Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2020  marzo 13 Venerdì calendario

Il problema dei senzatetto

Soltanto sacchetti viveri, niente più pasti ai tavoli. E alla mensa della parrocchia di Gesú Salvatore a due passi dal centro di Torino hanno affisso un cartello: «In ottemperanza al decreto...» eccetera eccetera, ma poi hanno dovuto spiegarlo a voce a quel popolo che va lì a pranzo, che era una questione di salute. Che i pasti c’erano, ma bisognava adattarsi. Prendere il cibo e andare via. Lo hanno fatto anche agli asili notturni all’Umberto I. E qui alle sette di sera c’è una coda lunghissima di persone che arriva s sta religiosamente in coda per aver qualcosa da mangiare. Nella Torino vuota di auto e di passanti, nella città dalle serrande chiuse, il popolo di chi non ha nulla sopravvive come può alla "grande emergenza". E i pasti seduti sono diventati un ricordo, o meglio ancora una speranza, per quando tutto questo finirà. Ma spiegarlo adesso a chi è più fragile, senza reti di protezione o senza una famiglie a cui chiedere un aiuto, è molto complicato. Accade qui, ma anche a Milano e nelle altre città, tutte alle prese con lo stesso problema: garantire supporto alla parte di popolazione che sfugge ai censimento e che conosce soltanto chi da sempre si occupa dei disperati. Ultimi e poveri, non per forza clochard. Li trovi nelle periferie, nelle case di ringhiera, nei quartieri dove la statistica parla di redditi pro capite vicino allo zero. Succede in posti come Barriera, che è uno dei quartieri della grande immigrazione di Torino, oppure al Gratosoglio, a Milano. «Il problema sono i bambini, che in certe famiglie sono gli unici a parlare italiano, e quindi capaci di tradurre le disposizioni, oppure di alzare l’asticella dell’allarme» dice Luca Deri, presidente della Circoscrizione 7, territorio in parte interessato da quella che genericamente si chiama Barriera. Ma oggi i bambini sono tutti a casa e le scuole chiuse. 
Franco Bova, dirigente dell’unità educativa del Gratosoglio non ha dubbi: sono loro che pagano più di altri questa emergenza. Dice: «Ce ne sono alcuni che a scuola fanno l’unico pasto abbondante della giornata, oggi come fanno?». Già come faranno? E chi li metterà in guardia dai rischi di una malattia per la quale non c’è ancora cura? Mariagrazia Volpe è la dirigente scolastica della Parini, scuola di Barriera dove quasi il 90 per cento degli alunni sono figli di immigrati. «Abbiamo parlato delle malattie infettive con linguaggi adatti alla loro età - dice - Ma lo abbiamo fatto prima delle vacanze di carnevale, quando l’emergenza non c’era ancora». Da lì a dire che sono perfettamente informati, che ai genitori – anche quelli che non hanno dimestichezza con l’italiano – sono arrivati messaggi utili, è tutta un’altra questione. «Pensiamo ai tanti pakistani che conoscono soltanto la loro lingua, pensiamo ai figli degli immigrati dal Bagladesh. Le informazioni andrebbero passate in altre lingue, per farle giungere a più persone possibili» dicono le maestre. 
In mezzo a tutto questo c’è anche un mondo di anziani e soli, italiani e stranieri, prigionieri in casa e senza strutture di supporto, anche soltanto per fare la spesa. «Ci sono iniziative di solidarietà che sono state messe in atto un po’ ovunque» dicono. Certo, ma in ordine sparso. Una per tutte: don Giovanni Salatino, parroco di Santa Maria Madre della Chiesa, da oggi consegna pacchi alimentari e farmaci agli anziani e alle famiglie bisognose del suo quartiere. Lo aiutano i ragazzi del centro sociale Gratosoglio autogestita. Ecco, questo è darsi una mano. Intanto, c’è chi si domanda che fine hanno fatto i clochard che popolavano le strade del centro? «Le nostre unità di strada li intercettano ancora, ma è vero si sono allontanati da quelle strade dove erano fissi» dicono alla Crocerossa. Che a Torino li intercetta al campo allestito nel parco di Piazza D’Armi per l’emergenza freddo. Termometri a distanza per capire chi ha problemi di salute. Qualche domanda per avere un quadro generale. Chi non vuole rispondere se ne va. Quanti sono malati? Nessuno può, e sa, dirlo.