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 2020  febbraio 28 Venerdì calendario

È pandemia di presenzialismo in tv

Il guaio inizia quando, nella situazione d’emergenza in cui stiamo vivendo, qualcuno dice: «Dobbiamo metterci in mano agli esperti». Ovviamente stiamo parlando di quello che succede in tv, solo in tv. Nella vita normale, degli scienziati ci fidiamo, eccome se ci fidiamo! Ma in tv succede sempre l’imponderabile: eccessi di narcisismo, scontri verbali, sopravvalutazioni del fenomeno, sottovalutazioni del medesimo, lunghissimi dibattiti nei talk invece di essere nei luoghi di lavoro, una sorta di pandemia di presenzialismo.
La cosa più curiosa è che ogni situazione fuori del comune genera indotto mediatico. Osserviamo quanto è successo alla politica (gli eletti dovrebbero essere, a ragion veduta, degli esperti): da tempo la situazione in Italia è così grave che i politici preferiscono frequentare i programmi tv piuttosto che le aule del Parlamento. Le grandi decisioni si prendono nei talk show.
Come nella pittura di Picasso, si potrebbe colorare la storia della tv italiana a partire dalle categorie di esperti. C’è stato il periodo degli scienziati della psiche (un lungo cammino che parte da Paolo Crepet, passa per Raffaele Morelli e arriva fino a Massimo Recalcati; ma il numero è impressionante). C’è stato il periodo delle scuole filosofiche, per cercare di conoscere noi stessi al modo dei grandi pensatori (purtroppo i superstiti sono solo Massimo Cacciari, Umberto Galimberti, che cita sempre Platone e Aristotele, e Diego Fusaro, il turbocapitalismo senza etica).
C’è stato, e c’è tuttora, il periodo dei criminologi, che ha generato una vera industria, come se i delitti venissero commessi perché qualcuno potesse poi commentarli (c’è anche il caso di Alessandro Meluzzi che copre diverse categorie). Inutile dire che stiamo vivendo il periodo dei virologi, degli epidemiologi, degli infettivologi. Il coronavirus li ha messi al centro della scena. E loro, con tutto rispetto, un po’ se ne compiacciono.