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 2020  febbraio 27 Giovedì calendario

Così gli animali ci trasmisero i virus

I virus che, come il Covid-19, passano dagli animali all’uomo non sono eradicabili, perché continuano a vivere, e a mutare, negli animali selvatici, al riparo dagli occhi dell’Oms. E ci colgono del tutto vulnerabili, perché senza anticorpi adatti.

L’influenza aviaria
Successe così nel 1997, quando il virus H5N1, l’influenza aviaria – che da quando era stato individuato 40 anni prima aveva fatto stragi solo tra i polli d’allevamento – fu isolato in un bambino di tre anni di Hong Kong ricoverato per quella che sembrava una normale infezione delle vie respiratorie. Il piccolo morì. Mesi prima, a pochi chilometri dalla casa del bambino, una piaga aveva decimato le galline. E pochi giorni prima della comparsa dei sintomi, nell’asilo della vittima le maestre avevano portato in classe pulcini e anatroccoli perché i bimbi ci giocassero. In quell’anno l’influenza aviaria causò 6 morti. L’eliminazione di 1,5 milioni di polli a Hong Kong aiutò a bloccare sul nascere l’epidemia. Da allora ci sono stati focolai di H5N1 in Vietnam e in Corea del Sud dal 2003 al 2007, con 216 vittime. Poi la diffusione di vaccini ha evitato altre vittime.

Ebola
Un caso ben più letale di virus passato dagli animali all’uomo è quello dell’Ebola, che ha focolai in Zaire (odierna Repubblica Democratica del Congo) già dal 1976, ma balza all’attenzione mondiale solo nel 2014. Il paziente zero, in quell’anno, è un bimbo della Guinea: Emile Ouamouno, due anni, che a fine novembre 2013 gioca nel cavo di un tronco abitato da pipistrelli della frutta. Il 2 dicembre Emile ha febbre alta e vomito, e quattro giorni dopo muore. La settimana successiva tocca a sua madre, e pochi giorni dopo muoiono anche la sorellina di tre anni e la nonna di Emile. I loro funerali saranno occasione di contagio per chi tocca i corpi per il rito funebre. Méliandou, una volta circondato da foreste, nel 2013 è un habitat frammentato di piantagioni di palme da olio e pezzi di foresta, combinazione micidiale perché aumenta i contatti tra l’uomo e il pipistrello della frutta. Per tre mesi dopo la morte di Emile, il virus Ebola continua a mietere vittime tra i villaggi della zona. A febbraio raggiunge la capitale Conakryi. Qualche settimana dopo il virus è anche nelle capitali di Liberia e Sierra Leone. Sarà l’allarme lanciato da Medici Senza Frontiere e uno sforzo internazionale con Stati Uniti, Francia e Canada in prima linea, ad avere ragione dell’epidemia. L’Oms dichiara il cessato allarme nel dicembre 2016, dopo 11.325 vittime su oltre 28.000 infettati.

La Sars
Proprio per la persistenza del virus nei pipistrelli, nel 2018-2019 nella Repubblica Democratica del Congo si scatenerà una nuova epidemia di Ebola: 2600 contagiati e 1743 vittime. I pipistrelli sono riconosciuti dall’Oms come serbatoio naturale di un altro centinaio di virus, compresi dei coronavirus geneticamente molto simili al SARS-CoV che nel 2003 fece tremare il mondo. In quel caso, però, la trasmissione all’uomo avvenne per mezzo degli zibetti dell’Himalaya (Paguma larvata) venduti vivi, per scopi alimentari, nei mercati della provincia cinese del Guangdong. Il paziente zero si presenta nell’ospedale di Guangzhou con strani sintomi respiratori. Nelle poche ore al pronto soccorso infetta 28 tra infermieri e medici, compreso Liu Jianlun, che a febbraio visita Hong Kong. Lì muore dopo aver infettato 17 ospiti del suo hotel, che in 72 ore, in aereo, diffondono la Sars in 7 nazioni. Il 12 marzo l’Oms lancia l’allarme mondiale e già il 16 aprile il più grande network internazionale di ricerca di sempre annuncia di aver identificato il patogeno responsabile per la Sars, e di avere un test. Il connubio tra scienza d’avanguardia e antiche misure contenitive, come severe quarantene e divieto di eventi pubblici, funziona: il 5 luglio l’Oms dichiara il cessato allarme. In tutto le vittime sono 774, su 8098 infettati, un tasso di letalità del 9,5%.