Il Messaggero, 1 marzo 2020
Cibo per animali, niente crisi
C’è un settore economico che non risente di alcuna crisi e congiuntura: il pet food, il cibo per gli animali di casa. Nell’ultimo anno si è accontentato di un +1,5 %, dopo il +3,8 e il +2,9 degli anni precedenti. Per far mangiare gli oltre 60 milioni di animali da compagnia (30 milioni di uccellini, 7, 3 di gatti, 7 di cani e via elencando fino al milione e 300 mila tra tartarughe e rettili) gli italiani hanno speso 2,82 miliardi di euro (e altri tre per collari, guinzagli, gabbie, lettiere, toletta, cure veterinarie), stando ai calcoli del rapporto Assalco-Zoomark 2019. Dei due miliardi spesi in pet food il 57,8% è stato per i felini, il 39,3% per i cani. Una fetta più piccola della spesa (13,4 milioni) è frammentata, nell’ordine, tra cibo per uccelli, roditori, tartarughe, pesci e altri animaletti. Si spende di più per gli alimenti umidi (1 miliardo) che per i secchi (900 milioni). Come per le persone il segmento più dinamico è quello degli snack funzionali e fuoripasto (+5,4% nell’ultimo anno). I più affezionati agli animali sono gli over 65 d’età (il 50% ha almeno un compagno a quattro zampe).
LA DISTRIBUZIONE«Sembrano riempire in qualche modo così afferma l’ultimo Rapporto Coop sui consumi degli italiani – il vuoto lasciato dallo spaventoso calo demografico. Emblematico il confronto fra l’acquisto di prodotti per animali e di prodotti per l’infanzia». In dieci anni il pet food è cresciuto del 19%, i prodotti per i bambini sono crollati del 33,4 %. A livello di produzione l’Italia non è ancora tra i giganti del settore, dominato dalle americane Mars e Purina. Nella top 50 mondiale della rivista Petfood Industry, sono presenti solo tre italiane: Monge (con un fatturato di 300 milioni di dollari al 23esimo posto), Morando (39esima posizione con circa 130 milioni di fatturato) e Landini Giuntini (90 milioni, alla posizione n. 47). Secondo Assalco-Zoomark, il grosso degli acquisti (il 55,3%) viene compiuto nelle catene della grande distribuzione organizzata, ma sempre più prendono piede le insegne specializzate, i petshop, cresciute nell’ultimo anno del 10,1%. Dei circa cinquemila negozi di cibi per animali, 700 sono i punti vendita delle catene.
L’INTERESSE DEI FONDIL’insegna più nota è la genovese Arcaplanet, terza in Europa per punti vendita (300), giro d’affari (250 milioni di euro). Fondata nel 1995 e partecipata dal fondo britannico Permira, due anni fa è riuscita ad acquisire il controllo della catena Fortesan che faceva capo a Edmond De Rothschild. Nella sede di Carasco sono in corso ulteriori sviluppi, tanto da stimare che a fine anno dipendenti dovrebbero salire a duemila (dai 1.700 attuali). In Liguria ha sede anche Agras (82 milioni di ricavi), unica produttrice di cibo biologico al 100 % per animali. Insomma, un mercato così in espansione da far gola a imprendtori piccoli e grandi e ovviamente ai gestori di fondi e di altre forme di investimenti e risparmio. In Italia Allianz ha lanciato Allianz Pet and Animal Wellbeing per investire nelle società che operano nel settore degli animali domestici. «A livello globale spiegano dal grattacielo della direzione a City Life a Milano – i settori legati agli animali domestici stanno crescendo a un tasso superiore rispetto a quello dell’economia generale. Un aspetto rilevante è che l’aumentata propensione a spendere per il proprio animale è indipendente dalla fase del ciclo economico».