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 2020  marzo 01 Domenica calendario

Il virus sfida il galateo francese

La raccomandazione del ministro della Sanità francese – «evitate di stringervi la mano» – cambia le abitudini quotidiane di un Paese dove la stretta di mano è molto frequente, probabilmente più che in Italia. Le formule di saluto sono molto usate – l’autista dell’autobus si aspetta il «bonjour» da ogni passeggero – e piuttosto codificate: stretta di mano anche al vicino di casa che si incontra tutti i giorni, «accolade» (abbraccio accennato) a dimostrare maggiore affetto, «embrassade» (livello superiore, abbraccio con i corpi che si stringono) e «bise» (si usa anche tra uomini, due, tre, talvolta quattro baci sulle guance). Prima del coronavirus non porgere la mano veniva interpretato come una forma di ritrosia vicina alla maleducazione. Tanto che il ministro Olivier Véran si è sentito in dovere di precisare: «Non voglio vietare la buona educazione, raccomando solo di esprimerla in modo diverso». 
Il contagio passa soprattutto attraverso le mani e quindi ha senso evitare di stringersele. Anche se, perché l’infezione si trasmetta, «serve una carica virale adeguata, che può mancare quando passa del tempo tra l’emissione di saliva e il contatto con un’altra persona tramite le mani», dice Fabrizio Pregliasco, virologo dell’Università degli Studi di Milano. 
Il no alle strette di mano colpisce un gesto il cui valore anche diplomatico era tornato in primo piano con i siparietti tra i presidenti Emmanuel Macron e Donald Trump, impegnati in una gara a chi stringe più forte (segno di dominazione). Stringersi la mano, dall’antichità, ha il valore universale di lealtà (non possono esserci armi nascoste), e dal Novecento in poi le strette di mano fotografate hanno fatto la Storia, nel bene e nel male: da quella tra il maresciallo Pétain e Hitler a Mitterrand e Kohl. Ma in tempi di coronavirus anche il premier israeliano Netanyahu, pur impegnato nelle ultime ore di campagna elettorale in vista del voto di domani, ha deciso di rinunciare.