12 marzo 2020
Biografia di Domenico Arcuri
Un commissario per l’emergenza. Un consulente per la Protezione civile con cui lavorerà in stretto coordinamento. Domenico Arcuri, 56 anni, amministratore delegato di Invitalia, il braccio finanziario del ministero dello Sviluppo, assume un ruolo centrale nella lotta al contenimento dell’epidemia. È chiamato al delicato compito di accentrare gli acquisti e gli approvvigionamenti per le aziende sanitarie locali. Dovrà spingere le aziende a produrre maggiori volumi di ventilatori polmonari fondamentali per chi finisce in terapia intensiva.
Arcuri è un grand commis di Stato. Al timone di Invitalia da dodici anni, fu nominato nel 2007, durante il secondo governo a guida Romano Prodi. Negli anni è riuscito a mantenere il comando del braccio finanziario per la gestione delle grandi crisi industriali, per ultima l’ex Ilva di cui è stato il grande tessitore dell’accordo con ArcelorMittal. Fa parte di quella nidiata di manager che hanno cominciato la loro carriera all’Iri, nell’Istituto per la ricostruzione industriale, passando poi per la consulenza (Deloitte).
Arcuri ha già dato mandato alla Siare Engineering, l’unica azienda italiana che li fabbrica, a raddoppiare la produzione a Bologna, da 200 a 500 al mese per gestire il probabile picco dei contagi che si verificherà nelle prossime due settimane. Si coordinerà con la Consip, la centrale acquisti della pubblica amministrazione, con una visione industriale viste le dimensioni della pandemia acquisendo forniture dall’estero. Il bando Consip prevede l’acquisto di 5 mila apparecchi realizzati da pochi produttori come l’americana Medtronic, la Philips e le tedesche Drager e Maquet.
La sinistra gli offriva un uomo d’ordine, Gianni De Gennaro, mentre la destra lo voleva convincere a prendere un uomo d’azione, Guido Bertolaso. Lui alla fine s’è scelto invece un uomo di compromesso, non un guerrigliero antivirale ma un affidabile manager di stato, un grand commis che non ama la ribalta e non intende far ombra a nessuno, tanto meno al presidente del Consiglio. Un uomo corretto ma uso a obbedir tacendo sotto tutti governi e tutti i poteri, da Romano Prodi a Silvio Berlusconi, passando per Matteo Renzi, Paolo Gentiloni e adesso, appunto, anche Giuseppe Conte. E così mercoledì notte il capo del governo e avvocato del popolo ha annunciato che sarà Domenico Arcuri, cinquantasette anni, calabrese, amministratore delegato di Invitalia, la finanziaria pubblica per lo Sviluppo, a ricoprire l’incarico di commissario delegato per la gestione dell’emergenza coronavirus.
La testa ricoperta di capelli d’argento, la notevole statura, il volto dai lineamenti puliti e il naso sfrontato, Arcuri è da dodici anni l’avvolgente potenza invisibile delle crisi aziendali d’Italia, come l’imam occulto degli sciiti. Lo descrivono informatissimo, gran conoscitore delle regole e delle leggi, attivo, uomo di dati, carte e soluzioni sempre tecnicamente corrette, Arcuri non è uno di quelli convinti che solo i proconsoli risolvono le emergenze nazionali e che i codici vanno azzerati. Quando gli chiesero infatti d’intervenire in Alitalia, con i suoi fondi pubblici, lui si ritrasse, e in più di un’occasione ai tempi in cui Luigi Di Maio era ministro dello Sviluppo entrò in conflitto con le forzature scombiccherate che i 5 stelle pretendevano. Rischiando persino, forse, ma trovando subito però, tra una sigaretta nervosa e l’altra – è un gran fumatore di Marlboro rosse – protezione nella figura sempre più indipendente e ambiziosa del presidente del Consiglio Conte, lui che adesso non gli ha affidato i galloni del supergenerale inviato in guerra contro il coronavirus, che sarebbe stato il ruolo esorbitante di De Gennaro e di Bertolaso, ma lo ha incaricato di fare quel che meglio sa fare: organizzare la logistica, aiutare le imprese a produrre quei macchinari medicali di cui gli ospedali in questi giorni hanno un drammatico bisogno. Ma senza apparire. Di lato.