La Stampa, 10 marzo 2020
Il testamento delle sardine
«Non ci ricordiamo di elezioni vissute da cittadini "protagonisti". A questa consapevolezza segue un’immediata voglia di reagire». Così, da una presa di coscienza nel cucinotto della casa condivisa a Bologna, mangiando fusilli al pomodoro sulla tovaglia «intrisa di chiacchiere, dibattiti, sogni e paure», nasce ai primi di novembre l’idea del flash mob destinato a inaugurare una breve, intensa stagione nella politica italiana. «Una sorta di gioco», scrivono nel libro in uscita oggi per Einaudi "Le Sardine non esistono" i quattro fondatori bolognesi, Andrea Garreffa, Roberto Morotti, Mattia Santori e Giulia Trappoloni, ricordando la genesi della loro prima, trionfale manifestazione, il 14 novembre, in piazza Maggiore a Bologna. Animati dal desiderio di dare una risposta «al populismo e alla retorica dell’odio», travolti da una partecipazione sorprendente, nel giro di una notte si trovano sbalzati dalla quotidianità di quattro trentenni «come tanti in Italia» a essere raccontati come possibile alternativa alla Lega di Matteo Salvini.
Fino al 26 gennaio e al voto in Emilia-Romagna. Qui si ferma il libro: sì e no un mese e mezzo fa, cristallizza una realtà che sembra di un’altra era geologica. Pagine scritte nel pieno di un’avventura inedita approdano in libreria quando tutto è già cambiato. Resta valido il richiamo a una politica senza odio e insulti, ma l’emergenza coronavirus sembra aver (momentaneamente?) spazzato via gli eccessi di certa dialettica politica. Resta importante l’invito alla partecipazione, eppure - ironia amara della sorte - oggi l’invenzione delle sardine, strette nelle piazze, sarebbe da rinviare a tempi più salubri. Dopo le elezioni in Emilia hanno promesso un tempo di riflessione: doveva essere fino all’incontro nazionale di Scampia, annullato causa virus. Da allora, da quella scommessa vinta da piccoli Davide contro il Golia Salvini, non hanno più saputo crescere. Tra qualche gaffe e alcune liti interne, sono riusciti a rimanere nel panorama della politica solo sullo sfondo e non più al centro della foto. «Quando - e soprattutto se - avremo finalmente una struttura e capiremo che cosa vogliamo fare da grandi - scrivono - quello sarà il momento in cui ci presenteremo davanti ai giornalisti e alla politica, e stavolta con un progetto preciso in mano». Quel momento non è ancora arrivato. Il "racconto dei fondatori", come da sottotitolo del libro, poteva essere un manifesto, rischia di diventare un testamento.