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 2020  marzo 13 Venerdì calendario

Intervista a Federica Brignone: «Non ho rubato nulla»

Un viaggio in taxi da Aare a Oestersund per prendere un aereo per Stoccolma e provare poi a rientrare in Italia. Un’ora di riflessione per mettere a fuoco quanto ha vissuto in uno scenario surreale: le gare cancellate, la Coppa del Mondo conquistata, la testa in subbuglio per la gioia e per l’accelerazione degli eventi. «Mercoledì sera è stato un macello», sintetizza Federica Brignone, nuova regina delle nevi. Solo adesso sta realizzando: «Sì, ho capito di aver raggiunto il sogno di una vita». 
Tutto è successo così all’improvviso. Non c’è stato tempo per la festa e per la consegna dei trofei, quello assoluto e quello del gigante. 
«Non so quando me li daranno, forse al via della prossima stagione. Brutta sensazione, non mi sono goduta il momento: è come vincere l’Olimpiade e la medaglia non la puoi avere subito». 
Vietato però dire che Federica Brignone è una campionessa dimezzata. 
«Ho comunque vinto sul campo. Con 10 gare in meno, quelle cancellate e quelle che non ho disputato per scelta. Ho lo stesso numero di start della Vlhova: lei solo in slalom ha conquistato 400 punti, ma ha chiuso a quasi 200 da me». 
Traduzione? 
«Ho avuto una stagione pazzesca e non ho rubato nulla». 
Però se la Shiffrin ci fosse stata… 
«Probabilmente avrebbe vinto. Il destino l’ha colpita duramente, però lei di suo aveva già deciso di saltare, come ogni anno, alcune tappe: Val d’Isère e Sochi, per esempio. Le era andata pure bene: a causa del maltempo si è disputata solo una prova, in Russia. La tragedia del padre l’ha messa alle corde». 
Il senso è che nemmeno una fuoriclasse può prendersi licenze. 
«Esatto: se salta le gare, rischia pure lei. A Bansko, quando ho ottenuto tre podi in tre giorni, ho capito che se Mikaela non si fosse impegnata sarebbe stata battibile». 
La gioia di oggi è come quella immaginata per anni? 
«Non lo so, sono... Ho bisogno di tempo per elaborare la felicità. Ma vedevo la Coppa generale come impossibile; quella di gigante era invece raggiungibile». 
Già, stiamo parlando poco di questa «coppetta». 
Peccato non stringerla 
Peccato non poterla stringere in mano, come vincere l’Olimpiade 
e non avere la medaglia 
«Invece è fondamentale. Il gigante è stato la mia culla: da 10 anni, se arrivo al traguardo, sono sempre tra le prime 5. Il guaio è che ho avuto troppi “zeri”: quindi non ero ancora pronta». 
Lei, Federica, non esita a mettersi in discussione. 
«Non cerco alibi, sono diretta e ipercritica con me stessa. Ero in un percorso di crescita e se non ho vinto prima è perché non ero sufficientemente brava». 
Quando è avvenuta la svolta? 
«Dopo il gigante inaugurale di Soelden. Chiusi quinta e per tutti fu una delusione. Nemmeno io ero contenta, ma mi accorsi che qualcosa era cambiato. Come atleta e come donna». 
Lei è sempre stata umile nell’approccio alle gare: mai guardare troppo lontano. Ora però vede le avversarie dall’alto. 
«Non modificherò l’atteggiamento: sono quella che voglio essere tutti i giorni, non sarà la Coppa a cambiarmi. Bisogna vivere nel presente ed è in pista che devi dimostrare di essere la migliore». 
Federica, un nome che porta bene allo sport italiano. Pensiamo alla Pellegrini… 
«O al maschile a Federico Pellegrino. Fede, la nuotatrice, l’ho incontrata una volta: in comune con lei ho la determinazione, l’impegno e la voglia di lavorare tanto». 
La Coppa del Mondo vale un oro olimpico? 
«Vincere i Giochi è complicato perché è l’occasione di un giorno che si presenta ogni 4 anni. Ma io desideravo questa Coppa del Mondo più di ogni altra cosa: è un segno di completezza e di continuità». 
Rientra in un’Italia in emergenza. 
«E mi angustia, non potrò nemmeno allenarmi. Ma siamo di fronte a un evento che non possiamo controllare. Però è giusto, adesso, essere responsabili».