La Stampa, 4 marzo 2020
Biografia di Abrey Beardsley
Londra
Una carriera brillantissima e un lavoro forsennato, al passo frenetico di mille disegni in appena cinque anni. Un artista raffinatissimo e provocatorio, determinato a far di tutto per essere notato al più presto, rendendo sé stesso un tutt’uno con i suoi scandalosi disegni in bianco e nero. Diagnosticato tubercolotico quando aveva 7 anni, Abrey Berdsley sapeva che la sua vita sarebbe stata breve. Aveva 25 anni quando nel 1898 i suoi polmoni malati e squassati dall’ennesima emorragia esalarono l’ultimo respiro in un albergo di Mentone, dove si era trasferito accudito dalla inseparabile sorella Mabel, per cercare un clima più clemente. Ma era già uno degli artisti discussi e celebrati della Londra decadente, uno dei nomi di punta del movimento estetico, amico di tutta la cricca omosessuale, di cui divenne un esponente di spicco dopo che Oscar Wilde scelse i suoi provocatori disegni per illustrare l’edizione inglese di Salomè.
Era il 1892, Aubrey aveva solo 20 anni e l’editore John Lane fu costretto a cassarne parecchi, perché troppo osceni. «Bisogna passare i suoi disegni al microscopio e girarli alla rovescia» commentava l’editore, ma Beardsley riuscì lo stesso a infilare dettagli piccanti e falli in erezione nascosti nei moccoli delle candele, che furono pubblicati creando grande scandalo.
Grottesco, decadente, bizzarro, erotico sono gli aggettivi più usati per definire lui e la sua opera, molto influenzata dai poster francesi (alla Toulouse Lautrec) e dalla grafica erotica giapponese. «Se non sono eccentrico, non sono niente» diceva. Alto, magro, pallido, la sua esile figura da dandy e il vestiario ricercato erano altre dichiarazioni di intenti. I completi color tortora, la canna da passeggio, le cravatte e i guanti gialli erano parte della sua missione. Incerte le tendenze sessuali, visse con la amata sorella di un anno più vecchia – con cui si sussurrava avesse rapporti incestuosi – in una casa di Pimlico che era a sua volta una meta di pellegrinaggio di amici e ammiratori e una asserzione di stile: pareti arancione, piene di opere anche degli amici esteti, tra cui William Morris, e di suoi disegni, preferibilmente pornografici, che amava mettere nell’ingresso
Alla Tate Britain, oltre ai disegni della succitata Salomè, sono in mostra da oggi al 25 maggio le illustrazioni per The Yellow Book, una rivista letteraria di rottura, di cui Beardsley fu il curatore per quattro numeri. Il quinto non uscì mai perché la cricca di amici fu travolta dallo scandalo di Oscar Wilde e dal suo arresto per «indecenza sessuale». Ci sono anche i disegni per lo scandaloso Mademoiselle de Maupin di Théophile Gautier (tra i teorici dell’«arte per l’arte», motto che divenne il manifesto del movimento estetico), che racconta gli incontri bisex della protagonista.
Beardsley è stato uno dei pochi artisti dell’epoca a sopravvivere all’oblio che ha inghiottito l’età vittoriana. E la sua grafica è stata riscoperta negli anni della contestazione, complice anche una mostra al V&A nel ’67: le sue idee andavano a braccetto con i valori anti-establishment e gli stili di vita alternativi. A lui si ispirarono copertine di dischi (dai Beatles ai Procol Harum), riviste underground, pubblicità mainstream, per non parlare di interior decorator e perfino le boutique indipendenti che negli anni 70 hanno vestito gli «eccentrici rivoluzionari».
Convertito al cristianesimo un anno prima della morte, sentendo avvicinarsi la fine Abrey scrisse a Leonard Smithers, il suo editore: «Gesù è nostro Signore e giudice. Caro amico, ti imploro di distruggere tutte le copie di Lisistrata e i disegni osceni». Per fortuna Smithers ha ignorato le ultime volontà. E infatti i disegni per Lisistrata sono visibili alla Tate. Insieme a tutti gli altri disegni più piccanti. Perché mai come in Beardsley, il diavolo sta nei dettagli.