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 2020  marzo 08 Domenica calendario

Intervista a Lidia Bastianich

Quando lo chiama Giuseppe, il figlio la corregge: «Joe, mamma». «Per me sei Giuseppe» risponde Lidia Bastianich, 73 anni, e si capisce che anche se sorride, è meglio non contraddirla. Regina della cucina, imprenditrice, star della tv americana, è giudice, insieme al figlio e a Antonino Cannavacciuolo del nuovo cooking show Family food fight, da giovedì su Sky Uno, in cui si sfidano ai fornelli le famiglie con le loro tradizioni. Un meraviglioso giro d’Italia con le Benziadi (Algeria-Sicilia, tutte donne), i De Florio, la “modern family”, asse Rimini-Milano, con Christian e Carlo, sposati; la famiglia Lucini di Nettuno (Roma), gli irresistibili Magistà di Conversano (Bari) che friggerebbero anche la tovaglia; nella famiglia Raviele di Piedimonte Matese (Caserta) l’uomo di casa è addetto a tagliare e sbucciare. A casa Scainelli (Bergamo) comanda la signora Carla.

Lidia, per la prima volta è giudice con Joe: come funziona?
«Portiamo in tv una relazione genuina, il rapporto madre-figlio fatto di infinito amore e in parte di affari. Joe è creativo, sono anche il suo consigliere e la prima a criticarlo.
Ma è legatissimo alla famiglia, viene sempre a trovare la nonna».
Però lo richiama all’ordine.
«Lo chiamo Giuseppe quando lo riporto coi piedi per terra. È intelligente e ha un cuore d’oro. Non sempre emerge dai suoi modi».
Anche Cannavacciuolo sembra uno di famiglia, come mai?
«Lo adoro. È un cuoco geniale e esprime un grande calore umano. In Campania ti includono, stavolta lo accogliamo noi».
Lo show esplora le famiglie italiane: come le sono sembrate?
«Interessantissime. Vivendo in America mi chiedo sempre come sono cambiate e come si comportano a tavola. Mi ha fatto piacere conoscere la modern family splendida, con i due papà. È bello vedere che anche l’Italia è aperta.
Conta solo l’amore».
In cosa si sente italiana e in cosa
americana?
«Sono venuta in America che avevo dodici anni, ho frequentato le scuole qui ma torno sempre in Italia. A tavola si risolve tutto, dovrebbero fare la diplomazia del cibo. Mia madre ha 99 anni e parliamo ancora in dialetto, il business è la mia parte americana. Non dimentico di essere arrivata come profuga, non conoscevamo nessuno. Nel nostro appartamentino ci hanno riempito il frigo: quando ricevi devi anche dare».
Quando è nata la sua passione per la cucina?
«A dieci anni. Vengo dall’Istria, che era sotto il regime comunista, e siamo scappati a Trieste. Mia nonna provvedeva al cibo. Mamma, che era era maestra, aveva affidato a lei me e mio fratello. Mungevo le capre, prendevo le uova, la aiutavo.
Raccoglievo piselli e patate, ricordo i cespugli di rosmarino infiniti dove ci nascondevamo; quel profumo è rimasto con me. Nel campo profughi non sapevo che non sarei più tornata e non avrei più riabbracciato mia nonna. Quando l’ho capito le ricette sono diventate il filo che mi legava a lei e al passato. Ho cominciato a cucinare le sue frittate».
È diventata uno dei personaggi più popolari della tv americana. Ha cucinato per Ratzinger e papa Francesco, per Sophia Loren: mai un po’ di ansia da prestazione?
«Mi sono sentita orgogliosa, ho cucinato per loro come per la mia famiglia. Ho studiato la vita di papa Ratzinger, certi piatti ricordano la tradizione friulana: crauti, gulasch, strudel. Papa Francesco ha origini piemontesi, gli ho fatto un brodo di cappone con gli agnolini, lo stesso dei miei figli. Adoro Sophia Loren, da bambina la vedevo sullo schermo: rappresentava quello che una donna italiana dovrebbe essere. Esprimeva una tale forza, avrei voluto essere come lei. Le ho dedicato un risotto».
Perché spesso i grandi chef sono uomini?
«Hanno preso una professione delle donne e hanno sistemato tutto: capo, sottocapo, perché tengono al potere.
Alle cuoche che mi vedono come una donna di successo dico: non badate al sesso ma guardatevi come professioniste. Istruitevi e non pensate come gli uomini, ce la farete.
Certo, è faticoso se hai famiglia. Devi organizzarti, ma lo sappiamo fare».