Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2020  febbraio 28 Venerdì calendario

Mai così tanti container fermi nei porti

La Cina si sta lentamente rimettendo in moto, ma la logistica mondiale rischia il tracollo. Il coronavirus ha inferto un colpo più duro della recessione globale al trasporto delle merci, soprattutto via mare. E le difficoltà potrebbero durare a lungo, addirittura aggravandosi nei prossimi mesi secondo alcuni esperti, con un effetto domino che rischia di provocare seri danni all’economia del pianeta. 
Il campanello d’allarme è suonato con forza nel settore marittimo, protagonista nel commercio internazionale. La frenata della Cina ha temporaneamente prosciugato gli scambi di materie prime, facendo crollare i noli delle petroliere e delle navi che trasportano carichi secchi. Ma l’impatto più grave e duraturo potrebbe riguardare i container che per oltre l’80% viaggiano a bordo di navi. Il traffico dei contenitori, usati per spedire semilavorati e prodotti finiti di ogni genere, è crollato come non era mai successo prima nella storia: in giro per il mondo, secondo Alphaliner, si sono fermate navi con una capacità complessiva di oltre 2 milioni di Teu (Twenty-Foot Equivalent Unit, misura standard di volume pari a circa 38 metri cubi, Ndr). Le «box boat» fuori gioco sono così tante da battere ogni record. Nel 2016 dopo la bancarotta del colosso logistico coreano Hanjin si era arrivati al massimo a 1,59 milioni di Teu inutilizzati, nel 2009 al picco della recessione a 1,52 milioni di Teu, anche se undici anni fa lo stop aveva interessato l’11,7% della flotta globale, contro l’8,8% di oggi.
Le spedizioni via mare cancellate, i cosiddetti blank sailings, hanno raggiunto il 46% della capacità sulla rotta Asia-Europa, livelli mai visti nei sessant’anni di storia del trasporto container, osserva Peter Tirschwell, analista di IHS Markit. E quando l’epidemia sarà passata e la Cina riprenderà a produrre a pieno ritmo il caos rischia di continuare: i container a quel punto potrebbero trovarsi nel posto sbagliato, lontano da chi ha bisogno di riempirli. La situazione attuale comporta addirittura un «rischio sistemico» per il settore marittimo, secondo Lars Jensen di Sea Intelligence.

Gli armatori stanno già soffrendo. Nei giorni scorsi il numero uno globale dei container, la danese Moller Maersk, ha lanciato un profit warning sulla previsione che l’epidemia pesi sul bilancio, già messo alla prova dalle guerre commerciali. Ma se la catena dei rifornimenti si spezza i danni rischiano di allargarsi a qualsiasi settore, nell’era della globalizzazione e della delocalizzazione. E le imprese europee non hanno ancora avvertito in pieno il contraccolpo, avverte Friedolin Strack, responsabile mercati internazionali della Bdi, la Confindustria tedesca: «Oggi nei porti arrivano le merci spedite quattro o cinque settimane fa». Il peggio potrebbe quindi arrivare tra marzo e aprile.
In Cina, dove si trovano 7 dei 10 maggiori scali marittimi nel mondo, la situazione sta migliorando: «Il punto di svolta è arrivato», assicura Xu Kai, direttore dello Shanghai International Shipping Institute (Sisi). Ma la ripresa è lenta e disomogenea. Se a Yangshan, il porto di Shanghai, si lavora di nuovo a pieno ritmo, a Zhoushan – il porto di Ningbo, terzo al mondo per capacità – si procede a piccoli passi. Nel frattempo il virus ha varcato i confini cinesi, mettendo in difficoltà altri scali importanti, tra cui Singapore e soprattutto Busan in Corea del Sud, che era già in affanno per aver accolto molto del traffico dirottato dalla Cina e adesso opera con una capacità ridotta del 25-30%, secondo il gruppo logistico tedesco DB Schenker. Dopo la recente impennata dei contagiSeul ha rafforzato le misure di sicurezza e ampie zone del Paese si stanno fermando per quarantena, un po’ com’era successo in Cina. DB Schenker ha avvertito i clienti che le spedizioni dalla Corea del Sud oggi sono diventate difficili, sia da Busan che da Incheon. E non solo via mare, ma anche per via aerea in seguito alla cancellazione di numerosi voli.
Non è una sorpresa. La capacità di trasporto aereo delle merci sta diventando sempre più scarsa per colpa del coronavirus, tanto che le rate di nolo sono quasi raddoppiate nel giro di un mese, da 3,65 a 6,65 $/kg, secondo FreightWaves, una pubblicazione di settore. Le merci peraltro non viaggiano solo su arei dedicati, ma anche in stiva nei voli destinati ai passeggeri, che sono stati cancellati o ridotti da oltre 40 compagnie.