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 2020  marzo 05 Giovedì calendario

Il caso della banca Rbs

A Bishopsgate, a due passi dal grattacielo Gherkin, il famoso cetriolo di Londra, la placca sotto ai portici dell’edificio più lussuoso in una via di palazzi in vetro-cemento tutti uguali della via, informa che al numero 135 è la sede di Londra della banca reale di Scozia, RBS. Lì nei prossimi anni lavorerà Alison Rose, il nuovo numero uno della banca salito al comando lo scorso novembre. La sede effettiva della Royal Bank of Scotland sarebbe in realtà 660 chilometri più a Nord, a Edimburgo, capitale del regno, ed tra lì e Londra che il suo predecessore Ross McEwan faceva la spola. Ma la nuova manager, il suo stipendio da 1,1 miliardi all’anno, preferisce goderselo interamente nella capitale. Che la banca principale della Scozia, in piena battaglia secessionista per staccarsi dal Regno Unito, si trasferisca a Londra, mentre nelle Highland sventola la bandiera dell’indipendenza, è una sorta di corto circuito. 
«Royal Bank di dove?» è la battuta che circola in questi giorni tra i banchieri della City. Finanza e politica vanno sempre a braccetto, ma in Scozia ancora di più. Perché RBS è il polmone monetario del paese. A Edimburgo non si usa la Sterlina inglese ma quella scozzese, dove non c’è il profilo della Regina Elisabetta, ma il problema è un altro. È solo una valuta locale, che fuori dalla Scozia è carta straccia. Perché la Scozia non ha nemmeno una banca centrale: la Sterlina scozzese viene stampata da una banca commerciale locale. Quale? La risposta è facile: RBS.
Mentre Nicola Sturgeon, il Primo Ministro del paese infiamma le folle agitando lo spettro della secessione per staccarsi da Uk ed entrare nella UE, la banca “nazionale” del paese si trasferisce nella tana del nemico. Pare che la premier scozzese non l’abbia presa benissimo. Eppure le due donne vivono una sorta di vita professionale parallela: Rose è la prima donna a capo della banca. Ed è anche la prima banchiera di sesso femminile tra le quattro grandi sorelle inglesi. Sturgeon è la prima donna Primo Ministro e segretario di partito in Scozia. La propaganda politica è però oggi l’ultima delle priorità dentro agli uffici di Bishopsgate: Rose ha in ballo 3700 esuberi, quasi il 5% di tutti i dipendenti. La banca a prima vista è tornata in salute dopo una lunga crisi: negli ultimi tre anni ha smesso di perdere soldi. Il 2019 è stato celebrato con utile di oltre 3 miliardi di sterline: è il più alto da 10 anni a questa parte, ed è raddoppiato da 1,6 dell’anno prima, per la gioia degli azionisti che incasseranno una ricca cedola, in prima fila il Governo che incasserà 600 milioni. Ma sono utili gonfiati da operazioni straordinarie: RBS ha venduto la banca medio-orientale Alwwal.
Scremata dalle plusvalenze, l’attività tradizionale è in declino. Il margine di interesse è in calo da anni: nel 2014 era di 9 miliardi, ora a 8; in soli 5 anni ha perso per strada 1 miliardo. Alla Borsa di Londra Rbs capitalizza 25 miliardi: 5 anni fa valeva il doppio, 50 miliardi. Ma al di là degli aridi numeri, il problema maggiore di RBS è che, dopo 12 anni, deve ancora superare l’onta del fallimento e scrollarsi di dosso la cattiva fama di banca di scandali: è bombardata di cause da parte di aziende che l’accusano di essere fallite per colpa sua. Migliaia di azionisti che avevano comprato azioni messe in vendita poco prima del default attendono ancora un risarcimento dopo 10 anni, nonostante un accordo con la banca.
Ne ha dunque da lavorare la nuova manager per recuperare il prestigio e la credibilità perduti. E se già l’arrivo di una donna in un mondo dominato da uomini per secoli è di per sè un terremoto, il piano della signora è un cataclisma. Via il nome RBS, per diventare NatWest, la banca commerciale comprata nell’anno Duemila con migliaia di filiali nel paese. Dopo quasi 3 secoli, scompare il nome RBS: la banca fu fondata nel 1727 a Edimburgo, è una delle banche più antiche di Scozia. Il colpo di spugna di Alison Rose, che cancella 293 anni di storia, ha una sua strategia: nel 2019, nonostante la Brexit, c’è stato un boom di mutui. Di qui la scelta di puntare più sulla banca commerciale invece che sulla banca d’affari. E allora NatWest è perfetto: è un nome prestigioso e conosciutissimo tra la gente, una banca non toccata da scandali e che alla gente comune ricorda un tempo in cui il paese era benestante. In Inghilterra non c’e persona che non abbia un parente, un amico, un conoscente che non abbia lavorato in NatWest. È il marchio migliore per il rilancio di RBS. Ma rimane comunque un terremoto. Come se il Monte Paschi domattina decidesse di chiamarsi solo Banca 121. Perché la banca rinuncia al blasone? Occorre fare un salto indietro di 10 anni.
Chi tocca(va) Antonveneta muore?
Nel 2007 negli Stati Uniti comparivano le prime avvisaglie della crisi che scoppierà: esplode la bolla dei Sub-Prime, i famigerati mutui spazzatura. Abn Amro è un gigante mondiale: prima banca d’Olanda e con 68 miliardi di euro di capitalizzazione è l’ottava in Europa. Ha anche messo, nella sua campagna di conquista, un grosso piede in Italia: nel 2005 ha rilevato Antonveneta.
Suona così lunare la lettera che arriva ai vertici della banca una mattina del febbraio di quell’anno: il mittente è TCI, il The Children Investments Fund, che dietro al nome da charity è in realtà un hedge fund, un fondo speculativo, guidato dal baronetto Sir Chris Hohn, e ha una richiesta bizzarra: consiglia alla banca di mettersi in vendita e di fare uno spezzatino. Coincidenza o macchinazione, dopo la lettera si innesca il risiko: l’inglese Barclays lancia un’Opa su Abn Amro ma la strada è sbarrata dalla Triplice Intesa. Gli scozzesi di RBS, la spagnola Santander e la belga Fortis fanno una contro-offerta da 71 miliardi di euro su ABN e la conquistano. Erano gli anni delle grandi scalate, ma il colosso olandese ha molta sporcizia sotto il tappeto, in primis il buco da 7,9 miliardi causato dalla scalata alla Banca Antonveneta. Un anno dopo la mega scalata ad Abn, la banca olandese è stata fatta a pezzi, proprio come suggerito dal fondo TCI (e Antonveneta finirà a MPS, con la regia di Andrea Orcel), quando esplode la bolla mondiale, RBS naufraga. È la prima banca in Inghilterra, a cadere: è la Lehman Brothers d’Europa, e proprio perché in pancia ha la ABN Amro che a sua volta ha ramificazioni in tutti i paesi, rischia di far collassare tutto il Vecchio Continente. Deve arrivare in soccorso lo Stato: l’allora Governo laburista di Gordon Brown decise di nazionalizzare la banca. Con un assegno da 45 miliardi di sterline, pagato dai contribuenti di Sua Maestà, diventò azionista della banca con i 62%. La banca è stata risanata ma il costo sociale è stato enorme: quando comprò Abn, la banca contava 227 mila dipendenti; oggi ne conta 67mila.
Nel 2008 il controverso Fred Goodwin, allora ceo della banca, lanciò un aumento di capitale da 120 miliardi che si rivelò un flop e la banca fallì poco dopo. I piccoli risparmiatori fecero causa e la banca due anni fa ha offerto 80 pence ad azione come risarcimento tombale per evitare il processo ed essere costretta in Tribunale a svelare la verità sui mesi precedenti al crack.
È passata un’era geologica nel mondo della finanza, ma RBS sconta la pesante eredità del fallimento. Mentre cambia nome e si prepara a tagliare ancora posti di lavoro nel paese, RBS assume in Polonia: a Varsavia saranno assunte 40 persone. Mossa che rischia di far aumentare la rabbia dell’opinione pubblica: nel paese ci sono 1 milione di immigrati polacchi, sono l’etnia più popolosa dopo gli inglesi. E sono anche il bersaglio del malcontento anti-immigrazione, che vede nell’invasione polacca una minaccia.
Politica e finanza vanno ancora a braccetto: la scorsa settimana Boris Johnson, il più potente primo ministro dai tempi di Tony Blair, ha di fatto silurato il suo ministro del Tesoro Sajid Javid sostituendolo com il più malleabile Rishi Sunak. Sul tavolo del nuovo Cancelliere c’è anche il dossier RBS: il governo deve vendere la banca. Ma Sunak non è un ministro qualsiasi: era il partner del fondo TCI nel 2008. Sulla poltrona di ministro del Tesoro siede il finanziere che ha innescato tutto il risiko bancario in Europa partito dalla lettera a Abn Amro che ha causato il fallimento di RBS costringendo al salvataggio di Stato. Il responsabile”morale” della nazionalizzazione di RBS, 12 anni dopo, sarà il responsabile della privatizzazione di RBS. La finanza, come gli amori di cui cantava Antonello Venditti, non finisce mai; fa dei giri immensi e poi ritorna.