Libero, 1 marzo 2020
Storia dell’inventore dell’Amuchina
Dall’Amuchina alla Ferrarina. Cosa c’entra il disinfettante più ricercato del momento con la piccola sportiva ASA1000, soprannominata appunto la Ferrarina perché nata da un’idea di Enzo Ferrari? C’entra eccome: la vettura dalla storia sfortunata, prodotta in poco più di cento esemplari tra il 1963 e il 1967 e poi sparita dalle orbite automobilistiche, è stata l’unica scommessa persa dell’ingegnere pugliese, naturalizzato a Milano, Oronzio De Nora, l’inventore dell’Amuchina. Il brevetto dell’articolo oggi più ricercato sugli scaffali dei supermercati e delle farmacie, che risale al 1923, porta proprio la firma dell’ingegnere elettrotecnico altamurano, genio delle applicazioni della chimica nell’industria. De Nora a un certo punto della sua parabola ascendente nella chimica industriale decise di abbracciare il settore automotive fondando la società ASA, acronimo di Autocostruzioni Società per Azioni, con sede a Lambrate. La nuova azienda, che aveva ai vertici suo figlio Niccolò, appassionato di auto, era nata per raccogliere il progetto sviluppato da Ferrari di una vettura di cilindrata ridotta ma performante e leggera. Seguendo la moda del momento, con l’arrivo sul mercato di piccole GT, costruite su meccanica Fiat, al Drake venne l’idea di puntare anche a quella nuova fascia di appassionati. La vettura prese forma su telaio e meccanica progettati da Bizzarrini e Carlo Chiti, e carrozzeria di Bertone disegnata da un giovanissimo Giorgetto Giugiaro. Ma una volta pronto il concept, Enzo Ferrari si tirò indietro temendo che un’auto diversa dai suoi bolidi 12 cilindri potesse svilire il marchio. Entra in scena l’inventore dell’Amuchina Oronzio De Nora che acquista il progetto. La versione definitiva dell’auto esibiva il marchio ASA sul cofano e montava un motore aggiornato a 1032cc e 91 cavalli. La produzione iniziò nel ’63, e alla carenza tecnico-strutturale dell’azienda di Lambrate sopperivano la Casa di Maranello con la fornitura di telai e motori e la Bertone per corpo vettura e assemblaggio. La cessione del progetto prevedeva che il marchio Ferrari non dovesse apparire. Forse proprio per quello, e per il prezzo troppo elevato per un 1000cc di un marchio semisconosciuto, la vettura non ebbe la fortuna sperata. Era in vendita a 2.520.000 lire, quasi quanto una lussuosa Lancia Flaminia, che costava circa 2.600.000 lire. Nemmeno l’intervento del concessionario Ferrari negli Usa Luigi Chinetti, che tentò di reclamizzare l’ASA 1000 oltreoceano rivendicandone la blasonata parentela, riuscì a risollevarne le sorti, e quando l’ASA venne messa in liquidazione nel 1967, della “Ferrarina” coupé ne erano state prodotte un centinaio, oltre a una ventina di versioni speciali e spider. Oggi è un oggetto per intenditori e collezionisti raffinati.