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 2020  febbraio 29 Sabato calendario

Orsi & tori

Chi di spada ferisce, di spada perisce. O in latino: Qui gladio ferit, gladio perit, dice il proverbio derivato direttamente dalle parole di Gesù: «Omnes qui acceperint gladium, gladium peribunt» (Vangelo di Matteo 26,52).

Il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, e in realtà tutto il governo con in prima linea il ministro della Salute, Roberto Speranza, se la sono proprio voluta. Il guaio è che la spada ha ferito anche tutti gli italiani e per rimarginare le ferite ci vorrà tempo. Se la sono voluta, e l’hanno girata agli italiani, nel momento stesso in cui, annullando tutti i voli da e per la Cina, pensavano di essersi conquistati la gratitudine degli italiani, «perché così», dicevano, «in Italia non entrerà nessun contaminato».
Pia o infantile illusione, macchiata gravemente di becero populismo. La spada rappresentata dal blocco dei voli da e per la Cina è, infatti, all’origine del record italiano di casi di contagio e di morti da Covid-19 rispetto a tutti i Paesi del mondo occidentale. La decisione che doveva proteggere il Belpaese è stata invece la causa principale di questo record. Per almeno due motivi che questo giornale ha indicato per primo, seguito da altri commentatori, a cominciare dalla brava Margherita De Bac del Corriere della Sera:
1) Perché il mondo non è fatto solo di Cina e Italia e gli aeroporti ci sono invece in tutto il mondo, per esempio a Dubai, Abu Dhabi (stop ideale dall’Asia), ma anche a Parigi, a Francoforte, a Londra. Insomma, il populismo ha fatto sì che il governo pensasse la stessa cosa di coloro che tentano di fermare il vento con un dito. Così facendo hanno solo provocato in primo luogo la legittima protesta della Cina e soprattutto hanno perso la grande opportunità di trasformare gli aeroporti italiani, che sono una sorta di imbuto, nell’area di controllo di chi cinese o non cinese veniva dalla Cina o da Paesi già contaminati. In più, visto che all’inizio il populismo funziona, la decisione ha tranquillizzato gli italiani, creando l’illusione di essere protetti da questo assurdo colabrodo della chiusura dei voli. Così l’attenzione è caduta, si è determinata una sorte di sicurezza impropria, e il virus ha preso il sopravvento con le conseguenze e le ridicole iniziative che sono seguite: come quella di fare centinaia di migliaia di tamponi a chi non presentava rischi, determinando una perdita di tempo e di materiali, oppure di far chiudere i bar alle 18 come se al bar si andasse solo per l’aperitivo e non per il caffè del mattino. Inevitabile che il panico, che per definizione è irrazionale, abbia preso a dilagare.
2) Perché chi si comporta da razzista non può appunto che essere colpito dalla spada razzista. Giovedì 27 mattina, al programma Caffè affari di Class Cnbc, il presidente degli industriali di Vicenza, Luciano Vescovi, ha raccontato un episodio che la dice lunga su cosa succede quando si innesca il virus razzista: un socio dell’Unione vicentina, che ha una filiale in Germania, ha fatto prenotare il solito albergo per il solito viaggio di gestione della filiale. L’albergatore ha risposto letteralmente: «... le camere ci sono, ma non per lei italiano e veneto». Bel risultato, signori governanti. E questo è niente rispetto al disastro del turismo e delle altre attività economiche. W il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, che ha gridato a gran voce «Riapriamo Milano».
Tirando le somme e senza voler polemizzare, ma solo per razionalizzare: l’unica cosa di cui il governo, i capi delle Regioni e, se vogliamo, noi tutti italiani, che quando votiamo ci dimentichiamo di che cosa è successo in questi anni, non abbiamo responsabilità: non abbiamo creato il virus della corona, ma poi, finora, abbiamo fatto tutto il peggio che si possa immaginare per trasformare un’epidemia che poteva essere sotto controllo in un disastro civile (razzismo), umano (per l’angoscia che è stata portata all’eccesso) ed economico (delle cui dimensioni ci renderemo conto solo man mano che i mesi passano).
Ma come si fa a sprecare parole di lode e spendere ore di trasmissioni televisive perché tre (sicuramente) brave ricercatrici hanno isolato allo Spallanzani il virus della corona? Per fortuna, alla signora che guida il team non è mancata l’onestà intellettuale e, intervistata dal QN, ha detto onestamente che altri sette od otto Paesi avevano già isolato il virus. La brava ricercatrice avrebbe anche potuto aggiungere che la Cina ha fornito tempestivamente anche il genoma progressivo del virus.
Per carità, fa piacere constatare che allo Spallanzani, l’ospedale di ricerca eletto come centro di riferimento per combattere il nemico invisibile, ci sono professioniste e professionisti capaci. Ma mentre il governo diffondeva parole di lode, non è venuto a nessuno dei suoi componenti il dubbio che per chi non è dentro alle cose quell’isolamento del virus poteva essere inteso come una vittoria sul virus, mentre l’isolamento era solo il primo passo per poterlo studiare? Quelle notizie e quelle lodi sono state un altro fattore che ha fatto abbassare la guardia, fino a quando ci si è svegliati con notizie che parlavano della diffusione del virus come si fosse in Cina. Passi per il cordone sanitario intorno ai comuni del Lodigiano, perché in effetti con quella decisione si è circoscritta la zona rossa, ma poi, da parte del presidente Conte, come si fa ad arrivare a minacciare pubblicamente (populismo ammantato da capacità legali) di ritirare le deleghe alle Regioni? E poi lasciare qualche Regione decidere da sola per la chiusura delle scuole, come hanno fatto nelle Marche. Gente a cui non si dovrebbe dare da gestire neppure un bar-tabacchi. Ma da quando in qua un governo si mette a litigare pubblicamente con le istituzioni di secondo livello della Repubblica, quali sono le Regioni, invece di operare nella riservatezza che impone il buon governo?
Insomma, per un’epidemia certo grave ma gestibile si è delineato un vero disastro, a causa di scelte maturate non solo per combattere il virus ma per coltivare contemporaneamente, e illusoriamente, il consenso politico. Se ce ne fosse stato bisogno, ecco ancora una dimostrazione che il vero virus da cui è colpito il Paese è il populismo. Infatti, che cosa è successo da giovedì 27 quando è apparso chiaro che le scelte erano veramente ridicole? Contrordine compagni: i bar potranno stare aperti fino a quando vogliono, come i ristoranti che servono al tavolo. Perché se invece del Savini fosse un bar-tavola calda, non ci sarebbe comunque il servizio al tavolo? É stata veramente, finora, la fiera dell’insipienza e del ridicolo.
Speriamo che il buon senso torni a prevalere. Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, dopo essersi consultato con coloro che sanno ragionare anche sui numeri e i dati (e fra gli scienziati italiani non ne mancano in Italia e all’estero), che sanno creare e usare i modelli matematici applicati alla salute, era stato dell’avviso di parlare agli italiani. Saggiamente, com’è nella sua natura, vi ha rinunciato e ha fatto alcune dichiarazioni di principio e pratiche in occasione di un evento di Telethon per non mettere a nudo le assurdità compiute. Ma la saggezza di Mattarella non basta. Soprattutto, la saggezza può fare poco sulla crisi economica che il Paese ha davanti, sommata alla già acclarata, da anni, incapacità di crescere anche solo di percentuali zero virgola. Come se ne esce?
Il governo ha promesso un decreto speciale. Tutta la credibilità di questo decreto è affidato alla faccia pulita e non populista del ministero dell’Economia, Roberto Gualtieri. Ma ce la farà a sconfiggere il populismo che è emerso in tutta la sua prepotenza con l’approvazione del decreto per le intercettazioni, mentre la crisi montava? Quel decreto introduce la possibilità di violare la privacy di tutti, persone da perseguire ma anche persone oneste, attraverso l’inserimento del software Trojan nei cellulari dei colpiti. A mettere a nudo i rischi che l’Italia corre con questo sistema c’è quanto ha spiegato in una puntata di Report su Rai 3 la procuratrice capo aggiunta di Milano, Laura Pedio. Con onestà intellettuale, l’alto magistrato ha detto che le procure devono far eseguire le operazioni di intercettazione ad aziende private, specificando che però le procure non hanno nessun sistema per controllare queste aziende che quindi possono commettere qualsiasi tipo di abuso. Ma neanche la tempesta del coronavirus ha fermato il populismo insito nel decreto. C’era infatti da recuperare rispetto al sostanziale rinvio dell’abolizione della prescrizione, trofeo dei 5Stelle. Non è stato calcolato quanto tempo il governo e il parlamento hanno dedicato al decreto sulle intercettazioni, ma anche se fosse stata una sola ora era sicuramente e doverosamente da spendere per l’epidemia e per il rilancio dell’economia.
Se il governo volesse fare un’operazione corretta dovrebbe tenere presente che qualsiasi guerra, anche la più atroce (e questa lo è, essendo il nemico invisibile fino a quando non colpisce), presenta sempre spunti per nuove attività o per accelerare l’introduzione di nuove attività. Lo stato di necessità funziona sempre da acceleratore. E anche in questa guerra si possono compiere azioni che certo non eliminano i danni, ma aprono prospettive nuove. Mi spiego con un esempio, che conosciamo bene perché ne siamo stati artefici con la Camera nazionale della moda. Prima che scoppiasse il caso Italia, la preoccupazione era l’impossibilità di avere per la Fashion week a Milano i 1.500 buyer cinesi (gli acquisti della Cina pesano per circa il 30% del fatturato totale del lusso). Dopo le prime verifiche, i buyer cinesi hanno fatto sapere che non sarebbero venuti, soprattutto perché mancavano i voli per l’Italia. La Camera presieduta da Carlo Capasa ha deciso di non rimanere immobile ed essendo Class Editori suo media partner, conoscendo anche le partnership e le jv che la casa ha con i maggiori media cinesi, ha chiesto un progetto. In tempo reale sono state riprese le 54 sfilate, con interviste degli stilisti, introduzioni del presidente Capasa e con il commento dei giornalisti di MF Fashion, l’unico quotidiano del settore. Mobilitando Xinhua News, che è il più grande gruppo multimediale cinese controllato dallo Stato con cui Class Editori ha in jv la piattaforma sulla Via della Seta, è stato possibile far vedere le sfilate di Milano non solo ai buyer ma a 400 milioni di cinesi. Un successo nato dalla necessità di reagire alla guerra del coronavirus che non muore qui, ma diventa un prodotto-programma anche per il futuro, che sfruttando i sistemi digitali avanzati italiani e cinesi fa crescere enormemente la già alta notorietà del made in Italy.
Un caso significativo per il futuro del lavoro è l’accelerazione dell’uso delle tecnologie più avanzate per quello che un tempo si chiamava telelavoro e ora smartwork. Lavorare da casa o da qualsiasi altro posto concede più libertà alle donne e agli uomini e delinea appunto il futuro. Si sa già che l’intelligenza artificiale cancellerà in 10-12 anni il 40% dei posti di lavoro e che il lavoro potrà appunto essere eseguito da dove ciascuno vuole grazie al 5G, e alle tecnologie che seguiranno (a cui la Cina sta già lavorando). Oltre alla libertà di lavoro ci sarà anche meno traffico nelle città, quindi meno inquinamento. L’esplosione del virus in Italia ha costretto ad accelerare l’esperienza dello smartwork, ponendo il Paese fra qualche settimana o mese all’avanguardia; stimolando coloro che producono software e macchine perché il lavoro sia sempre più efficace; quindi il settore segnerà una crescita anche in termini di prodotto interno, che ovviamente non colma che minimamente le enormi perdite degli altri settori.
Ma sempre per rimanere in casa di Class Editori, la casa editrice sta realizzando format video che consentono a grandi compagnie di assicurazioni, o piccoli produttori, di lavorare assieme ai dipendenti nel B2B, ai clienti nel B2C. Si chiama The Bridge, e soddisfa con lo slogan «Tieni acceso il tuo business» il bisogno di comunicare, che non può fermarsi mai neppure in guerra.
Ho fatto due esempi che conosco bene e che vogliono anche essere il segnale di non arrendersi. Molti altri, nei vari campi, potranno paradossalmente trarre spunto dall’epidemia per nuovi prodotti, nuovi processi, nuove idee. L’importante è che il Paese Italia non sia devastato, che chi governa faccia tesoro degli errori appena compiuti e sappia rimediare all’immagine drammatica di Paese devastato dal virus che è stata proiettata e prima ancora sappia capovolgere il gesto razzista compiuto con la chiusura dei voli in una nuova coscienza di umanità da diffondere in Europa.

P.S. Quanto al virus: 1) non ha gambe e quindi viaggia sulle gambe degli esseri umani; 2) quindi sono i singoli individui che per primi devono sconfiggerlo, isolandolo. Come? Rispettando due regole fondamentali che le autorità non sono riuscite a spiegare compitamente: a) parlandosi a non meno di due metri di distanza; non dandosi la mano, ma salutandosi a voce; lavandosi le mani e disinfettandosele perché (ecco la spiegazione che non è stata data) il virus si trasmette anche con il sudore, anche mettendo la mano su una superficie che è stata toccata da un infetto: 3) la vita del virus fuori dal corpo umano dura poco più di mezzora, dopo muore. Ecco, facciamo in modo, ognuno, di farlo morire prima di trasmetterlo ad altri o accogliendolo da altri. (riproduzione riservata)