il Fatto Quotidiano, 2 marzo 2020
Bitcoin, truffe in aumento
Gian Luca Comandini lo ha capito prima degli altri: i bitcoin possono renderti ricco. Oggi è nella taskforce governativa sulla blockchain e possiede il sito internet cointelegraph.it, la bibbia online delle monete digitali. Ma 7 anni fa, quando consigliava ad amici e parenti di acquistare moneta virtuale, Comandini veniva ignorato senza pietà. Risultato: molti si mangiano le mani. L’esperto non scende nei dettagli, ma il suo gruzzolo in Bitcoin gli dà il giusto ottimismo. È pessimista, invece, sul destino di quasi tutte le monete virtuali: “La bolla si sta gonfiando e esploderà, come per le dotcom d’inizio millennio”, avvisa Comandini. Secondo coinmarketcap.com esistono 2.351 criptovalute: “Ma l’85% è ‘fuffa’ al limite della truffa e moriranno. Resteranno solo monete solide come Bitcoin”. Basta la notorietà, per lanciare un moneta e arricchirsi subito: poi il valore piomba a zero e gli investitori perdono tutto, ma intanto il malloppo è in cassaforte. Ad esempio, Bitcoiin2Gen: oggi è spazzatura, ma nel 2017 nacque in pompa magna con Steven Seagal testimonial. L’attore è stato multato a fine febbraio dalla Sec: aveva incassato 1 milione di dollari, per la promozione, senza dirlo agli investitori.
Così funzionano le truffe. Secondo l’organizzazione “Cipher Trace”, nel 2019 le frodi sulle criptovalute hanno bruciato 4,15 miliardi di dollari. Impennata notevole: nel 2018 andarono in fumo 618 milioni. Il metodo è lo schema Ponzi: un imbroglione propone investimenti dai guadagni straordinari, a patto che il malcapitato trovi altre persone interessate all’affare. I soldi però non vengono investiti, ma rubati. L’ignaro intanto incassa una piccola somma dal truffatore, grazie ai soldi di un’altra vittima, e così all’infinito. Bernie Madoff ha bruciato 65 miliardi di dollari con lo schema Ponzi. Il trucchetto funziona bene pure con le criptovalute. “Cipher Tracer” cita 3 episodi: Bitclub Network, OneCoin e Einstein Exchange.
Nel caso Bitclub, i risparmiatori hanno perso 722 milioni di dollari. Matthew Goettsche e Jobadiah Weeks sono accusati di frode dalla Corte del New Jersey (Stati Uniti): rischiano 20 anni. La piattaforma canadese Einstein Exchange ha chiuso il 1º novembre scorso con un buco da 12 milioni di dollari. Su OneCoin, criptovaluta truffaldina, hanno investito più di 3 milioni di persone. L’impresa sembrava volare: 2,3 miliardi di dollari di profitto tra il 2014 e il 2016. Ma a novembre il sito chiude e i fondatori, Konstantin Ignatov e sua sorella Ruja (nota come “Cryptoqueen”) finiscono a giudizio per truffa: lui è difeso dall’avvocato Jeffrey Lichtman, lo stesso del Chapo Guzman; lei è sparita. Ma l’onda della truffa ha toccato l’Italia: a luglio scorso la Guardia di Finanza ha chiuso 100 siti web dove si favoleggiava dei guadagni di OneCoin; 5 persone denunciate per truffa.
Secondo il sito coinmap, 14 mila negozi nel mondo accettano pagamenti in Bitcoin: l’Italia ne ospita il 15% (circa 2100), 4ª in classifica dopo Giappone, Usa e Corea del Sud. Solo dal 2018 la Polizia postale tiene il conto delle frodi: “Negli ultimi 2 anni abbiamo ricevuto oltre 700 denunce sul trading online di criptovalute”, dice Ivano Gabrielli, responsabile dell’anticrimine informatico. Quasi un truffato al giorno dal 2018, più di 27 milioni di euro rubati. Sulla carta, ogni offerta finanziaria deve essere autorizzata dalla Consob. “Basta verificare il sito con la lista dei broker abilitati”, ricorda Gabrielli: “Abbiamo oscurato 17 pagine web, grazie alle segnalazioni dell’autorità di controllo”. La filiera della truffa è nota: arriva una telefonata da un finto call center, l’offerta di guadagno è irrestistibile, il malcapitato abbocca, paga e i soldi finiscono su conti esteri intestati a prestanome, i cosiddetti moneymule. Gli investigatori risalgono alla testa di legno, ma il più delle volte è una marionetta che non sa nulla della truffa: riceve un compenso per mettere il suo nome su un conto bancario, nient’altro. “Se si viene contattati o appare un annuncio online, la probabilità della truffa è alta”, avvisa Ivano Gabrielli.
Gianluca Comandini è d’accordo: “Se promettono guadagni favolosi, è una frode”. L’aumento dei “bidoni” ha rallentato la corsa delle criptovalute. Oggi un Bitcoin vale circa 8 mila euro. Nel 2013 stava a 60–70 euro. Nel 2017 tocca la vetta, circa 16 mila. William Nonnis, esperto di Blockchain della Difesa, ha la sua idea: “Bitcoin è l’asset finanziario che ha creato più milionari nel corso della storia”. Il boom è tra il 2015 e il 2018, quando spuntano criptovalute come funghi. Il seme si chiama Ico, Initial coin offering: una startup chiede finanziamenti online illustrando il progetto di una moneta virtuale. Così, nel 2017, sono stati raccolti circa 1,25 miliardi. “Le Ico hanno arricchito pochi e truffato molti”, dice Comandini, “perciò sono morte nel 2019, nessuno voleva più investire”.
Il problema l’ha risolto Binance, la piazza virtuale dove comprare e scambiare monete digitali: riceve migliaia di progetti, seleziona i migliori e li offre sul mercato. Cioè, un “bollino qualità” sulle monete più promettenti per garantire gli investitori. È l’evoluzione della specie: le Ico diventano Ieo, Initial exchange offering. “Il colosso cinese, ogni mese, ospita transazioni per un volume di 10 miliardi di dollari, e con le commissioni incassa utili da un miliardi l’anno”, dice Comandini. Si dice che le criptovalute uccidano gli intermediari: ma le piattaforme digitali (o exchange) sono i nuovi mediatori. Con Binance c’è Coinbase, Bitfinex, Kaken, Luno. Comandini ha la sua teoria: “Molti apprezzano il filtro perché non dominano la tecnologia cercano aiuto. Esempio: se perdi la password, addio ai soldi”. È successo all’irlandese Clifton Collins: ha smarrito il codice e 55 milioni di euro in Bitcoin. Neppure gli exchange sono una cassaforte: il Ceo di QuadrigaCx, Gerald Cotten, nel 2018 s’è portato nella tomba le password dei conti digitali e 135 milioni di dollari canadesi. Investitori sospettano la truffa. Sarà per il prossimo giro di roulette.