Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2020  marzo 08 Domenica calendario

Stroncatura di “Prima di noi” di Giorgio Fontana

Maurizio Sartori, disertore della Grande guerra, mette incinta la contadina che l’ha salvato e la sposa obtorto collo. Se ne vanno a Udine. Lui sempre più depresso («E in mona anca mi» è il saluto che si rivolge la mattina allo specchio mentre si rade). Lei fa la cameriera in una famiglia aristocratica con rampolla viziatissima e perfida (simpaticissima a confronto dei Sartori). I figli subiscono episodi di bullismo (del luogocomunismo oggi imperante questo libro aspira a essere la Bibbia) e hanno dialoghi indimenticabili: «“Allora mandi”, disse Francesco Martinis. “Mandi, ragazzi”. “Mandi, mandi”». Uno dei Sartori junior sogna di diventare da grande poeta (o, in sottordine, Buzzati). Suo fratello, operaio a Sesto San Giovanni, in Lombardia, finirà a letto con una giornalista de «l’Unità» molto snob (non è Buzzati, però...). Sono tutti infelici a vita, scontenti di sé stessi e del mondo. Secondo me è un fatto genetico (con quel padre). Per Giorgio Fontana, autore di Prima di noi (quasi novecento pagine), è invece colpa della società. Siamo arrivati (eroicamente) agli anni Sessanta. Seguono i Settanta: potevano gli eredi Sartori & Co. perdersi le lotte (anche continue) del periodo? Un Primo Maggio sconfinano addirittura in Lunigiana: «Avevano marciato insieme sotto una grande bandiera rossa e nera con una A cerchiata nell’angolo, cantando; e a pranzo, davanti ai tegami di testaroli col pesto e alle damigiane di vino rosso, Eloisa era stata felice». Anche sessualmente non si fanno mancare niente: «Sandra la cinse da dietro e le baciò il collo. Diana fremette e sorrise». Si giunge stancamente, scontatamente (sembra il sussidiario delle elementari delle sfighe) fino al 2012. Dicono che questo libro è il Grande Romanzo Italiano. Direi che non è nemmeno il Grande Romanzo Friulano. Ha il difetto (oggi dilagante) peggiore di tutti: la spocchia dell’umiltà. Mandi, mandi.