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 2020  marzo 14 Sabato calendario

Leggere i necrologi

Penso che i vecchi della mia città abbiano colto la dimensione della sciagura leggendo i necrologi dell’Eco di Bergamo. Non sono stupidi i vecchi, piuttosto hanno sempre letto il giornale col distacco di chi al mondo ne ha viste tante, e non è lo sperpero di aggettivi a incantarli. Quand’ero bambino, i vecchi leggevano l’Eco di Bergamo al bar, girando le pagine e soffermandocisi con fugace attenzione, ma quando arrivavano ai necrologi si aggiustavano gli occhiali con la punta dell’indice e dedicavano alle parole la sacralità del raccoglimento. I miei nonni e gli zii e i vecchi della nostra cascina ci si intrattenevano con puntiglio, rintracciando amici, antiche conoscenze, ricostruendo filiere di parentela, speculando sull’età dei defunti e sulla loro di sopravvissuti, e sempre scuotevano il capo. Anche noi bambini li guardavamo, assorti e sbigottiti sulle foto di facce vive ormai morte e sulle piccole croci nere a separare un necrologio dall’altro, esordienti dentro l’unico mistero e l’unica verità: si nasce e si muore. Per noi e per i vecchi, ecco come stanno le cose, tutto il resto era opinabile, discutibile, ma il necrologio era il fatto nella sua incontrovertibile e spaventosa purezza. L’orrore della contabilità di questi tempi - infettati, posti letto e bare allineate della mia bella, pulita, civile, ritrosa e generosa città, dove da giorni si celebra un funerale ogni mezzora – è stata infine scolpita nel marmo nelle pagine dei necrologi dell’Eco. Erano tre, poi quattro, cinque, l’altro ieri nove, ieri dieci. Dieci pagine di necrologi. Mi sono aggiustato gli occhiali, e le ho lette tutte.