Polmonite interstiziale. È lei l’imputata che i medici cercano di sconfiggere utilizzando i pochi strumenti disponibili e sperimentando nuovi protocolli, peraltro ancora non validati, per vincere la battaglia finale contro Covid- 19. Il virus che parte dalle prime vie aeree e man mano scende sempre più giù. Subdolamente, si insinua nella parte più profonda dei polmoni. Il professor Gennaro D’Amato ha diretto per oltre 30 anni la Pneumologia del Cardarelli di Napoli e oggi presiede la Commissione Ambiente e salute respiratoria della World allergy organisation .
Di polmoniti ce ne sono diverse, virali e batteriche. Questa del Covid è virale. Perché è così insidiosa?
«Questo coronavirus penetra nell’interstizio polmonare. Si tratta del tessuto che riveste gli alveoli che costituiscono le unità del nostro apparato respiratorio. Sono fondamentali per la respirazione, garantendo l’ossigenazione del sangue e l’eliminazione dell’anidroide carbonica».
Che cosa fa Covid?
«Si infila nelle cellule degli interstizi, infiammandole. Così si scatena un processo che, a sua volta, favorisce lo sviluppo di un essudato, cioè di un liquido che è un mix di fibrina e di cellule infiammatorie, a partire dai linfociti e dai fibroblasti».
L’essudato comprime gli alveoli?
«In un certo senso è così. L’essudato si organizza, fa aumentare lo spessore degli interstizi e di conseguenza rende difficoltosi gli scambi gassosi. Si determina una cascata di eventi caratterizzata da una riduzione di ossigeno nei polmoni e nel sangue attraverso il blocco alveolo-capillare.
Praticamente l’ossigeno ha difficoltà a passare nel sangue dall’aria inalata, come se davanti si trovasse un muro. Poi, in successione, l’anidride carbonica tende ad aumentare nel sangue. Si crea così un’insufficienza respiratoria duplice: ipossiemica e ipercapnica».
Ce lo può tradurre in termini più semplici?
«L’ipossiemia spiega la carenza di ossigeno, l’ipercapnia esprime
l’incremento di anidride carbonica» .
Accade spesso nelle polmoniti virali, ma in quella da Covid talvolta uccide.
«È vero, perché oltre al meccanismo illustrato, induce Ards ( Adult respiratory distress syndrome ), complicanza più conosciuta come distress respiratorio. Di fatto, l’aggressione non si ferma agli spazi interstiziali ma, invadendo gli alveoli, compromette ulteriormente la loro capacità di assimilare ossigeno dall’aria inspirata e di veicolarla nel sangue».
È il momento più critico ?
«Sicuramente, perché l’unica terapia rimane quella ventilatoria. Ma non sempre è sufficiente perché il muro dell’infiammazione si rivela invalicabile. Purtroppo, in questa condizione l’unica possibilità rimane l’intubazione che permette di ventilare meccanicamnete i polmoni compromessi. Il guaio è che in Italia, se l’epidemia corre con questi numeri, sarebbe difficile garantire a tutti un’adeguata assistenza in Rianimazione. Come ultima chance c’è l’Ecmo ( extracorporeal membrane Oxygenation ), cioè l’ossigenazione extracorporea a membrana: il sangue defluisce in un apparecchio attraverso il quale è ossigenato e ridotto dell’anidroide carbonica in eccesso, mentre la gittata cardiaca aumenta ».
Si stanno provando nuovi protocolli, per esempio un farmaco contro l’artrite reumatoide, il Tociluzumab (vedi pagina accanto).
«Sembra promettente perché agirebbe riducendo la produzione di fibrina e quindi migliorando la funzionalità degli alveoli».