La Stampa, 8 marzo 2020
Guardare oltre l’emergenza
La creazione nel cuore dell’Italia del Nord di una zona rossa che include Lombardia e 11 altre province è una decisione drammatica con cui il governo Conte tenta di arginare il contagio del coronavirus impedendone la diffusione nel resto del Paese. La scelta è stata presa al termine di una giornata che ha visto il numero di contagi e di vittime continuare a salire, portando gli esperti dell’Istituto superiore della Sanità a dedurre che il picco del contagio ancora non è stato raggiunto. A ciò bisogna aggiungere che in Lombardia, la regione che registra più casi, le strutture sanitarie sono in sofferenza per la carenza di letti per la terapia intensiva per i pazienti in condizioni più critiche.
Insomma, la crisi del coronavirus è in pieno svolgimento nel nostro Paese, innescando un domino globale di forte emotività, ma proprio in ragione di tale situazione di emergenza bisogna riuscire a guardare oltre tali difficoltà e chiedersi da dove ripartire quando le "zone rosse" saranno alle nostre spalle.
La prima necessità ha a che vedere con l’importanza della scienza. Poiché ci troviamo davanti al primo esempio di pandemia che si trasforma in minaccia alla sicurezza nazionale - a causa dell’impatto su istituzioni, infrastrutture civili e servizi pubblici - ciò significa che gli investimenti nella ricerca, nella medicina e più in generale nella scienza costituiscono una priorità per qualsiasi democrazia avanzata.
Quando Anthony Fauci, direttore dell’Istituto nazionale delle malattie infettive negli Stati Uniti, spiega che il coronavirus è simile a una forte influenza con un basso tasso di mortalità ma diventa un pericolo collettivo perché le strutture sanitarie hanno carenza di letti e personale per garantire terapie intensive a soggetti contagiati, fa capire che c’è un vulnus specifico di risorse a cui far fronte. Si è creato perché la pianificazione è stata miope. Il punto è che potrebbero esservene altri: da qui la necessità di riesaminare radicalmente gli investimenti per la Salute al fine di garantire il diritto più basilare riconosciuto ad ogni singolo cittadino. Ovvero, i servizi sanitari devono essere ripensati e ridisegnati partendo dalla necessità di proteggere gli individui non solo da minacce tradizionali ma anche da pericoli di nuova generazione. Ciò significa anche innovare la macchina del Sapere: scuole ed atenei sono chiamate a declinare la "medicina" adattandola ai rischi del nuovo secolo, per poter contare su una generazione di dottori, infermieri e specialisti capaci di coniugare il giuramento di Ippocrate con i profondi cambiamenti in atto.
La seconda necessità che avremo quando la fase dell’attuale emergenza sarà superata avrà a che fare con i pesanti danni causati dal coronavirus al ceto medio già afflitto dalla piaga delle diseguaglianze. Settori come le manifatture, il turismo e i trasporti avranno bisogno di un "New Deal" basato su un patto sociale fra governi e privati al fine di risollevare la crescita da un abisso paragonabile a quelli dovuti a grandi conflitti armati. Ed anche qui il "New Deal" potrà avere successo se pensato, realizzato e declinato per andare incontro ai bisogni delle nuove generazioni, guardando avanti e non indietro.
Ma c’è anche una terza necessità, che è il bisogno per ognuno di noi di ripensare comportamenti e abitudini al fine di adattarsi alle nuove minacce - incluse le pandemie - facendo prevalere l’importanza del valore della vita. Chi è sopravvissuto alle tragedie più grandi del Novecento ci ha insegnato che "la vita è più forte" di ogni ostacolo e difficoltà. Ma per prevalere la vita ha bisogno di un fattore indispensabile: la forza di volontà che ognuno di noi può, e deve, trovare dentro se stesso proprio come hanno fatto nei secoli passati generazioni di pionieri in più Continenti. Salutare una persona senza stringergli la mano, limitare viaggi e spostamenti, fare più attenzione a cosa si mangia, dedicare più tempo all’igiene personale sono aggiustamenti divenuti improvvisamente necessari, destinati a farci riflettere di più sulle nostre azioni quotidiane. Possono apparire compromessi difficile da accettare ma se li guardiamo con la lente della Storia assomigliano a una delle molte trasformazioni che hanno reso l’umanità più forte, resistente. Dobbiamo dunque chiederci se, superando questa sfida, possiamo uscirne più adatti ad affrontare le intemperie del secolo globale che è prepotentemente entrato nelle nostre case. Ogni epoca impone ai singoli di adattarsi alle nuove sfide e il coronavirus ci dice che ora investono la salute come dimensione della sicurezza collettiva. Ma le risposte sono a portata di mano. A patto di trovare dentro di noi il coraggio di adattare la nostra vita - e le nostre conoscenze - agli ostacoli che abbiamo davanti.