto un terzo, non solo per ringraziare della solidarietà dimostrata dalla Cina, ma anche per rendere visibile l’Italia in Cina. È infatti evaporato l’effetto del viaggio nel marzo di un anno fa del presidente Xi Jinping a Roma e poi a Palermo senza che poi si siano realizzate importanti operazioni. In particolare, la Sicilia è rimasta quasi immobile.
Da tempo i due Paesi hanno fondato un Business forum governativo, presieduto per parte italiana dal dinamico ad di Cdp, Fabrizio Palermo, e per parte cinese dal presidente di Bank of China, Chen Siqing. La banca cinese è particolarmente interessata al sistema delle pmi italiane, perché in Cina il 55% circa del pil è prodotto da aziende piccole e addirittura familiari. L’ex presidente di Bank of China, Tian Guoli, che continua a essere in consiglio e contemporaneamente è presidente della fondamentale China Construction bank, riteneva e ritiene che le pmi siano un modello. Un modello purtroppo ora in pericolo e verso il quale Cdp sta concentrando gli sforzi sia sul piano finanziario che su quello della pianificazione.
Quale occasione migliore di mettere insieme tutti questi aspetti per garantire uno sviluppo comune di una tipologia di pmi, quelle italiane, certo evolute, ma a rischio finanziario, e quelle cinesi che hanno bisogno di cultura tipica del piccolo è bello, ma che possono disporre di finanziamenti poderosi da parte di un sistema bancario che ha la possibilità di stampare tutta la moneta necessaria?
Insomma, paradossalmente, nel male, il Coronavirus va trasformato in una straordinaria opportunità per agganciare l’Italia al treno superveloce e potente della Cina che sta per ripartire, cominciando dalla riapertura dell’aeroporto di Wuhan già il 29 di marzo.