ItaliaOggi, 5 marzo 2020
Periscopio
Conte è portatore sano di politica e di governo, perché lui ne è esente. È contenitore sterile di ogni contenuto. Non ha una sua idea; quel che dice è frutto del luogo, dell’ora e delle persone che ha di fronte. Parla la Circostanza al suo posto, la Circumstancia, per dirla con Ortega y Gasset; Conte è la somma dell’habitat in cui è immesso, traduce il fruscio ambientale in discorso. Marcello Veneziani. Panorama.
5–/GIUSEPPE CONTE . Nonostante rischi di sloggiare anzitempo, il premier si è fatto ristrutturare l’appartamento di servizio al terzo piano di Palazzo Chigi. Spesa: 22.950 euro. Fra i vari lavori, una porta blindata (a che gli serve, visto che lì c’è un ispettorato di Pubblica sicurezza?) e una cabina doccia «con otto idrogetti ad effetto massaggiante». In attesa della doccia fredda. Stefano Lorenzetto. Arbiter.
A piazza San Giovanni, il 14 dicembre, le Sardine erano in centomila. La settimana scorsa, sempre a Roma, 6 mila. Anche in tivù: gli autori, controllando le curve di ascolto, si sono accorti che la gente, quando compare il capetto riccioluto, cambia canale. Sensazione netta: se queste Sardine non modificano la rotta e non trovano un nuovo pesce pilota con qualcosa di serio da fargli dire, a giugno saranno quasi estinte. Come il tonno rosso. Fabrizio Roncone. Corsera. 7.
Un grafico romano che aveva lavorato a Cuba ed era diventato il pittore della Rivoluzione mi fece incontrare, a New York, il titolare di una piccola agenzia: John Paul Itta, origini greche. Gli portai i miei disegni. Mi assunse e cominciò un periodo magnifico. Conobbi Patricia, una bellissima hostess della Pan-Am nata a Memphis: divenne mia moglie. Grazie a lei ottenni un colloquio con il direttore della Mc Cann. Mi assegnò la campagna per Tampax e subito dopo quella per la famosa birra Miller. Tra i nostri clienti c’erano la Coca-Cola e il governo Usa. Gavino Sanna, pubblicitario (Paolo Baldini). Corsera.
Ho cominciato a diventare famoso nel momento in cui mi sono accorto che sarei diventato cieco. Ancora oggi so che, se traccio un segno, questo allenta la mia tensione, attenua il mio malessere, mi rende un po’ più felice o meno infelice. Sergio Staino, disegnatore satirico, creatore di Bobo. (Antonio Gnoli). la Repubblica.
Napoleone, contrariamente a ciò che dicono i fan, non ebbe ideali. Tanto che sostituì al disegno originario di rovesciare i troni per svecchiare il mondo quello di metterci i parenti per soddisfare le sue ambizioni di parvenu. Nel Novecento, sarebbe finito impiccato a Norimberga. Nel suo secolo beneficiò invece dell’inarrivabile capacità della Francia di glorificare anche il peggio di sé. Giancarlo Perna. LaVerità.
Il titolo italiano dell’autobiografia di Marco van Basten, in uscita per Mondadori, è Fragile. Non si riferisce solo alla caviglia che lo tradì. Ma al percorso esistenziale di un ex campione baciato dagli dèi del calcio e dalla sfortuna, che ha attraversato momenti difficili e ha dovuto aspettare «l’autunno della sua vita» per mettersi a nudo e riconoscere la propria vulnerabilità di uomo, lui che sembrava un essere superiore, per grazia e talento. «A Milano mi sentivo come se fossi parte di una famiglia. Insieme abbiamo vissuto una vita intera. Mi avete visto nascere, come giocatore e come uomo. Mi avete visto crescere. E purtroppo avete visto la fine». (Marco Imarisio). Corsera. 7.
Siamo sorpresi da quanto veloce sia stato il passaggio da perfetti sconosciuti, come noi eravamo, a realtà concreta del cinema italiano. Non va spettacolarizzato il fatto che veniamo dalla periferia di Roma, anzi in casa nostra c’era molta cultura, nostro padre fa il giardiniere e il pescatore ed è incredibilmente colto, a cinque anni leggevamo Bukowski, la Duras o Amelia Rosselli, i nostri genitori scrivono poesie e se non le pubblicano non vuol dire nulla. Fratelli D’Innocenzo, premiati come migliori sceneggiatori alla Berlinale per il film Favolacce (Valerio Cappelli). Corsera.
Come laureato avrei dovuto fare il corso allievi ufficiali. Ma l’altezza minima, che prima era un metro e 54 come quella del re, era stata portata a un metro e 60; e io ero un metro e 59 e otto millimetri. Per due millimetri quindi mi mandarono al reggimento. Caporale, caporalmaggiore, sergente: ufficio operazioni comando della Quinta Armata. E posso dire che la storia dell’armistizio a sorpresa e dell’esercito lasciato senza ordini è un po’ una leggenda autoassolutoria: già nella notte tra l’11 e il 12 agosto arrivò l’ordine per le divisioni costiere di ruotare l’artiglieria di 180 gradi. I cannoni non erano più puntati sul mare in funzione antisbarco; perché gli Alleati non erano più nemici. Sergio Lepri, 101 anni, già direttore dell’Ansa (Aldo Cazzullo). Corsera.
Grigore Cristian Cartianu nel libro La fine dei Ceausescu, Aliberti editore, nelle sue 600 pagine ricostruisce, quasi ora per ora, la fuga disordinata del dittatore e di sua moglie, prima in elicottero, poi in auto di fortuna, con accompagnatori che, via via, lo tradivano sino al processo farsa, imbastito in fretta e furia (e pilotato da Mosca), seguito dalla barbara uccisione del «Conducator» e della «sinistra» moglie, mascherata da fucilazione. Aldo Forbice. LaVerità.
Un grande amico fu Giuseppe Di Stefano. Mi portava ovunque, alla Scala, al Metropolitan. A New York passava l’ultimo dell’anno da noi ma alle dieci spariva. Raggiungeva una villa sul fiume, dove abitava Arturo Toscanini. Si sedevano uno di fronte all’altro e a mezzanotte brindavano. Il suocero di Di Stefano lavorava nel teatro dove provava Toscanini. Mi faceva entrare di nascosto e accucciare per terra nella terza fila: «Non fiatare». Ascoltavo le prove, condite di feroci incazzature, del maestro. L’unico che si poteva prendere delle libertà era Di Stefano. Pippo strascicava le vocali («... questa o quellaaa per me pari sono...») e durante le prove lo faceva ancora di più per provocare lo sguardo iniettato d’odio di Toscanini. Una volta tirò la corda più del dovuto: disse al maestro di andare più veloce perché non ce la faceva con la voce. Toscanini cedette, accelerò, poi lanciò la bacchetta e se ne andò imprecando. Allora Di Stefano fece rifare il pezzo più lento del dovuto e con la voce ce la fece benissimo. Poi alzò il braccio destro e, nel gesto dell’ombrello, si diede una pacca sull’avambraccio con la mano sinistra: “tiè!”». Johnny Dorelli, cantante (Pierluigi Vercesi). Corsera.
L’intellettuale impegnato cerca una causa cui immolarsi, senza sacrificarsi. Roberto Gervaso. il Giornale.