La Stampa, 13 marzo 2020
La grammatica walser
ALAGNA (VERCELLI) L’hanno riscoperta gli insegnanti dei corsi di titzschu, nati da poco per mantenere viva e tramandare la lingua walser, il linguaggio delle gente di montagna. La prima grammatica walser d’Europa risale al 1891 e ad occuparsene, inizialmente neppure con l’intento di pubblicarla, fu Giovanni Giordani, un medico alpinista di Alagna Valsesia. L’ultima edizione, pubblicata nel 2011 da Hapax e realizzata con il patrocinio del Museo regionale di scienze naturali ed ecomusei di Torino, si rifà a quella originaria anche nel titolo, La colonia tedesca di Alagna Valsesia e il suo dialetto, ed è un punto di riferimento per le lezioni di lingua walser che vengono tenute dal valsesiano Davide Filié, considerato uno dei maggiori esperti in materia. «Giordani – dice Filié - impiegò circa dieci anni a scrivere la grammatica, tra la fine degli anni Settanta dell’Ottocento e fino a poco prima della sua morte, avvenuta nel 1890. È un testo indispensabile per il lessico e i diversi dubbi grammaticali, la coniugazione dei verbi e soprattutto la declinazione degli aggettivi, più complessa di quella del tedesco moderno. E Giordani continua a guidarci a distanza di un secolo e mezzo». «Alla fine dell’Ottocento – continua Filiè – non era ancora stata del tutto chiarita la "Walserfrage", la "questione walser" circa l’origine e la comune appartenenza di questi coloni delle montagne, diffusi dalla Savoia fino al Tirolo. Giovanni Giordani, informatissimo sui risultati delle ricerche linguistiche, scrive "nessuno ormai può dubitare sulla provenienza di queste sporadi germaniche dell’Alto Vallese"».
Il libro, in vendita ad Alagna e in alcune librerie valsesiane, inizia con cenni storici sul paese valsesiano e i suoi abitanti. «Si passa poi – spiega l’esperto – a elementi di grammatica, seguendo lo schema tradizionale di quelle tedesche. Segue una raccolta di testi tratti dalla vita quotidiana di allora, come la veglia, l’alpeggio, la fontana, che rispecchiano fedelmente la lingua parlata nella seconda metà dell’Ottocento. Poi alcune traduzioni dall’italiano (il Conte Ugolino, un brano del libro Cuore) e la parte finale dedicata al dizionario titzschu-italiano». Chi oggi è ancora in grado di esprimersi in titzschu ha ormai un’età superiore agli 80 anni. «Nessuno – conclude Davide Filié – lo parla più quotidianamente, per mancanza di interlocutori». I corsi vanno in questa direzione: mantenere vivo l’idioma, aprendosi anche a chi non abita necessariamente in Valsesia.