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 2020  marzo 05 Giovedì calendario

Il santuario dei cetacei pensionati

Un luogo tranquillo, che sia quanto più simile possibile al proprio habitat naturale, dove trovare riposo dopo una vita trascorsa in cattività. Qui orche e beluga cominceranno una nuova vita, dopo aver nuotato per gran parte della loro esistenza in vasche confinate per esibirsi di fronte a un pubblico. In una piccola cittadina del Canada orientale, Port Hilford, verrà costituito uno dei primi santuari al mondo che accoglierà questi cetacei. A promuovere il progetto è il Whale Sanctuary Project, un’organizzazione senza scopo di lucro che ha sede negli Usa la cui mission è la creazione di santuari marini a misura di benessere per gli esemplari coinvolti, animali che hanno passato lunghi periodi in cattività o necessitano di una supervisione veterinaria costante. 
Il santuario verrà realizzato in un braccio di mare riparato, perché gli animali possano essere protetti dalle intemperie, ma dove le correnti marine siano sufficientemente forti da garantire loro il nutrimento. La progressiva chiusura di diversi acquari a livello internazionale, la netta posizione di alcuni Stati come la Finlandia, che nel 2015 ha deciso di chiudere l’ultimo delfinario, nonché la controversa questione degli animali in cattività hanno portato negli ultimi anni alla formulazione di progetti innovativi, centrati sul benessere dell’animale. «Si tratta dell’unica strada percorribile se l’animale ha vissuto per molti anni in cattività. Non è possibile pensare di rimettere in piena libertà esemplari che hanno passato anni in un ambiente confinato. Farlo è possibile solo a certe condizioni e comporta determinati rischi, sono scelte che vanno valutate caso per caso», spiega Simone Panigada, presidente dell’istituto di ricerca Tethys, che da sempre si occupa di conservazione marina. Rimettere in libertà un animale nato in vasca presuppone un piano altamente riabilitativo, le sole operazioni di trasporto possono comportare un rischio piuttosto elevato; questi santuari possono costituire quindi un’oasi di pace per l’animale senza però esporlo a rischi. 
La creazione di rifugi in mare può essere una scelta di successo anche per strutture commerciali, come avverrà a Baltimora (Usa), dove l’acquario cittadino ha deciso di lanciare un progetto pilota, che verrà ultimato quest’anno e che permetterà di lasciare i delfini a contatto col proprio ambiente naturale, grazie a una speciale zona confinata creata in mare. Grazie al supporto tecnologico, i visitatori dell’acquario potranno osservare i delfini muoversi nel proprio habitat naturale: le telecamere montate sott’acqua proietteranno la loro quotidianità su grandi maxi schermi. 
Lori Marino, intervistata ieri dal Guardian e fondatrice del Whale Sanctuary Project, è membro della commissione che realizzerà il primo rifugio italiano in mare per tursiopi, frutto della collaborazione tra Marevivo, Lav e istituto Tethys. «Abbiamo già eseguito un primo studio di fattibilità per individuare il sito o i siti idonei a ospitare un rifugio, scelti in funzione sia dei bisogni etologici, comportamentali e psicologici dei delfini, sia delle caratteristiche topografiche e logistiche tali da garantire una corretta gestione degli animali», spiega Sandro Mazzariol, professore associato di patologia generale all’Università di Padova e membro della commissione del progetto.