Il Sole 24 Ore, 4 marzo 2020
L’accordo Ue-Turchia sui migranti
I ministri degli Interni dell’Unione si riuniranno oggi a Bruxelles in un incontro straordinario dedicato ai rischi di una nuova ondata migratoria dal Vicino Oriente. La decisione turca di aprire la frontiera con la Grecia, permettendo ai rifugiati siriani ed iracheni di lasciare la Turchia per raggiungere l’Unione europea suscita grande preoccupazione, proprio mentre è oggetto di contrasti tra i Ventisette una eventuale terza tranche di aiuti finanziari al governo turco.
Nel 2016, Bruxelles ed Ankara firmarono un controverso accordo che prevede l’accoglienza sul territorio turco di migranti provenienti dal Vicino Oriente. In cambio, la Turchia ha potuto godere di due tranche di aiuti da 3 miliardi di euro ciascuna nel periodo 2016-2019. Secondo le ultime cifre, dei 6 miliardi di euro, tutti sono stati impegnati, ma solo 4,7 miliardi di euro sono oggetto di contratti già firmati e appena 3,2 miliardi di euro sono stati effettivamente sborsati.
Come ha ricordato ieri la portavoce comunitaria Dana Spinant, «il denaro non va alle autorità turche, ma ad organizzazioni non governative che sono poi responsabili di costruire e gestire scuole ed ospedali, così come di dare assistenza umanitaria» a una comunità di profughi e migranti che ormai conta 4 milioni di persone (di cui 3,6 milioni sono cittadini siriani). Secondo la Commissione europea, tra le altre cose i fondi permettono di nutrire 1,7 milioni di persone e scolarizzare 500mila giovani.
Prima ancora che la Turchia decidesse clamorosamente di aprire la frontiera con la Grecia, permettendo nei fatti ai migranti sul proprio territorio di partire verso l’Europa occidentale, i Ventisette stavano valutando il se e il come di una nuova tranche di aiuti. «Gli ultimi avvenimenti hanno reso la questione ancora più tesa. L’ipotesi di una nuova tranche di aiuti è diventata politicamente molto sensibile», spiega un diplomatico qui a Bruxelles.
Alcuni esponenti comunitari hanno definito la scelta di Ankara il tentativo di ricattare l’Unione europea. Ha detto il vicepresidente della Commissione europea Margaritis Schinas: «L’Europa non accetterà mai di essere ricattata». Tra i Ventisette c’è chi teme che il nuovo finanziamento verrebbe interpretato come una resa europea dinanzi al ricatto turco. Di questo avviso sono soprattutto la Francia, la Grecia e Cipro, tre Paesi che per motivi politici e storici hanno difficili rapporti con Ankara. Più possibilisti sono Germania, Ungheria, Slovacchia, Repubblica Ceca e Polonia, che temono il ripetersi del 2015 quando milioni di persone raggiunsero l’Unione a piedi. Per ora, Roma ha una posizione cauta. Il dibattito, che oggi segnerà la riunione dei ministri degli Interni, si riflette nella stessa Commissione: da un lato il commissario all’allargamento, il popolare ungherese Olivér Várhelyi; dall’altro la commissaria agli affari interni, la socialista svedese Ylva Johansson.