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 2020  marzo 13 Venerdì calendario

Conte, l’anatroccolo nero che non ha più paura

Niente di quello che ci sta accadendo era immaginabile due anni fa. Tra queste situazioni imprevedibili ce n’è una che tra poco finiremo per non percepire più come eccezionale, eppur lo è. Questa: durante la prima serata televisiva, in edizione straordinaria, sullo sfondo istituzionale di bandiere italiane ed europee, appare per dettare regole di comportamento all’intero Paese, «sessanta milioni persone», uno che ventiquattro mesi fa era un ignoto, convocabile per il programma di Amadeus: «Giuseppe da Volturara Appula, è lei che vorrebbe 10 euro per ogni messaggio whatsapp che le scrivono?». Sì. E, come parente misterioso, ecco suo zio Fra’ Fedele. Se il coronavirus è considerato da molti il cigno nero, l’evento fuori scala capace di sconvolgere l’andamento di ogni cosa, Giuseppe Conte è l’anatroccolo nero, quello che si trasforma senza avvedersene e si trova a librarsi al di sopra del proprio destino, su una corrente ascensionale che lo porterà a volare o sfracellarsi con tutto il popolo di cui si è autoproclamato avvocato.
Due anni, un’era fa, chi conosceva costui? Gli amici pugliesi che avevano giocato partite di calcetto (già allora faceva il regista) e ne ricordavano la fissazione adolescenziale per il rigore, nelle norme e nell’abbigliamento. Un gruppo di giovani professioniste romane che aveva condiviso una vacanza in barca, trovandolo “intraprendente”. Gli studenti che avevano sostenuto con lui un esame di diritto, tra cui però, attenzione, l’onorevole Bonafede Alfonso, futuro, attuale, ministro della Giustizia. L’Italia vota a inizio marzo 2018. L’esito è piuttosto sorprendente. Ancor più lo è che per formare un governo si mettano insieme due forze fin lì non apparentate: Lega e Cinque stelle. Per Palazzo Chigi, cercano una figura terza o, come direbbe The New Pope : "una via media”. Un lunedì mattina il prescelto sembra essere l’economista Giulio Sapelli, che si brucia autoannunciandosi. Seguono ore confuse in cui altri nomi vengono indicati e abbandonati fino ad arrivare a quello di chi appare più innocuo e manovrabile: Giuseppe Conte. Chi? Nessuno, come nel vecchio tranello di Ulisse al gigante accecato. Il premier designato ha un curriculum ufficiale esile, che rimpingua. Sta per cadere prima ancora di issarsi, sostituito da Carlo Cottarelli per riportarci al voto, ma si rialza e assume l’incarico. Sbeffeggiato in tutta Europa come marionetta di due padroni resiste, resiste, resiste. Un’estate fa, l’ex ministro Salvini vorrebbe mandarlo a casa e assegnarsi pieni poteri, previo plebiscito elettorale. È invece proprio Conte a cacciarlo dagli scranni del governo. Nella nuova alleanza non pare esserci posto per lui, volto della precedente. Lo definiscono una “risorsa”, la più cortese tra le formule di congedo. Invece rimane. Si accende di luce propria, generatore e non generato. Finisce per rappresentare il trionfo della teoria sostenuta dallo storico belga David Van Reybrouck nel saggio Contro le elezioni e accolta, non a caso, da Beppe Grillo: tanto vale il sorteggio.
Dalla ruota di Bari è uscito Conte. L’apparizione di mercoledì sera ha segnato il compimento di una metamorfosi. L’anatroccolo nero non ha più timori. Parla in prima persona: “I provvedimenti che ho assunto”. Si carica sulle spalle il Paese come certi giocatori la squadra quando è in svantaggio. Consegna ai cuori raggelati frasi scaldaletto efficaci come un ritornello di musica leggera: “Restiamo distanti oggi per abbracciarci domani”. Estrae dal cappello con disinvolta naturalezza una citazione di Norbert Elias a proposito della “comunità di individui”. È difficile immaginare la percentuale di telespettatori aventi familiarità con il sociologo tedesco di origini ebraiche, autore di La civiltà delle buone maniere.
Eppure la scelta è perfetta, a specchio. Elias fu ignorato per decenni, visse e scrisse nell’ombra. Iniziò la carriera accademica a 57 anni, a Leicester, che si sarebbe rivelata città di outsider capaci di fare l’impresa. Neppure lì, tuttavia, fu tradotto in inglese e divenne conosciuto soltanto mentre insegnava dall’autunnale cattedra di una università del Ghana. Tra le sue frasi più citate, ma non da Conte, questa: “Mai come oggi gli uomini sono morti così silenziosamente e igienicamente e mai sono stati così soli”. Mai invece il presidente del Consiglio è stato così insostituibile. Non è possibile indire elezioni, neppure assemblee di condominio: chi c’è, c’è. Un governo per forza, ma un premier per amore. I social lo sommergono di ammirazione e affetto inediti. Molte donne lo trovano improvvisamente affascinante. Nel gradimento popolare la sua fiducia sale, fino al 42% (seconda è Giorgia Meloni, per quel che può significare). Qualcuno ancora si ostina a fare battute sulla pochette o sul ciuffo, senza rendersi conto che non è più tempo, perché non c’è più tempo. Se ti trasportano d’urgenza al pronto soccorso e di lì in sala operatoria, se mentre l’anestesista ti fa entrare liquido in vena dicendoti di contare alla rovescia ti appare dietro la mascherina lo sguardo di un chirurgo che non conosci, senza curriculum, mai visto all’opera, non puoi metterti a discuterlo, puoi soltanto augurarti che quello sia il tuo eroe, per caso o per necessità.