«Abbiamo riempito un vuoto, come aveva fatto agli inizi Chi l’ha visto ? con gli scomparsi» racconta Federica Sciarelli «Quando è nato il programma nessuno si occupava delle persone che sparivano. Prima nessuno si prendeva cura delle vittime delle truffe romantiche, noi abbiamo lanciato l’allarme. A un certo punto al nostro indirizzo di posta, 8262@rai.it sono cominciate ad arrivare altre richieste: controllate questa foto per vedere se è un truffatore?».
Le truffe romantiche sono vili, colpiscono le persone più vulnerabili e le più generose, pronte ad aiutare chi è in difficoltà. Sciarelli ha raccolto le storie nel libro-inchiesta Trappole d’amore (Rai libri), scritto con Ercole Rocchetti, Veronica Briganti e Marina Borrometi.
Sciarelli, in che modo avete lavorato?
«Cercando di dare fiducia, molti si vergognano di essere caduti in trappola. Hanno inviato soldi, anche facendo sacrifici. In tanti ci hanno inviato le foto sperando che gli uomini e le donne da cui erano stati contattati sul web non fossero truffatori».
Queste foto hanno formato un tabellone gigantesco, oltre cento facce.
«Marina Borrometi fa un lavoro importante. Controlla la foto, trova le vere identità: i truffatori rubano l’identità di attori stranieri e italiani – è capitato a Maurizio Aiello – di modelli, uomini di affari... Di settimana in settimana abbiamo aggiunto le foto».
Ci spiega come sia possibile?
«I truffatori sono bravi. Vengono arruolati ragazzini in Nigeria e Ghana, stanno seduti ore in uno stanzone davanti ai computer. Fanno richieste di amicizia random, prendendo foto rubate in Francia ha circolato quella di Aiello. Chi fa una vita social li avvantaggia. Quando la “vittima” abbocca, subentra chi sa trovare le parole per agganciarla definitivamente».
Anche essendo romanticoni, come si può credere così all’amore?
«Un uomo mi ha confessato: “Ho dato 40mila euro”. “Scusi” gli ho risposto “come le è venuto in mente?”. Ti spiegano che “i soldi sono soldi e se ne vanno”, ma l’idea di un rapporto scalda il cuore. Non solo ho imparato a non giudicare, ma l’esperienza mi ha insegnato che ci cadono persone carine e disponibili».
Ora trovano il coraggio di parlare?
«Sì. Ma è stato un percorso lungo. Il primo caso ce lo segnalò Ercole Rocchetti, la truffa romantica era una materia nuova e strana. Abbiamo fatto un servizio e abbiamo scoperto che era un fenomeno diffusissimo, dietro c’è la criminalità organizzata. Il meccanismo è uguale in tutto in mondo: finti malati, vedovi, marine, falsi medici bloccati all’estero che hanno bisogno di aiuto».
Una favola, avvelenata, senza lieto fine.
«È così. Tanti pensano: perché questi cretini danno i soldi? Perché ti chiamano principessa, ti danno il buongiorno e la buonanotte. I mariti non ti chiamano così: sfatiamo l’idea che cadano in trappola le donne sole. Ci sono quelle sposate con i figli che hanno rischiato di sfasciare la famiglia. Gli uomini intelligenti capiscono e si fanno un esame di coscienza: “Ho trascurato mia moglie, non ce l’ho con lei”; lo stesso i figli: “Non ci siamo accorti che dovevamo stare vicino a mamma”».
Quali storie l’hanno più coinvolta?
«Tante. Quella di Caterina, raccontata da un amico; perde la testa per un amore virtuale che gli porta via tutti i soldi. Malata di diabete, per la disperazione mangia i dolci e si lascia andare. È morta. Mi ha commosso Elisabetta, una giovane infermiera che non si è mai sentita bella, agganciata da un presunto vedovo con figlia. La ricopre di complimenti, poi le chiede un prestito».
Colpisce la richiesta di denaro. Perché non viene il dubbio e si mandano i soldi?
«Le persone si sentono coinvolte nella vita degli altri. Quando ti scrivono: “Sono in ospedale, se non ho duemila euro mio figlio muore”, anche le più strutturate ci credono.
Un posto al sole ha inserito le truffe romantiche nella trama, e ci casca la più cauta di tutte».