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 2020  marzo 10 Martedì calendario

I 50 anni di “Atom Heart Mother” dei Pink Floyd

È il 1970, la sovraesposizione mediatica non è stata ancora inventata, il rock è giovane, i musicisti lavorano, scrivono, registrano, pubblicano. I Pink Floyd, per esempio, hanno chiuso il 1969 con Ummagumma, il primo album senza Syd Barrett, quello che dalla psichedelia li sposta verso il prog, o progressive. Poi hanno lavorato alla colonna sonora di Zabriskie Point per Michelangelo Antonioni, un’esperienza negativa che hanno già superato. A marzo 1970, 50 anni fa, consegnano a Ron Geesin, uno strambo compositore autodidatta che ha già lavorato con Roger Waters, il nastro di un lungo brano strumentale che hanno registrato negli studi di Abbey Road. L’idea risale a gennaio, l’ha avuta David Gilmour, il chitarrista che dal 1968 ha sostituito il sempre più incostante e inaffidabile Syd Barrett. Gilmour ha chiamato la composizione in otto brevi sezioni The Amazing Pudding, il budino meraviglioso. Geesin, che è quanto più vicino possa esserci a un musicista classico, senza esserlo, ha il compito di rendere più solido il budino.
Il nastro che lui riceve dagli studi di Abbey Road, a dire il vero, porta un altro titolo, meno divertente: Untitled Epic, Epica senza titolo. Il tono - gli dicono Waters e Mason, i suoi amici all’interno della band - ha da essere quello, epico, come se fosse la colonna sonora di un western classico, stile I magnifici sette. Siamo oltre il rock come lo si intendeva allora: per la durata, 23 minuti circa, per le sonorità, dall’elettronica all’orchestra, per la struttura libera, per le ambizioni. Siamo in un territorio sconosciuto. Geesin mette giù sullo spartito ciò che sta sul nastro, allunga alcune sezioni della suite, sopprime alcuni vocalizzi, scrive una melodia. Poi, anche perché glielo impongono i limiti di budget, di tempo e di cultura musicale classica, chiede aiuto a una sezione di ottoni di dieci elementi, un coro di venti e un violoncello. 
I Pink Floyd, il compositore, gli strumentisti e i coristi, i tecnici di Abbey Road, tutti stanno imparando a fare qualcosa di nuovo, facendolo. Geesin prova a dirigere gli strumentisti ma non ce la fa, lo sostituisce il direttore del coro. Sono tutti inglesi nati durante la guerra o subito dopo, vogliono esprimersi in modo nuovo, uscire dagli schemi e dal «s’è sempre fatto così». Finiranno per uscire perfino dallo schema del rock: il gruppo sta sullo sfondo, gli ottoni sviluppano il tema principale, non c’è testo, si usano anche suoni e frasi casuali, pronunciate in studio. 
Non stupisce che i Pink Floyd in seguito abbiano espresso per lo più opinioni negative su questo lavoro. Per Gilmour l’album è «spazzatura»; Waters nell’84 ha giurato che non lo suonerebbe dal vivo neppure per un milione di sterline. Proporre l’Epica senza titolo dal vivo non fu mai facile, anche se le band ci provò, perfino prima che uscisse il disco. In una occasione, la radio BBC chiese di avere un titolo, Waters lo trovò sul giornale, l’Evening Standard del 16 luglio 1970, a pagina 9: «Ha un nome la mamma con il cuore atomico». Proprio quel giorno si era saputo chi era la prima britannica con un cuore artificiale di nuova concezione, Constance Ladell, 56 anni. Il disco, come la composizione, si sarebbe intitolato Atom Heart Mother, la mamma dal cuore atomico.
Nel vinile, Atom Heart Mother copre l’intero primo lato dell’album. Sul secondo ci sono brani di Roger Waters, Rick Wright e David Gilmour, più un’altra mini-suite di 12 minuti nata da un’idea di Nick Mason. Sulla copertina non v’era traccia del titolo né il nome della band, solo la foto di una mucca frisona. Il significato, se c’è, ciascuno lo deve trovare per sé. Per questo, Atom Heart Mother è entrato nella storia del rock, la sua suite viene suonata nelle sale da concerto (nel 2008, a Londra, anche da David Gilmour): è lo spettacolo di un gruppo di persone che prova a fare qualcosa che non sa fare e che forse non sa nemmeno bene cos’è.