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 2020  febbraio 27 Giovedì calendario

Il dilemma sul letto nelle celle

Può sembrare una barzelletta e invece è una questione tremendamente seria: nei 3 metri quadrati di spazio minimo in cella – sotto i quali per giurispru-denza europea un detenuto in carcere è considerato sottoposto a tortura, e per legge italiana va indennizzato con un rimedio risarcitorio – si deve contare o no il letto? E la risposta cambia se il letto è a castello a due e tre piani? E il terreno occupato da quel poco di armadio o comodino, vale o no? La questione ora finirà davanti alle Sezioni Unite della Corte di Cassa-zione su impulso della I sezione (presidente Mazzei, estensore Cairo), di fronte da un lato all’enne-simo tentativo del ministero della Giustizia di opporsi al pagamento di un indennizzo provando a giostrare sui numeri dei metri quadrati al netto del mobilio, e dall’altro a sentenze talvolta difformi. Sin da quando condannò l’Italia nelle sentenze Sulejmanovic nel 2009 e Torregiani nel 2013, la Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo ravvisa «trattamenti inumani e degradanti» tutte le volte che un detenuto sia recluso in una cella collettiva con meno di 3 mq. a testa. Nel 2014 l’Italia si dotò allora per legge di un rimedio risarcitorio: chi sia stato detenuto per almeno 15 giorni nelle condizioni censurate da Strasburgo può ottenere la ridu-zione della pena ancora da espiare pari ad 1 giorno per ogni 10 di reclu-sione in quello stato, mentre se ha esaurito la pena può avere 8 euro per giorno di detenzione. L’Italia, all’epoca della sentenza Torregiani, era arrivata ad avere 66 mila dete-nuti, e ora ci si sta avvicinando, visto che a novembre 2019 erano 61.170 i detenuti in 50.496 posti dichiarati dal ministero (da cui in realtà detrarne 3.000 inagibili per lavori). Ma quando un detenuto chiede l’indennizzo, spesso il mini-stero ricorre contro la liquidazione perché conta come disponibile anche lo spazio in realtà occupato da letti, comodini, armadi. I giudici a volte hanno considerato anche il letto come spazio «effettivamente disponibile in quanto usato per distendersi di giorno e dormire di notte», più spesso invece hanno rimarcato come bussola la «superficie calpestabile funzionale alla libertà di movimento», e perciò distinto gli arredi spostabili da quelli invece di «dimensione e pesantezza tali da non consentirne lo spostamento e da occupare uno spazio complessivo a detrimento di quello calpestabile».