Robinson, 7 marzo 2020
Il giovane Freud in una serie Netflix
In una Vienna fin de siècle – miseria e sangue nelle strade scure, intrighi politici, performance e magia nei salotti nobili – si muove Sigmund Freud, giovane e ambizioso medico pronto a tutto per trovare il proprio posto nella società. Disposto a inscenare una seduta di ipnosi per abbattere lo scetticismo della comunità scientifica, dipendente dalla cocaina, lacerato tra due donne e tra ragione e istinto, a caccia di un serial killer. Sono molti gli ingredienti di Freud, serie in otto episodi disponibile su Netflix dal 23 marzo, presentata in anteprima all’ultima Berlinale. La serie è girata in tedesco da Marvin Kren, ideata da Benjamin Hessler e Stefan Brunner che spiegano, all’incontro nel raffinato Hotel De Rome: «Non si tratta di una biografia, piuttosto un mystery che, puntata dopo puntata, si arricchisce di sfumature più complesse». Il giovane Sigmund, l’affascinante Robert Finster ( che somiglia per genialità deduttiva e personalità disturbata allo Sherlock di Benedict Cumberbatch), si ritrova a indagare su una serie di efferati delitti, affiancato dall’ispettore di polizia Alfred Kiss (Georg Freidrich), un veterano perseguitato dai ricordi di guerra e una tormentata sensitiva, Fleur Salomè (Ella Rumpf).
Racconta Hessler: «Siamo partiti dalla figura di Freud, una delle più interessanti a cavallo tra Ottocento e Novecento, con il suo lavoro sull’inconscio. Abbiamo iniziato dalle sue stesse parole: “l’io non è padrone in casa propria”, è questa la premessa dello show. Ma l’idea non era raccontare il padre della psicoanalisi, ma concentrarci su un Freud non ancora famoso, appena arrivato da Parigi, dove aveva imparato l’ipnosi con Jean- Martin Charcot e pensava di aver trovato una chiave per curare l’isteria. Un giovane medico ebreo ambizioso in modo patologico alla ricerca disperata del successo. Convinto di sé e delle sue teorie fino alla spregiudicatezza». Aggiunge Brunner: «Ci siamo documentati, ma di quel periodo della vita di Freud si sa poco perché ha distrutto dieci anni di lettere e registrazioni, “per rendere difficile la vita ai suoi biografi”, diceva, come pure sapeva che ci sarebbe stata una targa sul suo portone a ricordare “qui è vissuto Freud”. Anche da questo si capisce che era convinto che i biografi se ne sarebbero occupati. La cosa intrigante è che ci è riuscito: ha creato il mito di se stesso».
Ci si chiede quanto, a parte le investigazioni, ci sia di reale. Hessler: «La sua lotta professionale, la famiglia complicata e i problemi economici li abbiamo raccontati in modo molto realistico, altre cose che si scopriranno durante la serie non sono realistiche ma possibili. La sua psicoanalisi, l’io e il super io sono anche figli delle esperienze di un genio travagliato, consumato dalla cocaina, che ha sperimentato tutti gli aspetti dell’umanità».
La serie è stata girata a Praga, ma restituisce una Vienna oscura e spettrale, strade, vicoli e canali ricordano certe atmosfere di Penny Dreadful o La vera storia di Jack Lo Squartatore – From Hell. A contrasto sono scintillanti e sfarzosi i salotti dell’alta società opulente, in cui abitava un fermento capace di abbracciare campi apparentemente lontani, mescolando arte, medicina, teatro, poesie, psicoanalisi. Anche se, sullo sfondo, crescevano l’antisemitismo e le tensioni tra Austria e Ungheria.Tra le scene più interessanti della serie, ecco nobili e intellettuali impegnati in larghe sedute spiritiche o divertirsi come bambini davanti a un tableau vivant: «Era un periodo storico straordinariamente interessante», racconta Brunner, «colpisce quanto la magia e il sovrannaturale fossero frequentati. La scena del tableau vivant non è inventato: molti ricchi facevano ricreare queste pitture animate, per far parte di una forma d’arte vivente sì ma anche, forse, per ritrovarsi nudi insieme. Abbiamo deciso di non spiegarlo ma solo mostrarlo. Non volevamo essere due narratori contemporanei che spiegano un altro secolo, ma piazzare la macchina da presa dentro quel mondo». Nessuna ispirazione cinematografica del passato, piuttosto «la volontà di raggiungere un pubblico giovane e moderno». Perfetta la scelta degli attori. Brunner: «Siamo stato folgorati dal provino di Finster: ha subito compreso, come nessun altro, di non dover incarnare il Freud monumentale, ma un giovane uomo inconsapevole di ciò che sarebbe diventato». Per l’interprete la sfida, scherza, «è stata non doversi radere la barba per un anno. Ho una compulsione al cambiamento, non mi piace restare nella stessa immagine per un tempo lungo». Il parlare antiquato l’ha costruito riguardando vecchi film tedeschi: «Non sono mai stato uno sportivo ma un gran divoratore di pellicole in bianco e nero». Molte scene della serie sono allucinazioni, viaggi nell’inconscio, sedute di ipnosi, che si accompagnano a immagini forti e atmosfere sensuali. Sia Finster che Ella Rumpf hanno fatto grandi ricerche e si sono sottoposti a sedute di psicoanalisi: «Non mi sono sentita mai fuori controllo», spiega l’attrice, «ma molto rilassata, pronta a esplorare più profondamente l’inconscio del mio personaggio. Sono andata in antiche librerie di Vienna, ho trovato volumi in cui i sensitivi raccontavano le loro esperienze. Percepivo spesso il dolore e la grande solitudine di queste persone. Ho compreso le pressioni psicologiche che la società patriarcale imponeva a queste donne, oggi sappiamo che erano reazioni del corpo a un trauma, mentre allora venivano catalogati come sintomi di isteria».