la Repubblica, 1 marzo 2020
Sulla parola “quarantena”
Sono stati proprio i veneziani, per la loro antica consuetudine a trattare i rischi sanitari connessi al cospicuo import-export marittimo. Se oggi parliamo di una “settimana di quarantena”, o più, è perché Venezia dominava i mari e di conseguenza la terminologia connessa. Altrimenti le settimane sarebbero di “quarantina”, parola di cui “quarantena” è appunto la variante veneziana. Con la E o con la I i conti comunque non tornano. Sentir dire “settimana di quarantena” dovrebbe suonare strano, come “settimana di cinque giorni” o “banconota da dodici euro”. Del resto i Righeira cantavano “l’estate sta finendo” ed era giugno. E del resto, ma in altro campo, Novi Ligure è in Piemonte.
È vero che una volta quello di quaranta giorni era effettivamente considerato il periodo standard per scongiurare il rischio di malattie. La misura di tempo (la quarantina/quarantena di giorni) ha dato nome al periodo, la cui lunghezza è poi stata adattata agli effettivi tempi di incubazione di ogni malattia. Il nome però è rimasto. Ma perché i giorni erano quaranta? Si può scommettere che la quarantena sia collegata alla Quaresima (essa stessa per caso cominciata proprio in questi giorni). Anche il nome della Quaresima infatti ha un’origine prossima (viene dal latino “quarantesimo”; sottinteso: giorno prima della Pasqua).
Quaranta sono i giorni passati da Gesù nel deserto, fra stenti e tentazioni, e più in generale quaranta è un numero che veniva usato per indicare un periodo congruo e compiuto. Fra i numeri ce ne sono alcuni “privilegiati”, su cui si rapprendono significati simbolici e il quaranta è uno di questi. Chi peraltro ha mai contato i ladroni di Alì Babà?
Quindi dalla Giudea a Venezia e da Venezia a oggi, le quarantine sono diventate di nome “quarantene” e di fatto durate variabili, speriamo non eccessive ma comunque sufficienti. Sette giorni da passare segregati o non potendo lavorare in attesa di sapere se si è sani possono in effetti sembrare benissimo quaranta. L’aritmetica non sarà un’opinione ma può certo ispirare più di un sentimento.