ItaliaOggi, 7 marzo 2020
Periscopio
Nel calcio le gerarchie vengono sempre stabilite dalla bravura. Non conta l’età, il successo, lo stipendio. Solo la bravura. Marco Van Basten, già campione del Milan (Marco Imarisio) Corsera.
I politici telefonavano all’Ansa? Solo i primi due anni. Non fu difficile farli smettere: bastava dire di no. Sergio Lepri, 101 anni, già direttore dell’Ansa. (Aldo Cazzullo). Corsera.
Ho un solo rimpianto nella vita: di non essere qualcun altro. Woody Allen.
Sono un tradizionalista. Lo sperimentalismo mi sconquassa lo spirito. È come fare bungee jumping. Nick Hornby, scrittore (Antonello Guerrera). la Repubblica.
Figurante ma senza neanche figurare in un ruolo, Giuseppe Conte è l’ologramma di una figura inesistente, disegnato in piattaforma come un gagà meridionale degli anni 50. Un po’ come Mark Caltagirone, il fidanzato irreale di Pamela Prati; è solo una supposizione. Trasformista, a questo punto, sarebbe già un elogio, comunque un passo avanti, perché indicherebbe un passaggio da uno stadio a un altro. Conte, invece, è solo la membrana liquida che, di volta in volta, riveste la situazione, producendo un molesto acufema in forma di eloquio. Conte cambia voltura a ogni utente e rispetto a ogni gestore (non fu un caso nascere a Volturara). Marcello Veneziani. Panorama.
Sto curando la mostra a casa Sordi. Era un attore anche nella vita. Un giorno andammo in una fabbrica in Umbria. Aveva tutti ai suoi piedi. Si congedò con il gesto dell’ombrello dei Vitelloni: «Lavoratoriiii». Gli operai esplosero in un evviva che non finiva più. Uscendo mi disse: «A Vincé, dije a Federico che ancora funziona». Vincenzo Mollica (Concetto Vecchio). il venerdì.
L’Orso d’oro va all’iraniano Mohammad Rasoulof per There is no Evil, sulla pena di morte e la possibilità di dire «no» al regime. Le autorità iraniane gli hanno confiscato il passaporto e proibito di lasciare il paese e di lavorare. Un film sulla pena di morte e la possibilità di dire no al regime. A Berlino ci sono la figlia attrice e i produttori che invitano la gente a alzarsi in piedi e a applaudire il regista: «Mohammad, non sei solo». E poi: «Abbiamo una censura brutale in Iran, non riusciamo a mostrare che il 2% di quello che i nostri talenti possono far vedere». Valerio Cappelli. Corsera.
In Mediaset abbiamo i due papi: Confalonieri è papa Ratzinger, Pier Silvio è papa Francesco. Il Camerlengo è Mauro Crippa, il potente capo dell’informazione. Non le dico chi è il Tesoriere, sennò Gianluigi Nuzzi ci fa un libro. Paolo Del Debbio (Antonio Dipollina). il venerdì.
Dacia Maraini è la prima delle sorelle, poi viene Yuki (scomparsa nel 1994), infine lei: Toni Maraini, la più defilata e complessa di una famiglia speciale che vanta un padre, Fosco Maraini, viaggiatore e strepitoso orientalista; e una madre, Topazia Alliata, nobildonna di fascino, morta all’età di 102 anni. Toni Maraini, storica dell’arte (Antonio Gnoli). la Repubblica.
Al Grande Fratello Vip, esperimento sociale di consolidato successo e variegata umanità allo sbando, con apposito sussidio visivo di un finto e vero rotocalco Spy hanno fatto credere a una poveraccia rinchiusa là dentro che il marito la tradiva con un’altra donna: «Guarda la foto, è inequivocabile», procedeva spietato e incalzante il presentatore Alfonso Signorini, che sarà bravissimo, ma del Post-Maligno possiede anche le physique du rôle. La sventurata piangeva disperatamente. Magari faceva finta, o buon viso a cattivo gioco rispetto allo «scherzo», come poi si è rivelato. Ma forse, per quanto assoldata da Mediaset per resistere nel reclusorio, c’è cascata davvero e tanto più faceva pena, quanto più in studio sghignazzavano e l’ideaccia (il GF conta una dozzina di autori) conseguiva il proprio trionfo. Filippo Ceccarelli. il venerdì.
Non è obbligatorio che un coccodrillo sia un peana. I criteri da adottare sono vari. C’è il virgiliano parce sepulto, che perdona ai morti ogni peccato. Ma anche il volterriano «dei morti si dice solo la verità» che è un invito a usare la ghigliottina. In genere, il necrologio indulgente nasce da una morte repentina, scritto sull’onda dell’emozione. Giancarlo Perna. LaVerità.
VOTO 2 – BILL GATES. Schierato a parole con i «gretini», il fondatore della Microsoft, al pari di Jeff Bezos (Amazon) e Jony Ive (Apple), viaggia solo con il jet privato. Secondo il Guardian, nel 2017 ha volato per 320 mila chilometri e prodotto 1.600 tonnellate di CO2. Strano, essendo costoro i re digitali delle comunicazioni e del commercio. Andrebbero spediti per corriere a quel paese. Stefano Lorenzetto. Arbiter.
«Sono un uomo di legge, per credere all’aldilà ho bisogno di prove. Credo troppo nell’aldiquà, se così posso chiamarlo. E siccome dall’altra parte non c’è niente, anzi l’altra parte neanche esiste, per questo io da qui non me ne voglio andare. Bruno Segre, 101 anni, avvocato di Torino, nessuna parentela con Liliana Segre (Maurizio Crosetti). il venerdì.
Non immaginavo che il vento rosso avesse cominciato a soffiare anche qui, in mezzo al nulla. Sono più numerosi di noi, ma hanno l’aria di essere poveracci allo sbando, degli straccioni affamati in groppa a ronzini ancor più mal ridotti di loro. Probabilmente agiscono spinti solo dalla miseria o dall’avidità, senza un piano preciso. Dal modo in cui storpiano la nostra lingua è chiaro che si tratta di russi. Vi terremo a bada, questa è la nostra terra, maledetti! Piera Graffer, Caucaso. Logisma, 2000.
Uscendo dall’ufficio, nell’atrio mi imbatto nel professor Dovid Katz. «Un paio d’anni fa», mi dice, «qui a Vilnius c’è stata una grande manifestazione dell’estrema destra. Erano contro tutto e tutti: ebrei, russi, bielorussi, stranieri, comunisti, socialisti, omosessuali…». Il giorno dopo l’ambasciata polacca emanò un comunicato stampa: «Siamo stati profondamente disturbati dal fatto che i dimostranti non abbiano menzionato la Polonia nei loro slogan. Da quando in qua non siamo più tra i nemici della Lituania?». Jan Brokken, Anime baltiche. Iperborea, 2011.
La nuova donna del mio compagno riempiva la mia testa, il mio petto e il mio ventre e mi dettava le mie emozioni. Nello stesso tempo questa presenza ininterrotta mi faceva vivere intensamente. Esso provocava dei movimenti interiori che non avevo mai conosciuti, e faceva crescere in me un’energia, delle risorse di cui non credevo essere capace, mi mantiene in una febbrile e costante attività. Ero, nel doppio senso del termine, occupata. Annie Ernaux, L’occupation. Gallimard, 2002.
Di Maio: orizzonti di cenere. Roberto Gervaso. il Giornale.