Che oggi, finalmente, appare molto felice: «Ho appena messo in piedi questo studio a Trastevere, vicino a casa mia e sono sempre qui, tutti i giorni, tutto il giorno!».
Perché hai scritto un libro, “Vivere la musica”?
«Perché spero che sia utile. Per chi vuole accostarsi alla musica ma anche ai genitori che hanno un figlio di vent’anni che vuole fare il musicista. Infatti mi ha dato una mano anche mia madre che ha passato la vita a scrivere sulla matematica. Tu l’hai conosciuta vero? La matematica ha molto in comune con la musica».
Nel libro fai un elogio dell’imperfezione. Dici tra l’altro che probabilmente Bob Dylan non avrebbe mai vinto X Factor.
«Più che altro non sarebbe mai stato preso. Ma vale anche nel mio caso: io non faccio musica perfetta né tecnicamente né per quello che dico ma se la gente viene a vedermi forse ci trova altro. Io non voglio giudicare i talent ma spesso sono impostati verso la ricerca della perfezione tecnica e questo per me va a scapito dell’unicità. Poi capisco le necessità del mezzo tecnico, la televisione, che forse porta necessariamente in quella direzione».
Uno dei motivi per cui fai musica, racconti, è Edoardo Bennato.
«Sì, il primo disco che ho comperato è stato Sono solo canzonette e il primo concerto della mia vita è stato il suo a Pontedera, avrò avuto otto anni e ho costretto mio padre a portarmici. Bennato è l’unico che c’è sempre stato: da piccolo ero affascinato da queste sue favole. Secondo me di lui si parla troppo poco: se non sbaglio è stato il primo in Italia a riempire San Siro e ha scritto alcune delle canzoni più belle in assoluto».
Poi racconti che a 15 anni a scuola andavi malissimo...
«Sì, tranne che in matematica.
Ricordo che agli esami di maturità tutti gli insegnanti si sono alzati dicendomi “Ora puoi andare a prendere le corde della chitarra”. Non avevo capito se ero promosso o bocciato. Alla fine sono passato con il minimo».
Però hai dimostrato che la passione è più forte di tutto.
«Non c’è stato un solo giorno in quel periodo in cui io non passassi ore a suonare. Aver trovato due spiriti affini mi ha salvato: con i Criminal Jokers non ero più l’unico pazzo inadatto alla vita nella società ma eravamo in tre!».
Quali sono stati i momenti fondamentali della tua carriera?
«Il primo, una settimana che ho passato in casa perché avevo la febbre. Mi sono messo veramente a suonare di tutto riscoprendo una passione. Il secondo quando abbiamo messo in piedi la band e il terzo quando invece ci siamo sciolti e mi sono trovato da solo: il periodo peggiore della mia vita ha finito per diventare il più importante perché ha poi portato al successo del primo disco. Poi c’è stato un altro periodo di merda: dopo l’ultimo concerto del tour ho sentito un grande senso di vuoto. Non avrei voluto smettere mai...».
Beh però anche il secondo disco è andato molto bene. E poi hai conosciuto tua moglie.
Come è successo? È venuta a un tuo concerto?
«Carolina (Crescentini, ndr) l’ho conosciuta quando sono stato pronto a voler star bene e no, per fortuna non è venuta a vedermi, anzi all’inizio non è che gliene fregasse poi molto della musica che facevo. Ci siamo conosciuti in radio e abbiamo iniziato a vederci. A un mio concerto c’è venuta solamente quando stavamo insieme ed è stato un bene: ha conosciuto prima i difetti».
Che tipo di musica ascolta lei?
«La cosa che ci mette d’accordo sono i Radiohead».
Stai lavorando al prossimo disco?
«Sì, molto. Al momento ho quindici abbozzi di canzoni ma non so cosa entrerà nel disco. Ho voglia di sperimentare cose nuove, tanto che ho intenzione di affidare una parte della produzione a Mauro Refosco che non è solo un percussionista ma anche uno dei musicisti più bravi con cui ho suonato, uno che ha lavorato con David Byrne e i Red Hot Chili Peppers. E poi ci sarà anche Taketo Gohara con cui ho già lavorato in passato».
Il tuo babbo fa ancora raccolta di cose strane?
«Ora è pure in pensione per cui ti puoi immaginare».
Sempre cartine delle arance, pinocchi, ornitorinchi...
«Certo, certo. Ora tu dimmi a chi puoi rivendere una raccolta di cartine delle arance? Poi figurati che ho fatto il viaggio di nozze in Australia con Carolina: quando chiedevo ornitorinchi per una collezione neanche gli australiani ci potevano credere...».
Sono contenti i genitori?
«Sono venuti l’altro giorno a trovarci e dopo molte preoccupazioni devo dire che finalmente sono felici.
Purtroppo adesso ci si vede molto meno spesso».
Tua moglie fa l’attrice e tu il musicista. Quanto c’è di diverso e quanto di simile tra questi due mestieri?
«L’ego è condiviso (ride). Devo dire che spesso lei mi dà una mano: mi passa delle cose che legge, ascolta i miei provini. Fa molto più lei per me di quanto faccia io per lei. Quando deve fare un provino io ci scherzo sopra, cambio le parti, mentre lei è serissima e si incazza a morte.
In realtà ci divertiamo molto e cerchiamo di darci una mano».
Queste orribili notizie sul Coronavirus hanno influito sulla tua attività?
«Al momento no perché non sono in tour ma quello che sta succedendo non è un problema solo per noi che andiamo sul palco ma anche per tutti quelli intorno: è un indotto enorme e siamo una categoria con pochissimi diritti. Speriamo che finisca tutto il prima possibile.
Spero che finiscano anche le uscite che fa gente come Salvini: mi spaventano di più certe cose che dice lui dello stesso Coronavirus a dirti la verità».
Dopo aver minacciato la chiusura di Schengen sono gli altri paesi che hanno chiuso a noi...
«E questo dovrebbe insegnarci qualcosa, farci capire quanto è terribile e pericoloso fare certe affermazioni. Spero che la gente se ne renda conto. Tra l’altro questa emergenza sta mettendo a tacere tutto il resto, in Grecia c’è un’altra emergenza umanitaria davvero terribile».
Quanti anni hai tu adesso?
«33, come un altro assai più famoso di me».
Te l’aspettavi così “La fine dei vent’anni”?
«No. Neanche me l’immaginavo, avevo solo paura di non trovare il mio posto e invece alla fine qualcosa sto combinando...».
Ti piacerebbe tornare indietro ai vent’anni?
«Assolutamente no, non ci penso nemmeno, dopo tutta la fatica che ho fatto!».