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 2020  marzo 12 Giovedì calendario

Supercalcoli contro Covid-19

Quando si apre la porta si viene investiti da un rumore inatteso: sistemi di alimentazione, dispositivi che spingono verso l’esterno l’aria calda sottratta ai processori che stanno elaborando milioni di dati. Marconi 100 è la macchina più potente installata presso il Cineca di Casalecchio di Reno, a pochi chilometri da Bologna, il consorzio interuniversitario che mette i suoi supercomputer a disposizione di atenei ed enti di ricerca. Già da qualche anno qui opera Marconi, elaboratore che nell’ultima classifica Top500 dei cervelloni più potenti del mondo si è classificato al 19esimo posto, con venti milioni di miliardi di operazioni al secondo: 20 peta-Flop/s. «Ora stiamo lavorando alla seconda fase del progetto: Marconi 100, appunto», spiega Sanzio Bassini, direttore della Divisione supercalcolo del Cineca, scandendo bene le parole perché non siano sopraffatte dal potente ronzio di sottofondo. Ma tanto rumore per cosa? Quali calcoli sta eseguendo in questo momento Marconi 100? Previsioni meteo? Gli effetti di una reazione nucleare? Un farmaco contro il Coronavirus? «Qui al Cineca facciamo questo e molto altro», risponde Bassini. «Ma al momento la nuova macchina è solo impegnata a dimostrare quanto è potente: per entrare nella Top500 deve eseguire un certo calcolo nel minor tempo possibile». Quando avrà finito il suo test Marconi 100 inizierà a lavorare. «E non andrà in pensione almeno per i prossimi 4 anni, fino all’esaurimento dell’accordo con Eurofusion, il consorzio europeo per lo sviluppo della fusione nucleare». Intanto ha già un nuovo compito: pochi giorni fa un consorzio guidato dalla Dompè Farmaceutici e di cui fa parte il Cineca si è aggiudicato un bando della Commissione europea da 3 milioni di euro per usare il supercalcolo nella guerra contro il coronavirus. I supercomputer bolognesi già in questi giorni stanno simulando il comportamento delle proteine che consentono al virus di replicarsi, in modo da poter testare virtualmente le molecole farmaceutiche più efficaci a inibire il virus, tra quelle memorizzate in una banca dati digitale. Il passo successivo è la verifica in laboratorio, ma il test virtuale sui cervelloni del Cineca permette di accelerare notevolmente la produzione di farmaci efficaci per ridurre la replicabilità di Covid-19: ogni proteina richiede almeno una settimana di simulazione continua su 16 nodi del supercomputer, mentre per lo stesso calcolo con un computer normale ci vorrebbero quattro mesi.
Guardando oltre l’emergenza, presto, a pochi chilometri da Casalecchio, verranno installati altri due elaboratori che faranno di Bologna la capitale europea del supercalcolo. Il primo a essere montato nel Tecnopolo, in via di realizzazione nell’ex Manifattura tabacchi del capoluogo emiliano, è il computer che farà le previsioni del tempo per l’Europa. Il trasloco dal centro meteo britannico di Reading a Bologna è stato annunciato mesi fa, ma solo da pochi giorni sono emersi i dettagli tecnici. Il nuovo computer, nome in codice BullSequana, sarà prodotto dalla francese Atos che ha appena firmato una commessa da 80 milioni di euro. È previsto che entri in funzione entro il 2021, quando, grazie a una potenza di calcolo pari a 40 petaFlop/ s, farà previsioni con una definizione molto più accurata dell’attuale: l’atmosfera sarà divisa in cubi di 5 chilometri di lato contro i 18 di oggi. Questo permetterà al Ecmwf, il Centro europeo per le previsioni meteorologiche a medio termine, di rafforzare la sua leadership mondiale. Non solo: si faranno simulazioni per studiare i cambiamenti climatici e come mitigarne i possibili effetti catastrofici.
In un’altra ala del nascituro Tecnopolo, sarà invece assemblato uno dei più potenti computer europei: Bologna infatti è stata scelta dall’EuroHPC Joint Undertaking, l’iniziativa europea a supporto di progetti per il calcolo ad alte prestazioni, come sede per un elaboratore da oltre 150 petaFlop/s. Leonardo, così è stato ribattezzato, sarà finanziato dalla Ue con 120 milioni di euro, a cui si aggiunge un impegno economico del Miur di altri 120 milioni di euro in sette anni. Il 50% del tempo macchina sarà riservato alla ricerca pubblica e privata italiana, l’altra metà sarà a disposizione dell’Europa. Per fare cosa? Dalla fisica delle particelle alla ricerca delle onde gravitazionali, ma anche lo studio di farmaci e nuovi materiali.
Ma perché tutto questo proprio a Bologna? «È una città con una grande tradizione accademica e già nel 1961 ospitava il primo centro di elaborazione dati scientifico, quando l’Enea si chiamava ancora Cnen», risponde Bassini. Il Cineca nasce invece nel 1969, come consorzio fra le università del Nordest. Poi ha incluso tutti gli atenei italiani, ultimi, nel 2013, quelli romani e milanesi. «In Emilia Romagna abbiamo costituito l’Associazione Big Data: oggi i suoi membri rappresentano il 90% della potenza di calcolo installata in Italia», racconta Fabio Fava, professore di Ingegneria e stretto collaboratore del rettore dell’Università di Bologna. «È proprio grazie all’Associazione che ci siamo aggiudicati Leonardo». Un concentrazione di byte e microchip che ha ripercussioni anche sull’ateneo. «Stiamo predisponendo un Centro interdipartimentale dedicato a big data e Intelligenza artificiale. Argomenti per i quali abbiamo già costruito corsi di dottorato e di laurea triennale e magistrale ». Tutto questo è frutto di una precisa volontà politica. Nel 2015 la Regione Emilia Romagna presentò il Patto per il lavoro, documento che puntava sull’investimento in alta formazione e ricerca. In particolare, candidava Bologna e la Regione a diventare un hub europeo dei big data a dell’Intelligenza artificiale. Patrizio Bianchi, professore di Economia, ex rettore dell’Università di Ferrara e per due volte assessore regionale allo Sviluppo, è il visionario che ha perseguito l’obiettivo. «È in corso una radicale trasformazione dei sistemi produttivi, che si stanno spaccando in due: nella parte alta c’è chi ha supercalcolo e Intelligenza artificiale, dall’altra chi non è dotato di tali strumenti. Anche questo è un problema di unità nazionale, ma purtroppo il Paese non sembra accorgersene». A Bologna l’hanno capito. E il bando europeo appena vinto per contribuire alla sconfitta del Coronavirus è lì a dimostrarlo.