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 2020  febbraio 28 Venerdì calendario

Le vite fatali dei pazienti zero

È l’inizio del finimondo, il padre di tutti gli untori, la piaga delle piaghe. Come un terremoto anche l’epidemia ha un epicentro, un fulcro da cui si scatena la scossa: lui, il paziente zero, il most wanted, il serial killer suo malgrado. Eroe all’incontrario, ma per caso pure lui, inconsapevole crocevia del destino di milioni di persone. Uomini e donne qualunque trasformati, non si sa per quali colpe, in soglia dell’inferno. 
Chi sono? Il più famoso, anzi la madre di tutti i pazienti zero, è «Typhoid Mary», Mary la Tifoide, vero nome Mary Mallon. Irlandese, paffutella, rassicurante, insospettabile. Emigra quindicenne negli Stati Uniti, è il 1884, per trovare lavoro come domestica e poi cuoca. É perfetta, affidabile e cucina da dio. Peccato solo che delle otto famiglie per cui lavora, sette si ammalino di tifo. Incastrata dagli indizi, siccome non è ammalata, rifiuta la quarantena. Si fa due anni di reclusione, liberata torna a lavorare sotto falso nome come cuoca in un ospedale. Il nuovo focolaio che si scatena la seppellisce viva in isolamento nelle prigioni dell’Isola della Peste, nell’East River di New York. Zero per sempre.
Il colera che a Londra stermina in soli dieci giorni 500 persone nel raggio di pochi isolati ha invece il suo Ground zero, nel pannolino di un bambino di cinque mesi di nome Frances Lewis. Quasi tutte le vittime vivono vicino alla pompa d’acqua dove sua madre gli lava i pannolini sporchi: dal pozzo nero davanti alla casa di Broad Street tutto passa nella fonte d’acqua generale, avvelenando migliaia di residenti. Lo scoprono 616 morti dopo.
Diffondere la prima Ebola tocca a un insegnante, Mabalo Lokela: tornato in Congo da un viaggio con la febbre gli diagnosticano la malaria. Quando comincia a sanguinare dagli occhi è troppo tardi, tempo zero e nove abitanti su dieci del villaggio muoiono, lui compreso. Ma il virus no. La Sars, 774 morti in 37 paesi diversi, sceglie invece un medico della provincia del Guangdong, il dottor Liu Jianlin, per diffondere la nuova peste. Tocca 12 persone, come gli apostoli dell’Apocalisse, e la morte da Sars diventa globale.
«Kid Zero» è invece il soprannome che condanna Edgar Enrique Hernandez, quattro anni, messicano, primo infettato dall’influenza suina, marzo 2009. La sua foto tenera e sorridente finisce su tutte le prime pagine, lui causa, innocente, la morte di più di 18mila persone. La Gloria, la sua città, gli dedica però una statua di bronzo: riciclato come attrattiva turistica. Anche l’epidemia più devastante di Ebola che il mondo abbia mai visto, quella del 2014, 11mila morti, ha all’inizio della sua catena di morte un bambino: Emile Ouamouno, due anni, che vive in un remoto villaggio della foresta guineana. Muore lui, poi la sorella Emile, la mamma incinta e la nonna. Sono le prime vittime di una malattia trasmessa dai pipistelli alla frutta. Alla gogna finisce Gaetan Dugas, stewart di Air Canada, indicato come l’untore dell’Aids. Ma quando lo scagionano, dopo anni, lui non c’è più.
La spagnola, una delle pandemie più devastanti che il mondo abbia mai conosciuto, 40 milioni di persone uccise, un terzo della popolazione mondiale infettata, inizia con il colpo di tosse di un cuoco dell’esercito americano, Albert Gitchell. Cucina la cena per centinaia di soldati, il giorno dopo a mezzogiorno più di cento sono malati. Il morbo si diffonde come un incendio nel mondo attraverso le trincee delle prima guerra mondiale. La morte si allea con la morte.
Nello squallido distretto di St. Giles-in-the-Fields fuori dalle mura di Londra, è infine Goodwoman Phillips ad essere dichiarata morta per la peste bubbonica. Dissero che la colpa di quella maledizione biblica fosse di una cometa comparsa nei cieli di Londra che portava male e dell’incoronazione del re Carlo II che non aveva il favore di Dio. Da noi a portare sfortuna invece è un Conte...