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 2020  febbraio 28 Venerdì calendario

La salute che viene dal freddo

Per tuffarsi nelle acque ghiacciate del lago Tahoe, tra le montagne della Sierra Nevada, bisogna essere fortemente motivati. Ci sono stati tempi in cui non soffrire il freddo, non essere attanagliati da tremori e dolorosi irrigidimenti, è stato (e per alcuni è ancora) semplicemente un caldo privilegio. Eppure oggi c’è chi, come il campione di tennis Novak Djokovic ha lanciato addirittura una sfida social, #Nolechallenge, resistendo per un minuto e 45 secondi a bagno in un ruscello ghiacciato in Alto Adige. «La pratica dei bagni di ghiaccio sembra folle, ma è davvero utile per allenare la mente e il corpo», ha spiegato il campione. Una teoria nota che Gwyneth Paltrow e il team del suo lifestyle brand Goop, ha verificato di persona sperimentando la filosofia di Iceman, al secolo Wim Hof, atleta olandese pioniere della cold therapy, che avrebbe dimostrato che l’esposizione al freddo intenso, accompagnata da respirazione controllata e disciplina, insegna a gestire lo stress, ottimizza le performance atletiche, migliora l’efficacia del sistema immunitario, conferisce una maggiore lucidità mentale e ha un effetto antinfiammatorio. Tutto documentato nel secondo episodio della serie The Goop Lab su Netflix. Perché praticare yoga sulla neve in costume da bagno, immergersi in vasche ghiacciate, sottoporsi a docce fredde, è l’ultima moda di celebrità come Lady Gaga, Madonna o Zac Efron. Trattasi della versione naturale, e sostenibile, della crioterapia, ormai migliore amica di sportivi (Ronaldo e LeBron Jamestra tutti), che consente di beneficiare del freddo anche quando non è disponibile. Perché la verità è, come dice Andrea Bianchi, fondatore della prima scuola italiana di barefoot hiking (camminata scalza) e in libreria da poco con La via del freddo alla felicità (Vallardi), che: «Di freddo in realtà ce n’è sempre meno. Il pianeta si sta ammalando di troppo caldo e, in un certo senso, anche noi». Sarà questo il motivo della riscoperta, e del desiderio, delle temperature prossime allo zero, quelle che ci legavano in modo brutale a un ambiente a volte ostile eppure rigenerante. Per esempio, quando la Outdoor Swimming Society fu fondata nel 2006, i membri che avevano affrontato, per beneficenza, una nuotata wild nel lago inglese Windermere erano trecento. Oggi sono più di 70 mila in tutto il mondo, con tanto di mappa interattiva, su wildswim.com, che suggerisce laghi, fiumi e baie dove sperimentare il tonificante nuoto a cielo aperto anche in inverno. «In un momento storico che vede i meccanismi di termoregolazione del pianeta alterarsi, dovremmo cercare di recuperare i nostri, ormai depotenziati da una costante climatizzazione artificiale, per riconnetterci con la natura. Stare all’aria aperta, avvertirla sulla pelle e sperimentarne i benefici, ci dà una motivazione più profonda per lavorare alla salvaguardia dell’ambiente», continua Bianchi. Il suo libro cita anche ricerche che mettono in relazione esposizione al freddo con obiettivi più prosaici come benessere e longevità. «Il freddo attiva un gene che favorisce la formazione del grasso bruno, quel tessuto adiposo, abbondante nei mammiferi che vanno in letargo, che ci aiuta a generare calore interno e accelera il metabolismo». Il fatto è che, secondo tutti questi guru delle basse temperature, il freddo è solo uno stato mentale. «Basta allenarlo e il nostro corpo ha tutte le risorse per conformarsi ai climi più rigidi», continua Bianchi. «Certo a meno trenta gradi centigradi è decisamente gelido, ma nelle nostre fasce di temperatura possiamo fare a meno di coprirci tanto, per approfittare quotidianamente dei benefici del freddo». Del resto, come scrive Matteo Cerri in La cura del freddo (Einaudi), i bagni nell’acqua ghiacciata, compreso il mare d’inverno, sono stati considerati un modo per mantenersi in salute fin dal XVI secolo. E senza arrivare alle tecnologie avanzate citate nel libro del medico e neurofisiologo dell’Università di Bologna, che con l’ipotermia terapeutica vorrebbero trasferire all’uomo la capacità di andare in letargo come scoiattoli e orsi, le tecniche per imparare a esporsi al freddo abbondano. «Trenta secondi di doccia fredda al mattino, liberano le endorfine e danno energia per tutta la giornata», dice Bianchi. E lo dice anche lo studio olandese dell’Academic Medical Center di Amsterdam del 2015, che ha mostrato che, su chi era riuscito a rispettare il rito mattutino per almeno un mese, la possibilità di ammalarsi diminuiva del 29 per cento. Ciò nonostante, c’è chi continua a preferire la tecnologia. Il che spiega tutti quei post Instagram in cui, da Chiara Ferragni a Belen Rodriguez, si mostrano avvolte nella nuvola di vapore artico della criosauna. Niente laghetto alpino ma camere in cui per pochi minuti si affrontano temperature da meno 85 a meno 110 gradi. E passa la paura.