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 2020  febbraio 28 Venerdì calendario

C’è un fantasma pure alla Scala

E la Salomè di Richard Strauss? E la Madina di Fabio Vacchi? E il concerto di Pollini? E il Turco di Rossini? La Milano della Musica si è immalinconita nel vuoto che le è stato imposto dalle necessità sanitarie e dalla paura di poltrone eventualmente a rischio, e c’è solo da sperare che dichiarata guarita con un minimo di coraggio, la città possa tornare ai suoi piaceri compresa la Scala. Le nere porte sbarrate sotto il portico proprio di faccia a Palazzo Marino, dove il sindaco Sala cerca di ridare una parvenza di milanesità attiva e rasserenata, aumentano il senso di disagio, di lutto, di ingiustizia. Da ieri il dramma per il teatro si è ingigantito: non solo è stato chiuso al pubblico, ma sono state anche sospese le prove degli spettacoli che dovrebbero andare in scena le prossime settimane. La Scala decapitata, gli spettacoli non recuperabili.
Riassunto del dramma che potrebbe diventare un’opera contemporanea. 12 febbraio, in palcoscenico “Il Trovatore”, tra il coro, con la sua palandrana rossa rinascimentale, un basso si scopre febbricitante e si mette in malattia: ha la polmonite e non lo si vede più a teatro. 22 febbraio, prima del “Turco in Italia”, coro barbarico senza l’ammalato ma la sera stessa anche riunione scomposta della Regione che sceglie di lavarsene le mani e non solo per disinfettarsi, ma anche per limitare le rogne che non saprebbe affrontare.
Quindi basta divertimenti, quelli sì che sono pericolosi, non il metro che infatti si svuota ma continua a funzionare. Domenica 23 febbraio ci sarebbe il Turco pomeridiano, ma ormai il teatro deve chiudere e il garbato nuovo sovrintendente Meyer personalmente davanti agli ingressi convince gli aspiranti spettatori a tornare a casa senza proteste. Scala chiusa al pubblico, Museo compreso, ma non per le prove dei prossimi spettacoli. Però il 26 febbraio viene comunicato che la polmonite batterica del corista si è trasformata in coronavirus: lui sorvegliato in casa ma pare già in via di guarigione, alla Scala niente panico, si va a casa e se vien la febbre si vedrà. Quindi ieri, 27 febbraio, stop anche alle prove. Via tutti, orchestrali cantanti registi direttori, scenografi, tutti: impiegati a lavorare a casa e quelli che entrano negli uffici devono passare prima dalla infermeria per un controllo. Tutto perfettamente organizzato senza isterie, sarà perché il governatore non si è fatto vivo impegnato a far contenti i suoi elettori, che ci si augura invece desolati, apparendo sui social con mascherina verde, povero pallidino.
Tutta Milano bella, chiusa, Milano perduta da pochi giorni e già smarrita per la punizione immeritata, il ritorno a una povertà quotidiana dimenticata, senza incontri, senza voglia, non più per paura forse, ma per privazione della normalità. Alla Scala poi, un lutto: giorni forzosamente perduti di una settimana che doveva essere intensa. Niente prove di “Salomè” diretta da Chailly che dovrebbe debuttare domenica 8 marzo e i melomani ricordano che la sua prima alla Scala, nel 1928, l’aveva diretta lo stesso Richard Strauss, ridata nel 1945 diretta da Marinuzzi al teatro Lirico, essendo il Piermarini ancora in rovine. Il regista Michieletto pare sicuro di sé, non si scompone né per il coronavirus né per le prove cancellate: placido esperto di scandali, tra candide pareti mette una Salomè orfanella col babbo ammazzato da Erode e Jokanaan che diventa il corrispettivo del fantasma del padre di Amleto e la risveglia alla vendetta. Fabio Vacchi si scaglia furente contro «l’isteria collettiva che ha fermato le prove» del suo Teatro Danza (guai a dire balletto) la prima attesa per il 22 marzo. Il libretto di “Madina” l’ha scritto Emmanelle de Villepin dal suo bel romanzo “La ragazza che non voleva morire”: ha tolto «tutti i riferimenti geografici di una tragedia vera di guerra, terrorismo e stupro»: gli stessi personaggi interpretati da cantanti, ballerini, attori, e già si aspettano sommosse d’amore perché per la prima volta Roberto Bolle sarà cattivissimo e avrà la barba. Roberto Andò ha perso in questa settimana due rappresentazioni del suo trionfale “Turco in Italia” ed era a Napoli all’incontro tra Macron e Conte, presente anche Chailly che lo ha rassicurato aspettandosi per oggi il via libera per la Scala, e magari tutti i teatri e cinema, per ridare a Milano quel che la Regione ha prematuramente tolto.
Dice Andò: «Le conseguenze di queste decisioni vanno oltre i mercati e l’economia. La vita civile è fatta di incontri, di partecipazione: compagnie di teatro come quella di Silvio Orlando o Carolina Rosi sono ferme, il nostro lavoro umiliato e cancellato, la cultura distrutta per decreto, una città come Milano davvero massacrata».