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 2020  marzo 11 Mercoledì calendario

101 esercizi surreali di fitness filosofico

Chiamarsi a voce alta da soli, sbucciare una mela mentalmente, cercare un alimento blu, bere un bicchiere d’acqua mentre si fa la pipì oppure provare tanti abiti. Una volta fatto tutto questo continuare a tuffarsi in imprese apparentemente senza senso e improbabili. Quindi, passeggiare in un bosco immaginario, togliere l’audio alla televisione, riordinare dopo una festa, tessere le lodi di Babbo Natale.
Piccoli e grandi esercizi di fitness filosofico per provare da soli, con poca spesa e poche energie, ad essere leggeri e un po’ più rilassati. A proporre un percorso sì surreale e, al tempo stesso sì serio, è Roger-Pol Droit, filosofo e accademico francese nel suo libro-manuale 101 esperienze di filosofia quotidiana (Blackie Edizioni).

LA VERGOGNA
La prefazione non basta a far capire dove l’autore, consigliere di filosofia dell’Unesco, ci voglia condurre attraverso una sorta di deragliamento dalla vita di tutti i giorni. Dimenticando aggressività, spavalderie, vergogna, timidezza e anche paure.
Gli esercizi sono delle vere e proprie avventure dell’io. Meglio dire mini avventure dell’io dal momento che molti di questi, come indica lo stesso scrittore, durano anche solo venti minuti. «Il gioco che propongo – spiega Roger-Pol Droit – consiste nel provocare minimi clic. Inventare qualcosa da fare, da dire, da sognare che faccia provare stupore, percepire il turbamento di una domanda. Si tratta, insomma, di riuscire a costruire microscopici eventi scatenanti, impulsi minimali. Sul filo delle cose per gioco. Tutte le esperienze descritte sono veramente da provare».

LO SPAZIO
L’obiettivo è quello di riuscire a trovare spazio in un’angolatura del tempo, del luogo e dello spazio che il nostro io non conosce. Punti di partenza che il filosofo bolla come bislacchi. Destinati a far vacillare un’evidenza che si credeva acquisita e intoccabile. «Parliamo della nostra identità – aggiunge il filosofo – della stabilità del mondo esterno o ancora il senso delle parole».
Nessuno stupore, dunque, se viene suggerito di chiamarsi da soli, invocare il proprio nome invano. Secondo le indicazioni del manuale dovremmo dedicarci a questo esercizio almeno per venti minuti in un luogo, ovviamente, silenzioso. L’effetto? Sdoppiante, si legge nel libro. In una stanza, da soli, va pronunciato il nostro nome con toni di voce diversi fino a perdere l’equilibrio che normalmente abbiamo e che ci fa sentire anche un po’ stupire nell’eseguire questo esercizio. Come si finisce? Urlando: «Sì, eccomi!».
Imprevedibile, invece, è la durata del riuscire a perdere qualcosa e dimenticare che cosa. Durata imprevedibile, effetto angosciante. Ci si deve convincere di aver smarrito un oggetto che dovevamo custodire ma, nonostante tutto, non sappiamo che cosa è. Un’angoscia doppia. Da un lato si è dimenticato qualcosa e dall’altro neppure sappiamo di che si tratta. La via d’uscita viene fornita anche questa volta. Giocare con un bambino di due-tre anni viene definita un’esperienza disorganizzante. Tempo previsto, quaranta minuti. «Accettate le ripetizioni senza fine – suggerisce Roger-Pol Droit – le regole assurde, i tempi di attesa e i motivi di eccitazione che vi sfuggono completamente». L’esperimento consiste nell’entrare dapprima in quel mondo del gioco infantile lasciando il più possibile da parte l’universo dell’adulto. Più complesso è provare a scrivere in bella grafia. Penna e foglio diventano altro rispetto alla routine, lo sforzo potrebbe essere particolarmente pesante. Ma si chiude in trenta minuti e l’effetto viene indicato come il raccoglimento. 

GLI ANGOLI
Esercizio dopo esercizio si scoprono mille angoli nascosti di noi, si illuminano le ombre, si oscurano quei pezzi di noi che credevamo intoccabili e ben solidi. L’avventura può iniziare, esercizio dopo esercizio. Magari con un diario accanto per annotare come si sta, che cosa si prova e che cosa si è scoperto. Certo, è richiesto un po’ di coraggio. E anche tanta ironia. Lo scopo di questo gioco diviso 101 esercizi di fitness filosofico è, comunque, molto semplice. «Dove volete arrivare?», domanda il filosofo. «Dove voi stessi arriverete!» risponde.