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 2020  febbraio 28 Venerdì calendario

La settimana che ha cambiato le nostre vite

Avevamo bloccato i voli dalla Cina per difenderci da un’epidemia distante novemila chilometri, e ora veniamo respinti come untori all’aeroporto di Tel Aviv. Ci illudevamo di essere al sicuro — parendoci pure un po’ razzista l’idea di mettere in quarantena i duemila cinesi che tornavano a Prato — e ci ritroviamo prigionieri di un incubo, nel quale chiunque parli milanese o veneziano viene guardato, arrivato al Sud, con un sospetto ancora più allarmato di quello che al tempo delle stragi mafiose avvolgeva chi arrivava a Milano o a Venezia su una Bmw nera targata Palermo. Zone rosse, ristoranti deserti, chiese vuote, la recessione che bussa alla porta. Come è potuto succedere tutto questo, in così poco tempo? Come siamo cambiati? Dove abbiamo sbagliato? Perché siamo arrivati a questo punto? Proviamo a capirlo con il diario dell’ultima settimana: i 7 giorni che hanno cambiato l’Italia.



Giovedì 20. Giorno zero
Sono le ultime 24 ore prima della dichiarazione di guerra al coronavirus, una vigilia che oggi ci sembra già lontanissima. Il fatto del giorno è la strage di Hanau, dove un fanatico razzista ha ucciso 11 persone. La Gran Bretagna ha annunciato che chiuderà le porte a chi non ha in tasca un generoso contratto. A Montecitorio il tema del giorno è la mossa di Renzi che punta, lanciando l’elezione diretta del premier, a un governo istituzionale. Alle sfilate dell’alta moda, a Milano, il dilemma è tra minigonna e gonna pantalone. Nei bar, si parla del colpaccio dell’Atalanta che ha battuto il Valencia in Champions League e della nuova monoposto Mercedes con il volante che va avanti e indietro.


Venerdì 21. Primo giorno
Mattinale: primo contagiato in Lombardia.
«Un trentenne ricoverato all’ospedale di Codogno, nel milanese, è risultato positivo al test del coronavirus ». L’Ansa d à la notizia all’una meno un quarto della notte, ma gli italiani la scoprono al mattino, appena accendono lo smartphone. Non è il primo caso, perché ce ne sono altri tre, in quella rassicurante cassaforte sanitaria che è lo Spallanzani, ma stavolta il malato non è un cinese, né ha incontrato nessun cinese. È un trentottenne che gioca a calcio, nuota e corre la maratona. Pare che sia stato contagiato da un amico tornato dalla Cina, un manager che diventa subito il “paziente zero” cui dare la caccia. Ma le cose si complicano rapidamente: il malato ha già contagiato la moglie, i medici e gli infermieri che lo hanno visitato per due volte senza neanche una mascherina. Non solo, ma da Vo’ Euganeo — che dista 212 chilometri ed è in Veneto — arriva una notizia ancora peggiore: c’è un morto, di coronavirus. E anche i suoi amici sono risultati positivi. I focolai sono due. Scattano le prime contromisure: in 11 Comuni vengono chiusi uffici, scuole e negozi. «Sorveglianza attiva con domiciliazione fiduciaria per chi è venuto a contatto con i pazienti certificati positivi», ordina il governo. La Lega chiede la sospensione del trattato di Schengen, Palazzo Chigi risponde che non se ne parla.


Sabato 22. Secondo giorno
Mattinale: contagiati 17, morti 1, regioni interessate 2.
Le cose si complicano, e parecchio. I contagiati aumentano di ora in ora — ce n’è uno a Milano e un altro a Torino — e prima di sera ci sarà la seconda vittima. È una donna di 77 anni che era nell’ospedale di Codogno nel momento sbagliato: al funerale ci sarà un solo parente, perché i funerali sono stati proibiti.
A messa, acquasantiere svuotate per evitare contagi, ostia sulla mano anziché in bocca e niente stretta di mano: il segno di pace è diventato pericoloso. Il governo ordina di chiudere con un cordone sanitario 10 Comuni: nascono le “zone rosse” per imprigionare il coronavirus. Chi proverà a violarle rischierà l’arresto fino a tre mesi. «Non trasformeremo l’Italia in un lazzaretto», assicura Conte, evocando lo spettro manzoniano che vorrebbe allontanare. Fatti i test, si scopre che il paziente zero non è il paziente zero. Chiunque sia, ormai trovarlo non è più fondamentale.
Nella tetra classifica dell’epidemia siamo all’undicesimo posto, prima del Vietnam e dopo Cina, Corea del Sud, Giappone, Singapore, Hong Kong, Thailandia, Taiwan, Malesia, Australia e Iran.


Domenica 23. Terzo giorno
Mattinale: contagiati 64, morti 2, regioni interessate 5.
Le penne lisce sono la sola confezione di pasta che resta sugli scaffali di un supermercato milanese dopo l’assalto di chi teme di doversi barricare in casa. All’Esselunga di via Piave una signora esce con 54 litri di minerale nel carrello. Esaurita nelle farmacie, l’Amuchina viene venduta su Amazon a 25 euro la boccettina, mentre le mascherine col filtro antivirus animano il nuovo mercato nero: su eBay c’è chi prova a venderle a 500 euro l’una (ma a 50 c’è chi le compra). I sei sindaci di Ischia vietano lo sbarco a lombardi e veneti, ma il prefetto annulla le ordinanze. A Lauro, in Irpinia, vengono messi in quarantena amici e parenti dei tre compaesani arrivati dopo essere fuggiti di nascosto da Codogno.
Conte decide che è ora di convincere gli italiani che non c’è nessuna emergenza in corso. «Il panico è ingiustificato » dice a “Mezz’ora in più”. «Avevamo un piano e lo stiamo attuando» annuncia a “Domenica In”. «Dovete fidarvi» confida a “Che tempo che fa”. «Le popolazioni interessate devono stare tranquille» dichiara a “Non è la D’Urso”. «Non c’è motivo di drammatizzare» rivela a “Non è l’Arena”. «Evitiamo di creare grossissimi allarmismi» ripete a tutti i tg. Al decimo appello, gli italiani capiscono che devono prepararsi al peggio.


Lunedì 24. Quarto giorno
Mattinale: contagiati 149, morti 3, regioni interessate 5.
Il virus della paura colpisce le borse. Quella italiana è la peggiore (-5,4%) ma l’odore del panico attraversa l’Europa e arriva fino a Wall Street. A Milano si parcheggia meglio che a Ferragosto. I ristoranti sono deserti, scuole e università chiuse, cinema sigillati, uffici semivuoti. Alla Vodafone il 90% di dirigenti e impiegati viene invitato a lavorare da casa: la paura ha reso improvvisamente appetibile lo smart working, ex telelavoro. Conte chiede e ottiene i voti dell’opposizione per il decreto contro il coronavirus. «Ho chiamato Salvini, gli ho mandato anche un messaggio, ma lui non mi ha risposto». L’altro smentisce: «Il mio telefono è acceso giorno e notte, non so chi ha chiamato». Risuona a Palazzo Chigi la canzone di Gianna Nannini: «Ti telefono o no, ti telefono o no/ Ho il morale in cantina/ Mi telefoni o no, mi telefoni o no/ Chissà chi vincerà». (Alla fine chiamerà Salvini, e il premier dirà che aveva un numero vecchio).


Martedì 25. Quinto giorno
Mattinale: contagiati 229, morti 7, regioni interessate 6.
Adesso siamo terzi, nella graduatoria del contagio. Alle Mauritius 40 italiani vengono rimandati sull’aereo, a Tenerife i test positivi di una coppia di Piacenza fanno scattare la quarantena in albergo per mille turisti. Iraq, Kuwait, Giordania e Seychelles vietano l’ingresso agli italiani. Il mondo ormai ci guarda con sospetto: siamo finiti nella lista nera. Gli albergatori sono disperati: il 40% delle prenotazioni è stato già disdetto. Il governatore Fontana, che il giorno prima non escludeva «misure più drastiche, come a Wuhan», mette velocemente la retromarcia: «È poco più di una normale influenza ». Conte riunisce in videconferenza i governatori. «Abbiamo tre imperativi: collaborare, collaborare, collaborare » esordisce, ma quando ripete che all’ospedale di Codogno hanno combinato un pasticcio il lombardo Fontana stacca il collegamento e se ne va.


Mercoledì 26. Sesto giorno
Mattinale: contagiati 325, morti 11, regioni interessate 9.
Entra in crisi quella paura che Giorgio Agambem, il più noto filosofo italiano, aveva letto nelle coscienze degli italiani, «e che si traduce in un vero e proprio bisogno di stati di panico collettivo, al quale l’epidemia offre ancora una volta il pretesto ideale». Ora si diffonde la paura della paura. La Borsa continua a scendere, il turismo rischia la catastrofe, molte fabbriche sono a un passo dallo stop. Il cardinale Scola assicura che questo «non è un castigo divino», il sindaco Sala chiama Conte: «Milano a luci spente non piace a nessuno, riaprite questa città». La Regione revoca l’obbligo di chiusura alle 18 per i bar, la sera la città ricomincia timidamente a vivere.


Giovedì 27. Settimo giorno
Mattinale: contagiati 456, morti 12, regioni coinvolte 12.
La buona notizia è che più di 40 contagiati sono già guariti. Quella cattiva è che sono diventati 11 i Paesi dove è vietato l’ingresso agli italiani. L’ultimo è Israele, che ha respinto in aeroporto una comitiva decollata da Bergamo. Non è stato certo d’aiuto il video messo online da Fontana, nel quale il governatore della Lombardia indossa fantozzianamente una mascherina chirurgica per annunciare che si è messo in autoisolamento per due settimane dopo aver scoperto che una sua collaboratrice è risultata positiva al test. «Quando mi vedrete in questo modo nei prossimi giorni non spaventatevi, sono sempre io» dice nel video, che finisce persino su Al Jazeera. Se voleva essere rassicurante, ha ottenuto l’effetto opposto.
Da oggi in poi, però, i tamponi non verranno più fatti a chi non ha nessun sintomo. E saranno comunicati, avverte il direttore dello Spallanzani, «solo i casi clinicamente rilevanti, ovvero di pazienti in rianimazione o morti, come avviene negli altri Paesi del mondo». E chissà che questa aritmetica meno ingenua non ci aiuti a tornare prima alla quotidianità senza panico che abbiamo smarrito sette giorni fa.