ItaliaOggi, 10 marzo 2020
Periscopio
Non si diventa numeri Uno applicando il Vangelo. L’amore, quelli di Netflix, lo riservano tutto per i «creatori», come qui chiamano gli autori. Riccardo Staglianò. il Venerdì.
Penso alla morte quanto basta. Sarà un passaggio di foglie portate via dal vento, e poi più niente. Bruno Segre, 101 anni, avvocato di Torino, nessuna parentela con Liliana Segre (Maurizio Crosetti). il Venerdì.
Una volta Fellini mi disse: «È la curiosità che ti fa svegliare la mattina». Vincenzo Mollica (Concetto Vecchio). il Venerdì.
Milano è bella, molto libera, effervescentemente multietnica. Mi manca una sola cosa: il mare. Cresciuta a Marina di Pietrasanta è difficile dimenticare l’odore salmastro. Francesca Piccinini, campionessa di volley. (Gabriella Mancini). Corsera.
A Cortina d’Ampezzo è nata la più antica scuola d’Italia, lo Sci Club Cortina, che tra lezioni da 55 euro all’ora e 52 di skipass fa sembrare a buon mercato la psicoterapia. Riccardo Stiglianò, il Venerdì.
Renzi si è giocato un credito enorme nel peggiore dei modi. Il riformismo italiano era nelle sue mani, lo ha lasciato cadere per terra, ora lui stesso non è che un coccio tra i tanti. Michele Serra. il Venerdì.
Ale oh oh. Ale Dibba, al secolo Alessandro Di Battista, sta tornando. Esce dalla favola e torna alla realtà, all’Italia virale e segregata dei nostri giorni. Se ne parla ormai da svariati giorni, probabilmente torna a piedi, a cavacece o sulla gobba di un cammello, come i Re Magi, visto che si è messo in cammino da tempo immemorabile prima di tornare alla meta. Ha attraversato i luoghi caldi del pianeta: dopo il Sudamerica, passò in Iran, attraversò la Turchia, forse la Libia e magari la Siria, non foss’altro che per farsi folgorare a Damasco come un suo antico predecessore. Gli manca la Cina, ma sarà per un’altra volta. Marcello Veneziani, Panorama.
Che fine ha fatto Roberto Maroni? «Dovrebbe chiederlo a Bossi, secondo il quale era il leghista dal quoziente d’intelligenza più alto. Talmente alto che ha mollato la Regione Lombardia pensando di essere il jolly del nuovo governo e invece il furbo Salvini lo ha fregato, alleandosi con Di Maio. È l’uomo degli americani. Accompagnai io Maroni e Bossi in un hotel di via del Corso a Roma dove incontrarono Vincenzo Parisi, capo della Polizia, ed Enzo De Chiara, emissario della Cia». Franco Rocchetta ex leader della Lega (Stefano Lorenzetto). Corsera.
Chi se ne infischia se il coronavirus si porta via un ultrasettantenne poiché, a quell’età, di qualcosa bisogna pur morire. Per tacere dei bei risparmi che ne ricaveranno le casse pensionistiche. Insomma, quei geni dei virologi, tranquillizzando gli italiani con l’argomento che il Covid-19 ammazza solo i vecchi, hanno ridotto a zero il valore di noi agée. Cari coetanei, prendiamola con filosofia. Ma vi invito alla rivincita raccontandovi del filosofo che combatté la vecchiaia con uno stile di vita che la prolungò oltremodo. È il celebre prussiano, Immanuel Kant. Visse 80 anni nel XVIII secolo che valgono i 100 dei nostri giorni. Imitiamolo, fratelli, e zittiamo i funebri epidemiologi. Giancarlo Perna. la Verità.
«La prima vittima della guerra è la verità». Teniamoci sempre a mente questa massima di Eschilo quando pensiamo alla guerra che si sta combattendo in queste ore per arginare il coronavirus. Perché di guerra si tratta: non inganni il fatto che il nemico è invisibile, dentro di noi e non dall’altra parte del fronte. L’epidemia che in una decina di giorni ha cambiato per sempre le nostre abitudini, come tutte le epidemie si porta dietro un alone tossico di balle, di disinformazione, di eccessivi allarmismi o di sciocche sottovalutazioni. Maurizio Pilotti, Libertà.
Il populismo è nato dall’indebolimento del sistema democratico. Venuti meno i corpi intermedi (partiti, sindacati, associazioni, istituzioni civili e perfino ecclesiastiche) la domanda democratica è come impazzita. Quando cadde il Muro e a seguire ci fu il crollo del comunismo sovietico, ci fu chi decretò la fine della storia. Fu una pretesa sciocca, un’illusione pensare che avendo vinto il mercato, era finita la storia come conflitto. La crisi dei sistemi di rappresentanza nasce in quel momento, sul finire degli anni Ottanta, e si è acuita con l’aggravarsi della situazione economica. Il punto è che non abbiamo trovato con cosa sostituire gli effetti di quella crisi. Salvo ricorrere alla mitologia del popolo. Yves Mèny, scienziato della politica (Antonio Gnoli). la Repubblica.
Com’erano i cantieri in Africa? Affascinanti e grandiosi. Città temporanee da migliaia di abitanti. Ferraioli veneti, carpentieri piemontesi, e molti operai del posto, che chiamavano i figli con nomi immaginifici, tipo Caterpillar e Signorgeometra. Lavoro duro, fatto con il gusto di costruire, di lasciare qualcosa dietro di sé, di fare della Libia, del Sudan, dell’Etiopia un posto migliore. Marida Recchi, 102 anni (Aldo Cazzullo). Corsera.
Ora, al culmine dell’irrilevanza, non si starà qui a ricordare che Berlusconi, il Principale, disse una volta, testualmente: «Quel diavolo di Signorini»; né si pretende di dimostrare alcunché rendendo noto, come da folli ricerche del tenutario di questa rubrichina, che le luci della casa del GF, comprese quelle del «Castigatoio» per piccole penitenze, sono fornite da un’azienda che si chiama «Lucifero». Filippo Ceccarelli, il Venerdì.
Nell’ultimo ottobre prima che arrivassero gli anni 80, il calcio vive a Roma quella che sarebbe stata definita come la fine della sua innocenza. L’Italia scopre che allo stadio si può morire mentre si aspetta di vedere la partita, seduti su un gradino con i mandarini, il pane e la frittata, come succede al povero Vincenzo Paparelli, raggiunto da un razzo assassino partito dalla curva opposta. È la domenica che per Bonvissuto e per l’ex ragazzino narratore di questo memoir taglia la città in due. Non si può dire che la spacchi perché gli anni 70 avevano già lasciato parecchi morti per le strade per via della politica, i rossi e i neri, ma divide la maniera di vivere la gioia e il dolore causato dal tifo, lacera il tessuto sociale, distingue i quartieri della Roma da quelli della Lazio: all’improvviso sono evidenti, cominci a farci caso, «c’è strada e strada». Sandro Bonvissuto, scrittore (Angelo Carotenuto), il Venerdì.
«Djovkhar! Diovhkar!». Lo chiamo. Lo afferro sotto le ascelle, lo scuoto, lo accarezzo, lo abbraccio, me lo stringo al petto. Il suo corpo si affloscia lentamente come un bambola di pezza e i miei tentativi non servono a nulla. È morto. Piera Graffer, Caucaso. Logisma, 2000.
Annamaria Bernini: la scavalcata della walchiria. Roberto Gervaso. il Giornale.