Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2020  marzo 01 Domenica calendario

Cibo per animali, niente crisi

C’è un settore economico che non risente di alcuna crisi e congiuntura: il pet food, il cibo per gli animali di casa. Nell’ultimo anno si è accontentato di un +1,5 %, dopo il +3,8 e il +2,9 degli anni precedenti. Per far mangiare gli oltre 60 milioni di animali da compagnia (30 milioni di uccellini, 7, 3 di gatti, 7 di cani e via elencando fino al milione e 300 mila tra tartarughe e rettili) gli italiani hanno speso 2,82 miliardi di euro (e altri tre per collari, guinzagli, gabbie, lettiere, toletta, cure veterinarie), stando ai calcoli del rapporto Assalco-Zoomark 2019. Dei due miliardi spesi in pet food il 57,8% è stato per i felini, il 39,3% per i cani. Una fetta più piccola della spesa (13,4 milioni) è frammentata, nell’ordine, tra cibo per uccelli, roditori, tartarughe, pesci e altri animaletti. Si spende di più per gli alimenti umidi (1 miliardo) che per i secchi (900 milioni). Come per le persone il segmento più dinamico è quello degli snack funzionali e fuoripasto (+5,4% nell’ultimo anno). I più affezionati agli animali sono gli over 65 d’età (il 50% ha almeno un compagno a quattro zampe).
LA DISTRIBUZIONE«Sembrano riempire in qualche modo così afferma l’ultimo Rapporto Coop sui consumi degli italiani – il vuoto lasciato dallo spaventoso calo demografico. Emblematico il confronto fra l’acquisto di prodotti per animali e di prodotti per l’infanzia». In dieci anni il pet food è cresciuto del 19%, i prodotti per i bambini sono crollati del 33,4 %. A livello di produzione l’Italia non è ancora tra i giganti del settore, dominato dalle americane Mars e Purina. Nella top 50 mondiale della rivista Petfood Industry, sono presenti solo tre italiane: Monge (con un fatturato di 300 milioni di dollari al 23esimo posto), Morando (39esima posizione con circa 130 milioni di fatturato) e Landini Giuntini (90 milioni, alla posizione n. 47). Secondo Assalco-Zoomark, il grosso degli acquisti (il 55,3%) viene compiuto nelle catene della grande distribuzione organizzata, ma sempre più prendono piede le insegne specializzate, i petshop, cresciute nell’ultimo anno del 10,1%. Dei circa cinquemila negozi di cibi per animali, 700 sono i punti vendita delle catene.
L’INTERESSE DEI FONDIL’insegna più nota è la genovese Arcaplanet, terza in Europa per punti vendita (300), giro d’affari (250 milioni di euro). Fondata nel 1995 e partecipata dal fondo britannico Permira, due anni fa è riuscita ad acquisire il controllo della catena Fortesan che faceva capo a Edmond De Rothschild. Nella sede di Carasco sono in corso ulteriori sviluppi, tanto da stimare che a fine anno dipendenti dovrebbero salire a duemila (dai 1.700 attuali). In Liguria ha sede anche Agras (82 milioni di ricavi), unica produttrice di cibo biologico al 100 % per animali. Insomma, un mercato così in espansione da far gola a imprendtori piccoli e grandi e ovviamente ai gestori di fondi e di altre forme di investimenti e risparmio. In Italia Allianz ha lanciato Allianz Pet and Animal Wellbeing per investire nelle società che operano nel settore degli animali domestici. «A livello globale spiegano dal grattacielo della direzione a City Life a Milano – i settori legati agli animali domestici stanno crescendo a un tasso superiore rispetto a quello dell’economia generale. Un aspetto rilevante è che l’aumentata propensione a spendere per il proprio animale è indipendente dalla fase del ciclo economico».